Il terzo occhio di T. Lobsang Rampa

Che cos’è scienza? Che cos’è fantascienza? Che cos’è fisica e cosa metafisica? Secondo l’autore di questo meraviglioso libro, certi concetti sono fortemente influenzati dalla conoscenza dell’uomo. A lui, monaco tibetano, sembra pazzesco pensare che una macchina costruita da uomini possa volare; a noi occidentali che un uomo possa levitare, vedere l’aura delle persone, ricordare le vite passate. Ma nessuna di tutte queste cose è fuori dalla realtà.

Autobiografico, il romanzo racconta la storia del protagonista che è stato mandato in un convento di monaci tibetani in tenera età. Era stato giudicato un predestinato, ma, che lo fosse o no, la sua strada è cominciata lì ed è andata avanti in un crescendo di evoluzione fisica e spirituale, culminante in un livello sublime di saggezza e semplicità.

Questo libro non è affatto una storia dal sapore puramente ascetico, riservata agli appassionati di filosofie orientali o a chi cerca la via dell’illuminazione. Lo stile è quello di una cronaca e di un documentario assieme, raccontata con un linguaggio assolutamente quotidiano. Leggendola si riesce molto facilmente a identificarsi con il protagonista bambino, con le sue paure e con le sue scoperte; lo si segue nella crescita, ci si affeziona ai suoi maestri, ci si pongono nuovi interessanti interrogativi.

Lobsang Rampa ci racconta se stesso con estrema semplicità, mettendoci faccia a faccia con fenomeni straordinari, senza farceli apparire tali: la telepatia, la diagnosi di malattie dal colore dell’aura, l’incontro ravvicinato con lo yeti sono così banalissimi resoconti di esperienze personali, che diventano tanto più interessanti e coinvolgenti, quanto più vengono descritte con stile oggettivo e scientifico.