

Il mito della crescita
- Autore: Umberto Galimberti
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
È vero, anche Umberto Galimberti, in un passato recente, stava sempre in televisione come tuttologo, ma c’era un abisso con gli altri psicoanalisti. Lui aveva un’altra allure, non sbraitava, era capace anche di chiedere scusa. Ora, a quasi ottantatré anni, lascia libri che verranno letti negli anni a venire e sono tantissimi.
Questa libro a sé, dal titolo Il mito della crescita (Feltrinelli , 2012), diventato bestseller, ci dice che non basta crescere in potenza, nella finanza, sfruttando misere guerre. Siamo sull’orlo dell’abisso e poco importa delle leggende metropolitane, finanche vera realtà, sul fatto che il presidente Donald Trump e il miliardario Elon Musk abbiano un bunker, dove si può vivere almeno dieci anni e più; quando è stato scritto questo saggio, i due erano solo opachi, imprevedibili uomini che non si spaventavano della notorietà e dei dollari.
Ora Galimberti dice che se il mito della crescita cessa, non faremo cose da sprovveduti: banalmente non si esce per andare a mangiare troppo in ristoranti con stelline, chiassosi e con bambini urlanti (chi scrive pensa sia una fobia del filosofo, ndr), oppure stare fermi in un ingorgo perché tutti devono raggiungere alcune mete pubblicizzate ma da un balcone si vede un enorme parcheggio fermo con gente al volante. Esempi che si conoscono benissimo, nemmeno poi così calzanti, perché Il mito della crescita non è un saggio che prende in considerazione la pandemia, dove i ristoranti e le discoteche erano chiusi, e ora si arranca. Forse Galimberti non ha previsto l’aumento del caro vita, le nuove bollette, perché per sua ammissione conduce una vita serena, scrivendo libri e mangiando in modo ragionevole.
Nel saggio siamo piuttosto nel 2010, dopo il tracollo del 2008 che sembrava presagire un corrispettivo tracollo economico di enorme portata che fortunosamente non c’è stato. Galimberti scrive che la crescita economica senza regole legislative e morali ci porterà verso un individualismo sfrenato e un neoliberismo insensato. Quelli che hanno capito i rischi del neoliberismo hanno cominciato a parlare di comunità, di "convivialità" attraverso il volontariato; sprecare energia non per guadagnare, ma per svegliarsi con in testa un progetto. E per alcuni è una dimensione religiosa dimenticata, anche se il filosofo è ateo. In caso contrario si diventa produttori e consumatori.
Sembra che la macchina di lusso non vada mai fuori moda, nemmeno gli alberghi con stanze spaziose dove si trova tutto. Anche se la consapevolezza di sbagliare accomuna sempre più giovani e meno giovani, tanto che Günther Anders scriveva nel secolo scorso, dove non c’era ancora una crescita non certo ponderata e costante, ma con l’ossessione di primeggiare:
L’umanità che tratta il mondo come un mondo da buttare via, tratta anche sé stessa come una umanità da buttar via.
Sembra quasi che dietro a tante parole, tante azioni meritevoli, ci sia un irreversibile nichilismo. Da stanare, prima che sia troppo tardi.

Il mito della crescita
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