Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese - Jean
- Autore: Marie Bouissou
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Casa editrice: Tunué
- Anno di pubblicazione: 2011
“È la mistura fra questa cultura popolare con quella delle classi egemoni che dà al fumetto giapponese il suo così peculiare sapore «scorretto».” (Pag. 14)
Scorretto è l’aggettivo appropriato per definire il manga e la sua storia. È il sentimento oggettivo del saggio sulle anime giapponesi: Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese dello studioso francese Jean-Marie Bouissou, con prefazione di Marco Pellitteri (Editore Tunué, 2011).
Il libro evita di essere un catalogo o un’enciclopedia del genere: senza entrare nel particolare, è un’introduzione letteraria e personale di uno studioso, il quale ha conosciuto il manga da adulto; questo mondo giovanile è stato agitato e mescolato con il suo background profondo e colto.
La storia del manga
Il manga nella sua eccezione unica nasce in Giappone. Il periodo storico è successivo alla seconda guerra mondiale. Bouissou individua l’aspetto sociale subito:
“L’indice di natalità arriva a malapena a 1,3 bambini per donna e i giovani sono sempre meno numerosi, mentre la durata della vita aumenta costantemente. A questo ritmo, nel 2025, l’Arcipelago avrà perduto dieci milioni di abitanti e quasi un terzo dei giapponesi avrà più di sessantacinque anni.” (Pag. 95) ma “… è ancora la prima potenza finanziaria al mondo, la seconda economia mondiale in termini di prodotto interno lordo e la quarta potenza commerciale del pianeta, … alta tecnologia e … potenza militare … nel paese rimangono vigorosi … orgoglio nazionale.” (Pag. 96)
L’attuale prestigio mondiale era impensabile dopo la disfatta della seconda guerra mondiale e delle terribili bombe atomiche lanciate su Hiroshima e su Nagasaki. Non fu solo un problema di un conflitto perso, di distruzioni e di morti; ci fu anche un annientamento dell’orgoglio nazionalista. L’arrivo della corrazzata USS Missouri nella baia di Tokyo, lo sbarco del generale MacArthur raffigura la prima invasione della loro storia. Fino allora nessun nemico fu capace di calpestare il territorio nipponico. Un terrificante colpo al cuore per le ambizioni dell’Impero.
In quest’ambientazione storica iniziano a essere pubblicati i primi popolari manga. Sono delle opere destinate ai giovani, ai ragazzi e alle ragazze. Il rivolgersi alle ragazze è una novità rispetto ai target occidentali: in Europa e in America il lettore è quasi totalmente maschile.
In Giappone le donne lettrici costringeranno gli editori a dedicar loro un segmento fondamentale, generando delle differenze qualificanti.
L’universo dei fumetti è sconfinato: colloca un genere in ogni segmento di popolazione, alimentandosi dalla storia popolare, e favorito dai temi e dalle tonalità culturali vissute nei quartieri a luce rossa delle città.
Bouissou ci racconta il divertente, storico e attuale, uso dei peti:
“… Dragon Ball … secondo volume del manga … dove uno dei concorrenti sgancia a mo’ di arma chimica una nauseabonda flatulenza. … la lotte di scorregge è da oltre dieci secoli uno dei grandi classici della cultura popolare nipponica.” (Pag. 16)
Il sesso e la violenza nei manga
Se si parla di sesso, gli adolescenti trovano all’istante l’argomento intrigante ed è il motivo del grande diffondersi dei manga nella popolazione giovanile.
Non c’è solo porno: c’è un grande studio su i moti umani più difficili da comprendere, ma diffusi e di moda fra i giapponesi. Assistiamo a una grande diffusione della violenza, della contestazione, dell’esaltazione di tante perversioni.
Questi temi entrarono nei fumetti, li mostrarono e li caratterizzarono.
Il tentacle sex (una donna penetrata da una piovra con tutti i suoi tentacoli), il sadismo, la brutalità sono argomenti costanti e ricercati.
Il manga e la censura
Queste forme e questi pensieri furono snobbati dalla censura dell’epoca, la quale invece, entrava parecchie volte nelle altre tipologie di comunicazione. Nella loro ottusità i censori ritenevano il fumetto come un passatempo infantile. L’errore fu enorme perché il manga cavalcò la protesta fino a diventare una forma di ribellione e di naturale disobbedienza.
