Uscito il 3 settembre in tutte le librerie italiane, Un grido di luce (Editrice Nord, 2024, traduzione di Elisa Banfi) è il nuovo romanzo di Abi Daré, scrittrice nigeriana dalla penna delicata e dal carattere stilistico unico e distintivo.
In questo suo nuovo libro l’autrice dà voce ad Adunni, una giovane ragazza nigeriana che lotta per trovare la sua voce e reclamare il proprio diritto all’istruzione e alla libertà in un mondo che spesso tenta di soffocarla.
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Adunni ha quattordici anni e vive in un piccolo villaggio in Nigeria. Dopo la morte della madre, il padre la obbliga a sposarsi con un uomo molto più anziano, sperando di ottenere una dote che possa migliorare le condizioni economiche della famiglia.
Il destino di Adunni non è quello di essere una moglie sottomessa. Il suo sogno è di ottenere un’istruzione e diventare un’insegnante, per dare voce a sé stessa e alle altre donne che non possono parlare.
Il raggiungimento di questo obiettivo è arduo, oppressivo e comporta una lotta all’ignoranza. Attraverso le sue esperienze, Adunni cresce e impara che la sua voce può essere un potente strumento di cambiamento.
Abbiamo incontrato l’autrice, Abi Daré, in esclusiva alla conferenza stampa di presentazione per la stampa accreditata a Pordenonelegge.
- Prima di entrare nel vivo del libro, colpisce molto la sua postfazione, quando racconta di come la protagonista della storia, Adunni, l’abbia quasi guidata verso iniziative educative di volontariato a favore delle ragazze e verso i diritti delle donne.
Grazie di questa domanda. Spesso mi chiedono se ho donato denaro o presenziato a eventi, o se ho una mia Onlus con cui lavoro e opero per aiutare le ragazze in Nigeria per migliorare la loro condizione.
A dire il vero avevo pensato a una mia onlus, ma le operazioni legali di attuazione erano troppo complesse ed ho desistito. Il richiamo ad aiutare, a dare il mio contributo attivo è molto forte. Mi sentivo chiamata. Quasi Adunni mi volesse trascinare a forza per a fare qualcosa. Così ho iniziato a collaborare, ad adoperarmi per promuovere il cambiamento sociale utilizzando il potere che ho tra le mani. Il mio unico potere a dire il vero: la mia narrativa. Per poter ispirare al cambiamento. E così è stato.
Ho sostenuto (soprattutto in Nigeria ma anche altrove) l’educazione femminile. Collaboro con enti come “Girls Not Brides” e altre organizzazioni che si dedicano alla prevenzione dei matrimoni precoci e al sostegno delle ragazze nella loro lotta per il diritto all’istruzione.
Ho cercato di essere attiva attraverso i miei libri, in particolare Il grido di luce, per distruggere le barriere che si frapponevano all’educazione delle ragazze.
Direttamente, poi, ho collaborato con gruppi e scuole per incoraggiare alla lettura e al dialogo su questioni sociali rilevanti. Una sorta di strumento di empowerment per le giovani ragazze che permette loro di vedere le proprie esperienze riflesse nei libri che leggono. Prevalentemente sono interventi legati alle figure femminili, ma devo dire che risultano utili anche per l’educazione dei ragazzi per tenerli lontani dall’essere sfruttati anche per scopi criminali e illeciti.
- Adunni, la protagonista del romanzo, ha quattordici anni. È una voce giovane. Il suo parlare è disseminato di molti errori “grammaticali”, diciamo così.
La voce di Adunni è quella di una ragazza semplice con mancanza di istruzione (diversa dal mio precedente personaggio de La ladra di parole). Utilizzando un inglese non convenzionale ho cercato di far riflettere sulla mancanza di istruzione formale. Errori grammaticali, sintassi non standard e un vocabolario limitato danno autenticità e realismo alla narrazione. È un po’ un modo di avvicinare Adunni ai lettori, aiutare a immedesimarsi con lei per comprenderne il suo mondo e le sue lotte.
