Il testo autografo della poesia Il bove a firma di Giosuè Carducci riporta la data del 23 novembre 1872. La poesia fu pubblicata in edizione originale nella Strenna bolognese. Raccolta di prose e poesie inedite (Bologna, Società tipografica dei Compositori, 1873).
Il bove: una dichiarazione di poetica
Nel testo originale il sonetto composto da Carducci recava il titolo di Contemplazione della bellezza. In seguito con la titolazione Il bove entrò a far parte della raccolta più significativa e personale del poeta Rime nuove (1861-1887) nella quale sono contenuti gli scritti più autobiografici e nostalgici della produzione carducciana.
La poesia riflette lo schema tipico del sonetto: quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine alternata e due terzine a rima varia. Il componimento rappresenta una chiara sintesi dello stile e della poetica di Giosuè Carducci.
Con poche e pittoresche pennellate il poeta ritrae un maestoso bue che incede lentamente attraverso un campo coltivato. Nella figura mansueta dell’animale Carducci condensa la propria concezione del mondo, fondata sull’osservanza dei principi etici e morali e sulla serenità dell’animo.
La poesia ribadisce la funzione morale ed etica dell’arte attraverso la descrizione di un mondo bucolico, ambientazione cara a Carducci che riprese nei suoi componimenti più celebri quali Pianto antico (1871) o San Martino. (1858).
Il bove di Giosuè Carducci: testo della poesia
T’amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m’infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi,0 che al giogo inchinandoti contento
L’agil opra de l’uom grave secondi:
Ei t’esorta e ti punge, e tu co ’l lento
Giro de’ pazienti occhi rispondi.Da la larga narice umida e nera
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aer si perde;E del grave occhio glauco entro l’austera
Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde.
Il bove di Giosué Carducci: parafrasi
Ti amo, o pio bue; che mite infondi nel mio cuore un sentimento di vigore e di pace, sia quando imponente come un monumento guardi i campi aperti e fertili.
Sia quando piegandoti di buon grado al giogo aiuti con la tua forza possente il lavoro dell’uomo: un uomo che sempre ti esorta e ti percuote, a cui tu rispondi con il lento movimento dei tuoi occhi pazienti.
Dalla larga narice umida e nera esce il tuo fiato che si condensa nell’aria,
e come un canto felice il tuo muggito si perde nel cielo sereno. E nella severa dolcezza del tuo occhio azzurro si rispecchia nella sua ampiezza e pace il celeste silenzio della verde pianura.
Il bove di Giosué Carducci: analisi della poesia
Giosuè Carducci si serve dello schema classico del sonetto per comporre il proprio manifesto di poetica denso di riferimenti ai paesaggi bucolici virgiliani. Nell’atmosfera del sonetto emerge anche la nostalgia del poeta per i paesaggi selvaggi e aspri della Maremma, terra della sua infanzia.
Sono frequenti nel componimento le figure retoriche degli enjambements e le anastrofi che contribuiscono a scandire il ritmo del sonetto. Nel complesso la poesia riflette stile e tematiche del classicismo carducciano.
Fin dalla prima strofa si percepisce, in quell’esortazione "T’amo, o pio bove", la benevolenza del poeta nei confronti dell’animale. Carducci lo apprezza in quanto essere devoto e servile. Il bove assurge quasi a una rappresentazione divina, infonde infatti un sentimento di calma in chiunque lo osservi. L’uso dell’aggettivo "pio" richiama infatti un’idea di sacralità.
Nella seconda strofa il poeta si sofferma ad analizzare il duro lavoro che il povero animale affronta quotidianamente, senza lamentarsi. È spesso sfruttato e picchiato dal suo padrone, l’uomo, eppure l’animale non oppone resistenza e continua a svolgere il proprio operato con una sorta di placida serenità.
La laboriosità è una caratteristica che Carducci apprezza nell’animale, esaltandone la costanza e operosità nel compiere il suo dovere.
Nella terza strofa Carducci esalta la mansuetudine del bove, nei cui occhi azzurri si riflette la placidità rasserenante della pianura.
Il bove di Giosuè Carducci: commento
Nel componimento Giosuè Carducci compone un elogio all’animale e, implicitamente, agli ideali da lui incarnati. I valori morali ed etici che la figura del bove trasmette sono, agli occhi del poeta, ormai perduti, proprio come la pace e la serenità offerti dall’incontaminato paesaggio agreste.
Nella realtà campagnola, che rimanda alla Maremma della sua infanzia, il poeta ritrae un mondo idilliaco lontano dalle ipocrisie e dalle inquietudini esistenziali che caratterizzano la società moderna.
Nella conclusione Carducci evoca l’immagine di un panorama naturale vasto e sconfinato che si riflette nell’occhio mite del bue.
La forte sinestesia - visiva e uditiva - dell’ultimo verso, quel meraviglioso "silenzio verde", si percepisce l’unione tra le descrizione poetica e il più vasto universo morale cui allude il poeta.
L’armoniosa scena rurale ritratta da Giosuè Carducci sarà d’ispirazione ai dipinti dei Macchiaioli che raffigurarono in più rappresentazioni maestosi buoi che lenti spingono l’aratro nei campi, come nel celebre quadro Riposo in Maremma (1861). Nei dipinti, proprio come nella poesia, l’umile paesaggio contadino si carica di rimandi assoluti, acquisendo un significato quasi divino.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il bove di Giosuè Carducci: testo, parafrasi e analisi della poesia
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Il lamento del Bove
(in risposta a "Il bove" di G. Carducci)
Se invece d’esser bove fossi un toro
darei tante cornate a chi pretende
di caricarmi addosso il suo lavoro
mentre la libertà mia disattende.
Egli con scusa che sono un tesoro
mi sfrutta e mi fa far le sue faccende
alla pari d’uno schiavetto moro
e quanto soffro, cieco, non comprende.
Egli ritiene, infatti, che fu Dio
ad avermi presso di lui mandato,
magari con l’aratro al giogo appeso.
E invece no! Un dì libero ero io
e scorrazzavo lieto per il prato
quando sottratto ve ne fui di peso.
L’uomo mi fa pentire d’esser nato.
Angeltins