Il negromante e altri incubi
- Autore: Moreno Burattini e Stefano Andreucci
- Genere: Fumetti e Graphic Novel
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
Lo scrivo a vantaggio dei meno assidui del genere: Moreno Burattini è quel che si dice una “firma” del fumetto. Di più: Moreno Burattini è un brand. È un marchio di garanzia, una specie di istituzione fra gli autori di fumetti italiani. Un po’ come dire, Del Piero o Totti per il calcio nazionale (ma non solo), se mi spiego.
Con Moreno Burattini non ti sbagli: lo associ a Zagor, ma la sua inventiva attiene a tutti gli ambiti dell’avventuroso-fantastico con cui si cimenta da diverse lune. Il suo giacimento creativo, se da un lato riferisce ai topoi del filone, dall’altro li trascende in direzione non-stereotipata.
Le cinque storie di ambientazione medievale - nitidamente affrescate da Stefano Andreucci - che strutturano l’ossatura di “Il negromante e altri incubi” (Cut-Up 2018) sono l’ennesima controprova. Al tipico sfondo da immaginario medievale – i cavalieri, le streghe, i maghi, i draghi, l’inquisizione, la superstizione, le malie –, è sottratta, per esempio, l’aura gotica degli ambienti.
I disegni Di Stefano Andreucci, dal canto loro, rafforzano il concetto, attraverso una luminosità che se da un lato estende il perturbante agli ambiti diurni, dall’altro ne oltrepassa il canone per così dire toponomastico, dato da foreste, antri e/o manieri angusti.
Per dirla in termini ulteriori: il medioevo fantastico affrescato da Moreno Burattini e Stefano Andreucci è solo fino a un certo punto riconducibile alla categoria fanta-millenarista, rivisitato com’è negli espedienti thriller, e dal grottesco del colpo di scena che chiude ogni racconto.
Ogni elemento classico del genere è, tra le righe, posto al vaglio di una rilettura sardonica e spiazzante. Vale per la favola de “Il pifferaio Magico”. Vale per il racconto esemplare della sposa promessa (“La testa del drago”). Vale per i soggetti oscuri (e tipici) del maleficio ("Il negromante") e dell’inquisizione (“La strega”), dove il ribaltamento di ruolo diventa prologo allo scacco esistenziale. Senza contare la demistificazione archetipica dell’eroe compiuta ne “La belva”.
Come sintetizza Paolo Di Orazio nella sua introduzione al volume:
“Brevi e fulminanti, coerenti tra loro anche se slegati da qualsiasi filo conduttore che non siano lo sfondo storico, la creatura e l’occulto, forti di una struttura narrativa cara ai racconti di Creepy, col classico ribaltone ironico finale che rende la storia ancora più malvagia e sulfurea. E l’ironia, appunto, è l’ingrediente forte delle storie di Moreno, che lo hanno reso celebre nella sua attuale cura editoriale di Zagor, sia come autore (storico) principale che editoriale”.
Come se, in ultima analisi, “Il negromante e altri incubi” risultasse abitato da un genius loci sagace e dispettoso: ci incanta, ci suggestiona, ci spaventa, divertendosi un sacco delle nostra paura.
Il negromante e altri incubi
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