Jean-Marie Bouissou racconta l’episodio accaduto dei dirottatori giapponesi:
“… i giovani pirati dell’aria che durante il loro dirottamento proclamarono «Siamo tutti Rocky Joe» oggi rimangono a invecchiare in un triste esilio a Pyongyang.” (Pag. 210)
Rocky Joe è un pugile cresciuto nei bassifondi del sottoproletariato che, con volontà e coraggio, riesce a vincere il mondiale.
Rocky Joe è protagonista del genere spôtsu manga (serie di sport), una delle mille forme di differenziazione del manga come ad esempio shônen (serie per adolescenti maschi), gekiga (storie drammatiche), kagaku bôken (avventura scientifica), l’ero-guro (erotico grottesco), jôhô manga (manga informativo) salaryman manga o business manga e via di seguito, fino ai manga con protagonisti gli anziani il silver manga.
Il successo dei manga
Il manga diventa subito un successo economico. Gli editori hanno compreso l’importanza del segmento, producendo milioni di copie su carta, e poi diffondendosi nel cinema e nella televisione. Inoltre, il prodotto comincia a essere famoso pure all’estero, generando degli elevanti flussi dall’esportazione.
Gli artisti sono chiamati a disegnare, come in una catena di montaggio, opere e giornali, obbedendo alle esigenze finanziarie delle importanti riviste. Le serie erano interrotte o prolungate secondo le vendite, indifferenti della dimensione artistica dell’autore. Una delle conseguenze fu riempiere tutti i settori del gusto e dell’interesse della popolazione, saturando ogni nicchia possibile. Perciò le categorie interpretabili sono centinaia con un prodotto per chiunque:
“La combinazione di questo modo di produzione e di una varietà dell’offerta – che permette a ciascuno, quali che siano il suo sesso, la sua età e i suoi gusti, di trovare nei manga la sua forma di divertimento – ha permesso lo sviluppo di un mercato enorme …” (Pag. 68)
Non mancano le tante opere con i samurai come protagonisti. Il samurai era odiato perché prepotente, senza regole, scroccone e arrogante. Ma dopo la sconfitta della guerra mondiale, il nipponico guerriero ha rappresentato il nazionalismo giapponese; personificando la rivalsa e la difesa dal fallimento dell’imperialismo. È un supereroe, puro e coraggioso, desideroso soltanto al di riportare in auge la propria nazione. Visitare il santuario di Yasukuni con i reperti storici dei samurai aiuta a comprendere quanto sia diversa la nostra comprensione degli avvenimenti dal 1941 al 1945 rispetto ai nipponici.
Lo scrittore francese ci ricorda la passione di Yukio Mishima per i muscolosi samurai di Satsuma gishi den di Hiroshi Hirata.
Bouissou descrive un’analisi storica della nascita dei manga.
“Come una volta le stampe dell’epoca Edo il manga, nato come prodotto effimero, diviene oggetto di collezione.” (Pag. 83)
La mente ci riporta al «mondo fluttuante» (ukiyo) e i suoi esemplari artisti: Hokusai e Hiroshige. Se osserviamo le Cento famose vedute di Edo di Hiroshige, abbiamo dei ritratti scene di genere: processioni, feste, mercati, strade affollate, negozi, teatri, attori. I personaggi sono piccolissimi, ovvero immensi da riempire tutta la pagina dell’album. Le scene sono, spesso, accompagnate da scritte per saturare il vuoto della pagina: poesie, pensieri collegati con il dipinto:
“Le autrici di shôjo manga introducono a margine delle loro tavole disegnate dei free talks, piccole chiacchierate su argomenti vari nelle quali annunciano alle lettrici l’uscita di giochi, film, peluche e CD tratti dalla loro serie del momento, e fanno perfino pubblicità a marche e negozi.” (Pag. 84)
Importanti fra le tante categorie sono le avventure sovrannaturali, riprese dalla tradizione scintoista. Gli spiriti sono numerosi nella letteratura e nel cinema. Il manga propone il genere accentuando il carattere tradizionale e rivoluzionario contemporaneo.
