Negli eventi della libreria Feltrinelli di Palermo, è stato curato da Valentina Chinnici un incontro con Marcello Fois autore de L’invenzione degli italiani con sottotitolo di copertina: Dove ci porta il cuore (Einaudi, 2021).
Una rilettura di De Amicis
Un libro intenso che lancia molti messaggi e offre molti spunti, uscito in un momento molto opportuno quale quello attuale. Si ritorna a rileggere Cuore di De Amicis, sgombrando il campo da temi pregiudiziali che lo hanno mostrato come un condensato di retorica patriottica di cui con si vuole più sentire parlare.
Come osservato da Daria Bignardi nella sua intervista a Fois (reperibile in rete), da alcuni si fa una contrapposizione tra la scuola di Gianni Rodari e quella del libro Cuore. Se si stava dalla parte della scuola ludica e democratica, non si poteva stare dalla parte di De Amicis, ritenuto come una sorta di reazionario che propagandava il mito della patria, e veniva inteso come se fosse quasi “di destra”.
Uno dei maggiori meriti del libro di Fois, è per l’appunto quello di restituire la complessità del libro Cuore, che nasce con un forte intento. Quello che colpisce è la intenzionalità di Edmondo de Amicis che aveva ben chiara quando scrisse una lettera al suo editore nel 1878, quindi diversi anni prima dell’uscita di Cuore. Questa lettera ha un passaggio fulminante, che rende al meglio come De Amicis avesse in mente un piano vigoroso sia didattico che pedagogico. E questo trova ottima esplicitazione nel geniale titolo del libro di Marcella Fois: “L’invenzione degli italiani”.
Scriveva Edmondo De Amicis:
"Ho in testa un libro nuovo, originale, potente, mio — di cui il solo concetto m’ha fatto piangere di contentezza e di entusiasmo, dico potente se mi riuscirà di non guastarne l’argomento trattandolo. Ma spero di no, perché mi è nato proprio nel più vivo dell’anima. Ho pensato molto tempo. Mi son detto: per fare un libro nuovo e forte bisogna che lo faccia colla facoltà nella quale mi sento superiore agli altri — col cuore… Il cuore dei vent’anni, la ragione dei trenta. Il soggetto preso nel mio cuore. Il libro intitolato Cuore".
L’editore di Cuore, Treves, rimase colpito da questo entusiasmo e iniziò ogni anno a pubblicizzare questo libro di imminente pubblicazione, ma che poi ebbe invece una gestazione molto più complessa di quella che l’autore vuol fare apparire. Quando uscì, come è noto, ebbe poi un successo planetario e travolgente e tra le moltissime traduzioni, ve ne è una financo una in latino. Fois, fa notare come non è Pinocchio, il libro più universalmente noto, come si crede, ma appunto Cuore che ebbe una fortuna e un successo strepitoso. Tra le molteplici traduzioni, vi fu quella olandese che portò un sottotitolo molto interessante e curioso. Nel libro “originale” il sottotitolo è “Un libro per ragazzi”, mentre la versione olandese si esprime come “un libro per genitori e figli”, un titolo più appropriato in termini anche di marketing, allargandone il target.
Nella versione televisiva che Luigi Comencini trasse dal libro Cuore, il suddetto aspetto è posto in risalto, un portato decisivo di un libro che per molti anni è stato spacciato come un manuale di conformismo, in quanto aveva l’intento di cucire, di riunire l’Italia nelle sue diversità di ogni tipo. Lo sguardo di De Amicis, di ispirazione socialista, come d’altra parte quello di Comencini si riconduce a questo indirizzo politico.
Cuore e Pinocchio a confronto
Link affiliato
Si può fare poi un parallelo con il Pinocchio di Collodi, in quanto secondo Fois i due romanzi non sono in contrapposizione, anzi sotto certi aspetti sono complementari. E questo perché attingono dalla stessa fonte manzoniana, della necessità dell’istruzione, della scuola. I due romanzi nascono come figli diretti dei Promessi Sposi, nella particolare accezione che attraverso l’istruzione si può costruire un atto di promozione della società. Chiaramente in questo Manzoni fa una forzatura perché lui è un signore che ha assistito alla Rivoluzione Francese, cioè alle evoluzioni della società che lo riguarda e mette nella testa dei due campagnoli lombardi del Seicento, un pensiero che non potrebbero “ufficialmente” avere: cioè che attraverso l’istruzione si raggiunge un gradino, un livello superiore dentro la società.
Questo è il punto di partenza da cui De Amicis e Collodi prendono due strade diverse, perché De Amicis decide di lavorare sul rapporto tra istruzione e cittadinanza, senso dello stato e senso della comunità; Collodi di contro fa esattamente l’opposto, e decide di raccontare che cosa succede in una città quando si rifiuta l’istruzione. Due percorsi all’opposto, in cui in uno Pinocchio vende l’abbecedario per guadagnarsi il Paese dei balocchi.
Sono due romanzi che rappresentano lo stesso fenomeno, ma diversi e molto rappresentativi di quello che noi siamo. Continua Fois, come popolo, si è contemporaneamente De Amicis e Collodi. Promessi Sposi, Cuore, Pinocchio e aggiungerei Artusi sotto l’aspetto culinario: sono i vettori attraverso i quali si ha un linguaggio comune, una sorte di formattazione generale e sopra questa base è avvenuto tutto il resto.
De Amicis esce dalla sfera individuale e mette insieme un libro per così dire di fantascienza, dove in una sorte di classe, di mondo, di astronave che non esiste e non può esistere in natura, si azzera tutta questa serie di problemi di contorno e si prende per le corna il toro dell’istruzione.
