Il lato attivo dell’infinito
- Autore: Carlos Castaneda
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: BUR
Qual è il nostro atteggiamento riguardo alla morte? Insieme alla nascita la morte è l’evento più importante della nostra breve comparsa sulla terra. La filosofia, intesa come "amore della sapienza", è una preparazione alla morte. Con ciò si vuole intendere senza dubbio che il senso dato alla nostra fine apparente aiuta a vivere nel miglior modo possibile.
In quest’ottica si colloca l’ultimo libro di Carlos Castaneda, testamento spirituale dello sciamano iniziato ai misteri degli antichi toltechi dal suo maestro Yaqui don Juan Matus: Il lato attivo dell’infinito (BUR, 2000, p. 296).
Il titolo si riferisce alla condizione post mortem, così denominata nel linguaggio esoterico della tradizione messicana. L’infinito è supremamente attivo oltre la vita materiale, ne è la causa efficiente e pure la causa finale. Il linguaggio aristotelico delle cause ben si adatta alla visione di questa cultura extraeuropea. Anche il "mondo delle idee platoniche" può essere messo a confronto con la conoscenza Yaqui.
Siamo oltre lo spazio-tempo, ma per accedere a un simile stato di coscienza è necessario un riepilogo dell’esistenza trascorsa, un’anamnesi, una sintesi, una "reminiscenza" che predispone al "salto nell’abisso". Castaneda lo afferma con chiarezza nella sua introduzione, quando nomina la raccolta di eventi memorabili atta a raccogliere la nostra energia residua:
"Il residuo fondamentale per questa raccolta era il gesto sincero e totale di riunire l’insieme globale delle proprie emozioni e realizzazioni, senza risparmiarsi nulla. Secondo don Juan, gli sciamani del suo lignaggio erano convinti che tale raccolta fosse lo strumento della sistemazione emozionale ed energetica necessaria per avventurarsi nell’ignoto, avendo a disposizione la saggezza della percezione nell’ignoto".
Le parole chiave sono energia, percezione e saggezza. Unirle significa essere pronti per affrontare il cambiamento di stato fondamentale. L’analogia con la psicanalisi salta agli occhi. Ricordare è conoscere, comprendere, sapere per un fine. Ogni nostra trasformazione è equiparabile a una morte simbolica. Equiparabile al "naufragar" di Leopardi, che nella splendida lirica L’infinito opera una sintesi cosmica, riepilogando "le morte stagioni e la presente e viva".
Castaneda offre al lettore episodi significativi della sua vita e del suo apprendistato, che divengono significativi e mitici alla stregua di parabole. Un momento essenziale esperienziale per lo sciamano fu dover saltare nel vuoto quando fu posto sull’orlo di un baratro dal suo maestro. Come leggere un tale episodio? In quale stato di coscienza si trovava l’adepto Castaneda? Tale quesito è il cuore del libro e la risposta deve tener conto di un viaggio attraverso l’oscuro mare della consapevolezza. La metafora del mare riporta ancora una volta a Leopardi. L’oscurità all’ignoranza della coscienza abituale.
Momento essenziale del sapere è acquisire la consapevolezza inorganica. Consapevolezza che i toltechi possiedono da millenni, a cui il nostro Occidente si è avvicinato con la psicosomatica e il suo principale sostenitore, Geog Groddeck.
Si tratta di creare quel ponte tra coscienza e inconscio che Carl Gustav Jung ha chiamato "Selbst", il Sé immortale.
Il maestro "nagual" Castaneda sostiene la necessità di superare i limiti della "sintassi" della nostra lingua madre, che condiziona e restringe. Altra capacità da apprendere è saper dire sempre grazie a quanto e stato esperito. Il pensiero va al curato di campagna di Bernanos, che muore pronunciando le parole sublimi: "Tutto è grazia".
La verità è una e perenne sotto tutti i cieli. Inoltre, chi è nostro amico? Splendida la chiusa del libro, che unisce l’affettività alla verità di chi vede “oltre”:
"“Quel tizio è amico suo?” chiese.
“Il solo che ho al mondo” risposi ed era la verità, se si può definire ’amico’ chi vede oltre la facciata e sa da dove proveniamo realmente”."
Il lato attivo dell'infinito
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