Il silenzio
- Autore: Don DeLillo
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2021
È un libretto, neanche 100 pagine, non folte di parole, si potrebbe dire di un linguaggio essenziale, sebbene a tratti poetico. Don DeLillo con il suo ultimo romanzo Il silenzio (Einaudi, 2021, trad. F. Aceto) prende il lettore e lo scuote dal torpore attuale, tuffandolo in una vicenda che è qui e ora. Spazio e Tempo, due concetti metafisici più volte citati da uno dei personaggi, Martin, che assieme agli altri quattro, chiusi in un appartamento, con le loro elucubrazioni accompagnano l’evento accaduto nelle ultime ore, in una visione che attraversa l’universo e i secoli abitati da un’umanità che volge all’autoimplosione.
È il tempo attuale, ora, una sera qualsiasi di febbraio, ed è qui, New York come fosse Roma o Parigi, non c’è distanza né differenza nella società globale; la pandemia è appena terminata, le mascherine e il virus sono ancora un ricordo vivido. L’umanità riprende il proprio corso, e un gruppo di amici in un appartamento segue in TV una partita di football americano. È gente colta, una professoressa di fisica e suo marito Max, il suo ex allievo geniale Martin, e poi Tessy una poetessa creola e suo marito Jim, appena rientrati da un viaggio in Europa.
All’improvviso, lo schermo televisivo si oscura, i cellulari perdono il segnale e buio totale anche là, alcuna connessione, nessuna luce fuori, strade vuote prima, poi una fiumana di gente che cammina senza meta come zombie in un film distopico, gente che intimamente spera si tratti di un guasto temporaneo e circoscritto, ma forse non sarà così. Chi lo può dire?
L’idea dell’interruzione di ogni tipo di collegamento e connessione è la riflessione che usa l’autore per ricordarci, non senza ironia, a quale punto sia arrivata l’umanità. Tutto nell’era attuale, niente escluso, dipende dalla tecnologia, a partire dai più piccoli rapporti sociali, agli ospedali, gli aeroporti, i trasporti di ogni genere, gli agglomerati urbani, fino all’informazione globalizzata, sapere esattamente cosa accade dall’altra parte del globo in tempo reale. E per quanto un livello così alto di tecnologia sia utile per lo sviluppo e il mantenimento della civiltà umana, l’idea quasi sublime di un blackout totale, il coma delle connessioni elettroniche forse irreversibile, decretato, chissà da chi e per quale motivo, la cessazione di una tecnologia tiranna che controlla a ogni livello un’umanità che ha dimenticato se stessa prende vita attraverso la narrazione estemporanea e provocatoria di DeLillo.
La vicenda raccontata attraverso i dialoghi dei personaggi riporta alla luce, come in un sogno malinconico, tutta una serie di funzioni umane assopite, dall’uso delle parole che tornano a essere memoria e riflessione, al desiderio sessuale che ritrova la sua natura spontanea, dalla possibilità di mostrarsi “nudi” agli altri cioè veramente per quello che si è, liberi da costruzioni di facciata, alla riflessione ultima che instilla all’Uomo del ventunesimo secolo la domanda fondamentale se veramente sa dove stia andando.
Non poteva essere sviluppato oltre il racconto, non vuole dare risposte ma porre domande, indurre alla riflessione, non c’è molto da dire e quel poco l’autore lo dice benissimo usando l’ironica saggezza dell’età e il genio che lo contraddistingue. Non è forse un tema originale, originale è invece il fatto che probabilmente ci sarebbe sembrato assurdo, prima che il pianeta rimanesse ostaggio di una pandemia che sta - almeno si spera - evidenziando la necessità che l’individuo debba essere rimesso al centro del pensiero collettivo, e che lo stesso non esisterebbe senza una sana relazione con l’ambiente in cui vive.
Einstein, tanto caro al giovane Martin, che nel romanzo ci guida con le sue illuminanti teorie ha affermato:
“Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre."
E credo che ormai sia completamente fuori discussione l’attendibilità delle sue previsioni.
Recensione di Nicoletta Stecconi
Avevamo bisogno di questo libro? Sì, no, forse.
Il Silenzio, uscito per Einaudi in questo 2021, scritto da Don DeLillo è brevissimo, sono un centinaio di pagine e ruota intorno a una citazione di Einstein.
“Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale,
ma la Quarta guerra mondiale si combatterà con pietre e bastoni”
Il racconto di per sé è incalzante, ha un ritmo molto scorrevole e le pagine si sfogliano veloci, perché si ha voglia di arrivare alla fine e capire cosa si nasconda dietro quelle parole. Purtroppo va anche detto che, come tutti i DeLillo, anche questo ha una trama con un significato non propriamente unico e nemmeno così chiaro, dettaglio che lo stesso autore aveva mostrato in un’intervista dicendo che nessuno capisce effettivamente ciò che scrive.
Io, nella lettura, ho trovato la critica più o meno profonda e più o meno esplicita a quella che è la nostra società interessante. Il modo di comportarsi dei personaggi, le paure accennate, il nascere di dubbi e incertezze sono tutte emozioni che leggono bene la nostra società.
Dato ciò, sì, credo che avevamo bisogno di questo libro, di questa visione spassionata della direzione che abbiamo scelto di intraprendere.
Si dice poi che DeLillo sia uno scrittore profetico, perché nei suoi libri sembra anticipare qualcosa che effettivamente poi accade, o comunque assume rilevanza notevole. In questo particolare racconto compaiono cenni a cosa la pandemia ha causato, quella sorta di catastrofe che l’autore ha anticipato e poi riproposto nella sua storia.
C’è poi la questione popolarità che in qualche modo va trattata quando ci si trova davanti a questo libro in particolare. Alcuni lettori si sono detti delusi dalla storia, si aspettavano un qualcosa di diverso di più "elettrico" come altri libri dello stesso autore. Eppure a mio parere qui di elettrico c’è tanto, basti pensare alle continue riprese tra una pagina e l’altra circa fatti e reazioni.
In fondo poi lo sappiamo: DeLillo o lo si ama immensamente, oppure lo si critica aspramente.
Recensione di Beatrice Tibaldini
Il silenzio
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