I generi adolescenziali sono primari, perché occupano e sostengono il mondo giovanile crescente. I ragazzi sono lasciati soli contro il mondo, gli adulti sono i nemici. I genitori sono distanti, incapaci a ricoprire il loro ruolo familiare. Bisogna aggiungere degli insegnanti incompetenti, ignoranti, aggressivi, dei “mostri”, pericolosi per i giovani.
L’analisi del libro riporta di continuo all’aspetto sociale e politico. Il manga è l’espressione di un mondo, di una ribellione alle chiusure individualiste della cultura nipponica.
I figli realizzano la vendetta per gli sconfitti e depressi genitori; una rivincita fantasiosa:
“Il secondo scenario traumatico racconta l’invasione del Giappone (o del pianeta) da parte di esseri di un’altra razza che pilotano macchine formidabili, contro le quali combattono degli adolescenti nipponici, spesso anch’essi orfani, che vincono la guerra in vece dei loro padri …
È lo scenario alla base dei generi fantascientifico e robotico … definito … mecha …” (Pag. 41).
I ragazzi non possono convivere con le colpe dei padri per l’eternità. Ascoltano i discorsi, i rimpianti, le sofferenze e le rielaborano, ricreandole sotto forma di micidiali immagini: eccentriche, inconsuete, potenti, dove il riscatto è scontato.
Il futuro dei manga
A Jean-Marie Bouissou interessa decifrare il futuro del genere manga.
Ci sarà ancora posto per il mondo fantastico dell’immagine? Visitando Tokyo la risposta è un forte sì. I negozi di manga sono infiniti, i generi, innanzitutto le molteplici serie sessuali, sono venduti perfino nei marciapiedi all’uscita delle stazioni di metropolitana; il cinema è ricco di autori importanti e pluripremiati come Hayao Miyazaki, vincitore dell’Oscar e del Leone d’oro alla carriera a Venezia.
Jean-Marie Bouissou denuncia un abbandono della ribellione linguistica e una trasformazione delle idee, fino a essere parte integrante del meccanismo commerciale. I mangaka sarebbero loro stessi perfetti personaggi di un manga sul mondo del lavoro, stile Salaryman manga. Sgobbano a tempo pieno, sono vessati e ‘’violentati’’ da editori famelici. Rispondono passivi senza nessuna obbiezione e finiscono a essere degli strumenti.
“Dimentica la ribellione, abbracciando senza remore la logica commerciale … “ (Pag. 78)
La società giapponese è cambiata, dalle baracche descritte da Akira Kurosawa in Dodeskaden, abitate dai sopravissuti della guerra, ora la ricchezza è diventata diffusa, i giovani possiedono denaro, hanno una conoscenza tecnica ed elettronica notevole.
L’atteggiamento nei confronti del manga
Dall’indifferenza dei suoi inizi, si è poi passati alla denigrazione da parte della cultura elevata e snob. C’è un ribaltamento negli anni ottanta, il fumetto ha raggiunto un giudizio unanime e accettato da tutti. La parte politica più conservatrice ha abbracciato il mondo dei fumetti, e come avviene in questi casi, l’ha incanalato per trasformarlo strumentale al potere.
“… manga oggi viene incensato dalle autorità … forma espressiva che, nata ribelle e sviluppatasi ai margini dell’establishment, sembra sempre più normalizzata e livellata.” (Pag. 97)
Ritengo lo stile tuttora elevato e, nonostante evidenti cessioni, il fumetto ha mantenuto una sua ribellione, soprattutto nel mondo multicolore e strano della sessualità giapponese. Oltre i tanti autori affermati, siamo sommersi da una moltitudine di prodotti variegati, capaci di inondare le strade. Certo, la quantità può andare a discapito della qualità, ma non siamo di fronte a un livello B, ma a una rappresentazione diversa e tuttora popolare.