Dentro questa classe, dice Fois, che si potrebbe chiamare “Continente Italia”, si infilano venti ragazzi difformi, inteso come di una cultura italiana, che sono gestiti da un maestro, come elemento valoriale, che noi chiameremo italianità.
Un libro osteggiato dalla Chiesa Cattolica. Perché?
Ma ci si chiede allora per quale motivo il libro Cuore venne per parecchio tempo osteggiato dalla Chiesa Cattolica, addirittura con divieti di lettura negli oratori. La ragione va cercata nel fatto che il libro Cuore nasce da un impianto profondamente laico. Se si osserva bene, si nota come i bambini non festeggiano il Natale, né la Pasqua, non fanno il segno della croce, non hanno insegnanti religiosi di nessun genere; non sono mai citati i preti, praticamente non esistono, se ne vede uno lontanissimo durante un funerale e forse qualche suora in uno dei racconti. Ma sono personaggi defilati e dietro la cattedra non vi è il crocefisso, ma il ritratto del re e questo per un morivo preciso.
L’idea di De Amicis è che la scuola dovesse essere un luogo decisamente ed esclusivamente formativo e non un luogo che avesse a che fare con la religiosità o con la spiritualità. Nella scuola si devono imparare i punti di riferimento sostanziali, cioè quello che anticamente si diceva: leggere e scrivere e far di conto. Poi successivamente nelle loro case questi bambini dovevano ricevere le nozioni spirituali, secondo le loro credenze. Una visione pertanto fuori dagli schemi tradizionali.
Pinocchio, invece, è esattamente l’opposto ed è per questo che appare per certi versi più innocuo, mentre invece è più pericoloso. Pinocchio è figlio di un falegname, viene ingoiato da una balena e tre giorni dopo ne esce e si incarna e diviene un uomo. Pinocchio finisce con questo momento di incarnazione, cioè con la resurrezione dopo tre giorni. Ci si rende pertanto conto perché Pinocchio sia stato enormemente favorito dal potere e dalla Chiesa Cattolica.
Pinocchio è pur sempre un testo meraviglioso, continua Fois, sotto tutti gli aspetti, specie da un punto di vista metaforico. Pinocchio per esempio discute di una cosa che De Amicis esclude a priori perché non è dentro l’argomento di cui lui vuol parlare, che è il senso di colpa. Pinocchio è un grande libro sul senso di colpa o meglio sul recupero di se stessi attraverso il senso di colpa.
Cuore: la formazione tecnica del cittadino e il ruolo della scuola
Invece Cuore è un libro sulla formazione in certo qual modo “tecnica” del cittadino, cioè sull’idea che non esiste una tolleranza spontanea, ma che bisogna essere educati alla tolleranza.
Per natura, tu sei portato, secondo De Amicis, a difendere il tuo territorio, a porre delle barriere, a considerare il tuo nucleo come quello fondamentale e fondante da cui tutto deriva. La scuola però, secondo De Amicis, deve farti fare un gradino in più, cioè dovrebbe spiegarti che non esiste il talento della tolleranza.
È una questione che a De Amicis sta particolarmente a cuore e la descrive benissimo nell’episodio del ragazzo calabrese che viene introdotto in aula, che deve essere considerato italiano come tutti gli altri. Per permettere che un bambino calabrese potesse entrare da Reggio Calabria in una scuola di Torino ci sono voluti cinquanta anni e trentamila morti, dice De Amicis nel primo capitolo di Cuore.
Un discorso forte, incisivo, fatto dal maestro a un bambino, che forse ai giorni nostri avrebbe condotto a proteste, avvertimenti, petizioni contro l’operato di questo maestro che aveva turbato il bambino, facendo solo intravedere un barlume di realtà.
Ma è il primo della classe, che si chiama De Rossi, che rappresenta non casualmente il bambino del rinascimento, il bambino italiano paradigmatico, classico, che si appresta ad abbracciare il nuovo arrivato. Ma il bambino calabrese se la dà a gambe e dopo la spiegazione del maestro, con cui il giovane calabrese si rasserena, ecco che l’incontro avviene serenamente.
È una scena emblematica del ragionamento di De Amicis, che vuole significare come la tolleranza va insegnata in quanto non è connaturata. La classe non è un microcosmo della realtà, non vi sono differenze, disparità, la parità è assoluta. È una classe dell’irrealtà e a scuola dovrebbero succedere cose che nella realtà e nella vita comune non succedono. E questo, in certo qual modo, ti rende attrezzato per la vita comune; se tu vivi un’esperienza di parità, poi la porterai avanti nella vita comune, dice De Amicis. Se il bambino ricco sta in classe con bambini di altri ceti, poi nella vita da grande, quando sarà uomo ricco nel mondo, avrà un altro rapporto con gli altri ceti. Se un bambino ricco studia solamente con i bambini ricchi, quando sarà adulto non avrà alcuna conoscenza di tutti gli altri. Dovrà quindi esistere un momento nella vita in cui lui esperimenta tutto il mondo.
L’istruzione, dice Marcello Fois, è uno dei problemi fondamentali del nostro paese: è risolvendo questo che, forse, si risolvono tutti i problemi.
La scuola italiana resta una scuola selettiva: in Sicilia si ha ancora il 40% di ragazzi che non studiano, non lavorano e sono usciti da ogni radar formativo.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’invenzione degli italiani: Marcello Fois presenta il suo ultimo libro
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Einaudi Storia della letteratura Marcello Fois Recensioni di libri 2021
Lascia il tuo commento