Il teatro veneto
- Autore: Luigi Lunari
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2003
Il teatro veneto (Ergon Edizioni, 2003) di Luigi Lunari (1934-2019) è un manuale antologico che presenta sicuramente dei pregi e che chiunque si occupi di drammaturgia non dovrebbe farsi scappare.
L’opera desidera essere un riassunto esauriente ed esaustivo e riesce nella non facile impresa che si pone di compiere, dando continuità a un argomento in cui l’irregolarità e le intermittenze rischiano apparentemente di prevalere.
La premessa mostra una chiarezza estrema che si ritrova in tutti i capitoli del libro:
Con l’espressione “storia del teatro veneto” si possono indicare tre diversi campi di ricerca: la storia della letteratura drammatica in lingua veneta; la storia della letteratura drammatica degli autori veneti; la storia della vita teatrale nel Veneto. Chiariamo subito il concetto. La letteratura drammatica in lingua veneta comprende tutte le opere scritte in veneto, compresi dunque anche testi di autori non veneti, ma che vennero tradotti in lingua veneta e che entrarono a far parte di quel repertorio […] ma non comprende le opere di autori veneti scritte in altra lingua […]. Va da sé – precisiamo – che quando diciamo lingua veneta operiamo una semplificazione, e che in realtà dovremmo dire “lingue parlate nel Veneto”: cioè non solo il veneziano, ma anche il pavano del Ruzante, il rodigino di Ferdinando Palmieri e via dicendo.
È la limpidezza delle spiegazioni del buon maestro, rara quanto lo sono gli insegnanti veramente bravi nel loro mestiere. Lunari afferma di non aver mai trovato un criterio logico per distinguere le lingue dai dialetti e questa sua osservazione è pienamente supportata dagli studiosi di dialettologia.
Tuttavia un saggio simile, oltre che sul piano dell’impostazione (che abbiamo già promosso per ordine e felicità espositiva), deve essere valutato su almeno altri due livelli: il contenuto e i giudizi critici espressi.
L’ascesa di Carlo Goldoni è l’evento che segna la storia del teatro veneto e, nella sua profonda onestà, lo studioso confessa un certo imbarazzo nell’affrontare un nodo così cruciale. Le modalità con cui trattare della biografia e delle opere di Goldoni non sono un problema di poco conto, ma in queste pagine è offerta una sintesi migliore di quelle che si ritrovano in tante note bio-bibliografiche che sono inserite nelle riedizioni contemporanee dell’autore de La Locandiera.
Un’altra svolta nella storia che, un drammaturgo dopo l’altro, viene inanellata da Luigi Lunari è la caduta della Serenissima nel 1797, quando alla provincializzazione della città di Venezia pare corrispondere quella del teatro:
Al punto che si può dire che di fatto il teatro veneto, che col Goldoni era stato all’avanguardia del teatro europeo, alla fine dell’Ottocento si ritrovò arroccato su posizioni antiquate in forte e crescente ritardo sul ruolino di marcia delle altre drammaturgie, italiane e straniere.
Il risveglio arrivò con l’inizio degli anni Settanta dell’Ottocento e i successi di Giacinto Gallina (1852-1897); il Novecento regalò alla cultura veneta artisti del calibro di Renato Simoni (1875-1952) e Gino Rocca (1891-1941), ma già sul finire del secolo emersero le tendenze attuali del teatro nel Veneto: rincorrendo la banderuola effimera della convinzione di ottenere una maggiore risonanza tra il pubblico, i teatri stabili presero a rifiutare gli autori vernacolari (salvo poi lamentare il crollo nelle vendite dei biglietti), e oggi l’uso delle lingue venete (eccezion fatta per i grandi classici del passato) si incontra ormai quasi solo su palchi minori dove è portato avanti da compagnie amatoriali e da scrittori ignorati dalla grande editoria e dalla stampa specialistica.
Per quanto concerne i giudizi critici bisogna tenere in considerazione che Lunari fu egli stesso un drammaturgo, ma non uno storico; in senso negativo lo si nota quando – ripetutamente – parla di “impero austro-ungarico” prima del 1867 o quando (a pagina 185) scrive che Venezia “perde di rilievo” nel corpo “del regno d’Italia (1861)”, mentre in realtà il Veneto non fu annesso all’Italia unita che nel 1866, ma si apprezzano le sue competenze quando spiega la resa scenica di un copione al di là delle battute che lo compongono, con disamine da esperto consumato.
Dispiace che il Nostro sia caduto nella lettura di Goldoni come rivoluzionario sociale, che dovrebbe essere superata da decenni e che in fondo nemmeno Lunari riesce a sposare del tutto, ammettendo nelle commedie goldoniane anche la presenza di atteggiamenti da “conservatore” o “addirittura codino”.
Veramente degna di plauso invece è la piena rivalutazione del trevigiano Luigi Sugana (1857-1904), la cui Saga dei Barbo per Lunari:
meriterebbe un’adeguata riproposta scenica, ma [...] potrebbe anche fornire materia per uno sceneggiato televisivo
Parole tristemente cadute nel vuoto, mentre le programmazioni dei maggiori teatri veneti sono in buona parte occupate da spettacoli tanto “avanguardistici” quanto mediocri, in cui la gara tra sperimentazione e capacità di appassionare si chiude con un sostanziale pareggio: una serie di squallidi zero a zero.
Del resto i gusti triviali e l’odio dichiarato per le lingue venete sono parte integrante delle pseudo-culture progressiste ovunque imperanti, in particolar modo nell’ambito dell’arte e dei media, in cui regna un ricorso caricaturale agli anglicismi, di tanto in tanto comicamente inframmezzato da generose iniezioni di romanesco. I progressisti vogliono apparire “moderni”, ma sono sempre i più provinciali e lo sono nell’accezione peggiore del termine.
Non si può negare che anche il teatro sia oggi usato come grancassa per le narrazioni ideologiche dei progressisti e che l’adesione a queste dottrine sia il principale discrimine per ottenere o perdere un palcoscenico su cui esibirsi. Anche il dialetto piace ai progressisti solo quando è impiegato da chi sostiene le loro tesi, soprattutto in spazi come quelli del teatro in cui si possono tenere dei monologhi senza contraddittorio: è un tentativo di fare dell’egemonia culturale.
Il teatro dialettale veneto o anche il teatro veneto di qualità, distanti dai deliri porno-psichiatrici dei sedicenti innovatori, devono resistere con coraggio e rinforzarsi nella loro trincea, in attesa del crollo del grigiume attuale: questa trincea sono i piccoli teatri, le sagre e sarebbe positivo se le parrocchie si impegnassero a contribuire di più per offrire un palco alle compagnie.
In questa battaglia culturale anche un libro come Il teatro veneto di Luigi Lunari, non certo comune per efficacia comunicativa e divulgativa, può rivelarsi uno strumento utile per imparare a conoscere e per riscoprire nomi poco noti.
I suoi difetti (circoscrivibili agli errori storici poc’anzi menzionati) sono oscurati dalle sue ottime potenzialità di guida. Se fosse emendato da queste piccole sviste, il libro sarebbe adatto anche a essere impiegato nel contesto di un corso di storia della drammaturgia veneta.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il teatro veneto
Lascia il tuo commento