Dal manga al cosplay
Come importante materializzazione spettacolare moderna del manga è il cosplay. I ragazzi stessi diventano dei fumetti. Si potrebbe leggere come un rinchiudersi dentro il proprio mondo, anzi dentro quello dei fumetti. I giovani soddisfatti e orgogliosi si trasformano nello stesso personaggio, la loro casa è quella del manga. La motivazione è difendersi da genitori distanti, non più poveri ma capaci solo di produrre denaro e di lavorare a tempo infinito. La loro vita sessuale è limitata in case piccole e sovraffollate, con delle mura leggerissime, bisogna cercare di continuo posti alternativi. Perciò l’erotismo è oggetto di fantasie impossibili e il manga lo rappresenta ancora, in modo rivoluzionario e originale:
“Se il manga non produce più serie mitiche, ciò è innanzitutto a causa del fatto che i lettori ormai non sono più capaci di credere ai miti e, d’altro canto, gli autori non sono in grado di crearne.
Quest’ultimi … «generazione otaku» … la cultura … un accumulo di dati e informazioni …
Difettano di originalità, mentre i più creativi fra i loro predecessori si rivolgono a settori nei quali la libertà è maggiore che nell’industria del manga.
… eccellenti disegnatori ma poveri narratori …” (Pag. 100)
Non saranno dei narratori originali, ma ancora raccontano un desiderio e una voglia di eccitarsi e vivere.
Un’altra critica sul futuro del manga è il rischio di disneyficarsi:
“… prendere troppo in considerazione l’esportazione e le sue strategie globaliste, l’industria del manga corre il rischio di «disneyficarsi», abbandonando le caratteristiche che ne avevano decretato l’originalità: fantasia a briglie sciolte fino all’assurdo, dinamismo esplosivo fino alla violenza, una libertà che non ha paura né della volgarità né dell’esuberanza sessuale.” (Pag. 110)
Il rischio è più concreto con l’avvento delle produzioni computerizzate.
Per facilitare l’infinita richiesta, i mangaka lavorano con una base del disegno e illustrano minimi cambiamenti all’interno della vignetta. Il viso è il medesimo, cambiano solo piccoli particolari. Incredibilmente gli occhi si sgranano o s’ingigantiscono. Oppure è la bocca a riempire la pagina, o a rimpicciolirsi, con una capacità di deformarsi illimitata, confermando un’abile e industriale cifra stilistica. Se i mutamenti fossero troppo dettagliati, si eliminerebbe il tono minimalista, conservato nonostante storie profonde e ricercate:
“… vignette di tutte le taglie e forme, i cambiamenti di prospettiva e di punto di vista, e le onomatopee grafiche che affollano la pagina…
…
… personaggi «si assomigliano tutti» , le elissi temporali e i cambi di scena sono indicati solo da segnali minimi …” (Pag. 113)
Una delle ricette è il sonoro onomatopeico, così fragoroso da essere dirompente. Oppure drastiche decisioni come pagine totalmente nere, oppure il nascere di una fioritura di piccoli segni, cuori, fiorellini, animaletti. La vignetta apre le sue linee per formare un’unione contigua con le scene confinanti, anche se descrivessero avvenimenti in luoghi lontani o in momenti diversi.
Si ritorna all’origine. È la potenza di questo libro. Collegare il presente con la storia.
Il kanji è momento primordiale del fumetto, l’antenato ancestrale.
È la rappresentazione di un oggetto reale, passato attraverso anni di cambiamenti e di modifiche. Il kanji è questo da sempre, immodificabile. Il ragazzo giapponese, quando legge un kanji, deve apprendere in tempo infinitesimale tutte le minuscole difformità. L’occhio individua un significato esclusivo, cogliendo il particolare microscopico ma esattamente definito. Il kanji è il manga. Quello che il nostro occhio da occidentale fatica a comprendere per l’orientale è lettura immediata.
“I volti minimalisti … vengono .. differenziati dalle capigliature. … assediati dal fatto di dover costantemente decodificare ideogrammi che a volte differiscono fra loro solo per un minuscolo tratto, i lettori giapponesi non hanno bisogno, per distinguere due giovani efebi o due graziose collegiali … che di segni appena accennati …” (Pag. 129)
Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese di Jean-Marie Bouissou
Il saggio è scritto bene, detesta la struttura enciclopedica e specialistica preferendo il lato storico, culturale e politico.
L’autore dimostra di essere un profondo conoscitore della psicanalisi e della semantica, strumenti di lettura importanti per interpretare i tanti autori e affiancarli un filo comune di lettura.
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