Il mistero della tomba di Federico II
- Autore: Rodo Santoro
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
Sembra un argomento macabro, ma è la soluzione di una curiosità storica. Il titolo cita una sepoltura, la narrazione è incentrata tra l’altro sul contenuto di un sarcofago nella cattedrale di Palermo, ma non ci si faccia suggestionare, la scaramanzia è fuori luogo. Qui c’è la risposta possibile ad un enigma che non trova risposte da secoli.
“Il mistero della tomba di Federico II” è la ricostruzione di due importanti episodi storici legati al grande imperatore svevo che amava il nostro meridione. Così lo presenta la casa editrice Solfanelli di Chieti, che nel 2018 ha pubblicato nella collana Pandora (192 pagine 18 euro) il lavoro di Rodo Santoro.
Lo scrittore originario dell’isola di Kos (vi è nato nel 1938, nell’allora Dodecaneso italiano) è un artista decisamente versatile: narratore, saggista storico, anche scenografo, architetto, restauratore, pittore e disegnatore, come dimostra l’illustrazione in copertina, sempre sua firma. Ama i paesaggi e le storie del sud e della Sicilia ed è stato sempre attratto da Federico Hohenstaufen. Lo svevo nato e cresciuto in Italia (Jesi 1194 - Castelfiorentino di Puglia 1250), imperatore del Sacro Romano Impero per 39 anni, è stato un uomo di cultura e di lettere, oltre che di potere. Per l’insaziabile curiosità intellettuale, era chiamato Stupor Mundi (meraviglia del mondo).
Secondo le sue volontà, nei giorni successivi al decesso i resti vennero sottoposti a un trattamento di conservazione e avviati da Foggia verso Palermo, dove il sovrano aveva requisito il sarcofago in porfido rosso che il nonno materno Ruggero II d’Altavilla aveva fatto realizzare quale propria ultima dimora. Inoltre, invece che a Cefalù il prezioso manufatto era stato collocato nella cattedrale palermitana, per consentire a Federico di riposare accanto ai genitori, secondo la tradizione.
Il primo episodio si collega alla giovinezza dell’erede degli svevi (il nonno era il Barbarossa, padre di suo padre Enrico). La ricostruzione romanzata degli eventi si affida alle cronache di Guglielmo Francesco, paziente precettore di Federico. Il fanciullo era rimasto orfano anche di madre ad appena quattro anni, in una Palermo che certo non piangeva per lui, figlio di quell’assassino spietato di siciliani ch’era stato il padre. Se il popolo del Regno di Sicilia non si mostrava dalla sua parte, non lo erano nemmeno i tedeschi, raffreddati dal progetto della madre siculo-normanna di ostacolare la riunione delle terre dell’Italia meridionale al Sacro Romano Impero. Seguiva un sogno di autonomia, ostacolato dai nobili germanici, ma che il papa appoggiava incondizionatamente. Fin dalla morte di mamma Costanza d’Altavilla, Innocenzo III era peraltro il reggente del Regnum Siciliae, vista l’età più che minore del piccolo.
Attraverso le lezioni impartite al principino, apprendiamo della struttura piramidale della società feudale e dell’intrinseca debolezza dei sovrani, ricattati dalla labile volontà dei nobili di restare assoggettati al loro potere. Ogni volta che qualcuno di loro rivendicava autonomia per i suoi territori, abitanti inclusi, la piramide umana che costituiva il regno sembrava vacillare. Al vertice c’era il re, al quale spettavano le decisioni, tanto più in tema di guerre e imprese. Al suo fianco si ergeva il Gran Connestabile, col ruolo tanto di capo dell’esercito che di campione che avrebbe sostituito il re in caso di sfida a singolar tenzone da parte di un sovrano straniero. Poi veniva la guardia reale, un corpo scelto di professionisti delle armi, mentre l’esercito era formato dalle milizie che i feudatari erano tenuti ad arruolare e mantenere.
È chiaro perciò che quando per un voltafaccia o una presa di posizione la fedeltà di qualcuno dei baroni veniva meno, la saldezza dell’armata risultava decisamente indebolita.
Riguarda invece il mistero dei sepolti nell’arca di Federico, l’altro episodio del racconto storico, sorretto sempre dalla perfetta conoscenza geografica e tecnica di luoghi e strutture da parte di Rodo, architetto scrittore.
Federico, Enrico e Costanza sono sepolti nella Cappella delle Tombe Regie, in fondo al duomo di Palermo, in tre sarcofagi uguali di porfido rosso scuro. Con loro c’è anche nonno Ruggero d’Altavilla, ma l’urna del primo re normanno di Sicilia è di fattura decisamente modesta al confronto. Noblesse oblige, ma se la materia prima non è sufficiente per tutti c’è poco da fare e visto che a decidere sono i discendenti, può accadere di dover rinunciare giocoforza anche ai grandi baldacchini marmorei che sovrastano le tre sepolture principali.
Monumentale, ma non eterno il riposo di Federico in quella tomba. Per ben due volte, nel 1338 e nel 1342, venne scoperchiata per far dividere il sonno con i figli del re Federico d’Aragona, prima il duca di Atene Guglielmo poi Pietro II. Più avanti, nel 1781, lavori di ristrutturazione della cattedrale comportarono lo spostamento delle tombe e si procedette all’apertura dei sepolcri. Nessuna sorpresa che in quello dello svevo i corpi fossero tre, ma tanta nel constatare che accanto a Pietro e sopra il corpo mummificato dell’imperatore c’era lo scheletro minuto di una donna sui 20-25 anni.
Chi era la dama misteriosa? Il racconto si fa giallo e Santoro arriva ad una conclusione...
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