Il lavoro più (in)adatto a una donna
- Autore: Chiara Santoianni
- Genere: Scuola
- Anno di pubblicazione: 2011
Leggendo "Il lavoro più (in)adatto a una donna" di Chiara Santoianni, la prima cosa che viene in mente è che l’argomento trattato è più che mai attuale. Dell’istruzione in Italia si è sempre parlato, nel bene e soprattutto nel male: non sono una novità né gli scioperi di studenti e insegnanti, né i sit-in di protesta, né tanto meno le battaglie contro un ministero dell’istruzione che spesso più che difendere la scuola sembra volerla definitivamente affossare. Tuttavia è di questi ultimi anni un malessere diffuso e profondo che sembra andare oltre, coinvolgendo non solo insegnanti e alunni, ma anche l’opinione pubblica in un dibattito che scuote fin nelle fondamenta l’istituzione scolastica.
Senza entrare in questioni annose e scottanti – e in fondo un po’ noiose – come il confronto tra scuola pubblica e privata e l’operato quanto meno discutibile dell’attuale governo, la Santoianni propone una riflessione solo apparentemente più lieve, che ruota attorno a una figura centrale eppure bistrattata: quella dell’insegnante. Circa questa professione da sempre imperversano odiosi luoghi comuni che la vorrebbero tradizionalmente “facile” e in un certo senso “privilegiata”, ideale per le donne, in quanto permette loro di dedicarsi, oltre che al lavoro, a quella che nonostante anni di battaglie femministe e progressiste per molti rimane pur sempre la funzione primaria di una donna: procreare e allevare figli. Ancora oggi questo modo di pensare condiziona pesantemente il mondo della scuola e l’approccio all’insegnamento.
Il libro della Santoianni, ironico e sagace, offre uno spunto di qualità da cui partire per riconsiderare le proprie idee in merito. Perché l’insegnamento è da sempre considerato “il mestiere più adatto a una donna”? È davvero così? In quest’idea c’è un fondo di verità o è l’ennesima, astuta mossa per relegare il femminile alla funzione che da sempre le si reputa più congeniale, quella sociale e assistenziale? L’autrice spazza via ogni stereotipo chiarendo una volta per tutte, senza aver bisogno di dichiararlo apertamente, che non esistono lavori “adatti” alle donne piuttosto che agli uomini, e che l’insegnamento non è un luogo comune, bensì una missione, qualcosa che si fa per passione, come dovrebbe succedere per qualsiasi mestiere. E quello dell’insegnante è un mestiere che ai giorni nostri è sempre più difficile amare e scegliere per motivi che non siano di mero opportunismo. Tra precariato e colleghi molesti, episodi tragico-mici e scolaresche indisciplinate, la scrittrice osserva con realistica rassegnazione un mondo scolastico bistrattato e sottovalutato, le cui potenzialità sono infinite eppure inespresse, difficile da amare perché in fondo è una miniatura della società che verrà, ed è sempre più evidente che non sarà un bel posto. Notevole l’ironia della scrittrice, che di certo non implica una scarsa serietà, bensì uno sguardo lucido e disincantato, che fa sorridere e (di)sperare.
Perché le discussioni sterili lasciano il tempo che trovano, mentre una sagace descrizione della realtà lascia un’impronta profonda.
Il lavoro più (in)adatto a una donna
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