Il suo non è un inglese “sbagliato”, vuole rispecchiare in qualche modo il suo desiderio di imparare. Ed è un linguaggio che evolve con la storia.
- La narrazione in prima persona rende tutto molto intimo, coinvolgente; emozioni ed empatia con la protagonista non mancano.
Ho voluto far “navigare” Adunni nell’emozione delle sue sfide immense: perdita, oppressione, speranza e resilienza. La storia così si fa toccante e potente. I lettori, così, possono sperimentare direttamente il mondo di Adunni con i suoi occhi e la sua voce.
- Molte metafore, dialoghi, flashback scandiscono il flusso della storia…
Metafore e similitudini sono radicate nella cultura e nell’ambiente di Adunni.
La protagonista descrive il mondo che la circonda in modi creativi, ispirati dalla natura e dalla sua vita quotidiana, da ciò che accade nel suo villaggio. Tutto questo dà profondità alla narrazione e accentua anche una curiosità vivace e un immaginario ricco.
Anche per quanto riguarda i dialoghi il ragionamento è pressoché il medesimo. Il linguaggio e le inflessioni culturali del contesto nigeriano, anche se non uso un “inglese puro”, le alterno con parole e frasi in lingua yoruba, aggiungendo così autenticità culturale al racconto.
Per quel che riguarda l’uso del flashback: è solo occasionale. La narrazione è lineare. Le analessi diventano funzionali per definire il contesto e il background dei personaggi, così da rendere la trama più facile da seguire per il lettore e, in qualche modo, per aiutare la connessione con il passato di Adunni.
Il tutto per fare in modo che la voce della protagonista, la sua “voce forte”, non sia solo un simbolo ma proprio “un grido” che inciti alla lotta per la libertà, l’autodeterminazione e la dignità.
- Educazione, apprendimento, cultura. Sono aspetti logici per una donna che ha poi il compito più di altri e per prima di educare i figli. Dai suoi testi questo non traspare… o meglio, è contraddittorio.
Nel mio scrivere, l’educazione delle donne è vista come uno strumento fondamentale non solo per la loro emancipazione personale, ma anche per il miglioramento delle condizioni sociali di intere comunità.
Nel contesto di molte società patriarcali, che sono quelle che descrivo nel mio romanzo, c’è una palese contraddizione tra la non educazione delle donne e il loro ruolo tradizionale di educatrici all’interno della famiglia.
In ogni cultura le donne sono le prime insegnanti dei loro figli, responsabili di trasmettere valori, conoscenze e competenze di base. Tuttavia, il loro accesso all’educazione formale è limitato o negato, creando una disparità significativa.
Una mancata educazione formale delle donne non solo è un limite al loro sviluppo personale, ma si rivela un limite anche nella loro capacità di educare efficacemente la prossima generazione. Senza un’istruzione adeguata, le donne sono costrette a perpetuare cicli di ignoranza, povertà e sottomissione.
Questo diventa un problema sociale di più ampia portata, poiché influisce direttamente sul progresso e sullo sviluppo delle comunità.
- Un’ultima curiosità: si pensa a una trasposizione cinematografica di questo o dell’altro suo romanzo? Il suo raccontare ha dei tratti “tipicamente” cinematografici.
Al momento non c’è nulla di questo tipo, nessuna proposta… anche se mi piacerebbe molto ci fosse.
Parteciperei con entusiasmo alla sceneggiatura, anche perché potrebbe essere un ulteriore volano.
In realtà c’è stata una trasposizione teatrale molto particolare ed emozionante da parte di alcune ragazze durante il mio laboratorio di scrittura creativa in Nigeria. Hanno rappresentato qualche scena della vita di Adunni. È stato emozionante vederle recitare con le mie parole. Interpretare i personaggi che avevo descritto.
Era come vedere Adunni, erano tante Adunni.
Abi Daré sarà sabato 21 settembre 2024 alle ore 21.00 a PordenoneLegge presso lo Spazio Piazza della Motta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista ad Abi Daré che presenta il suo nuovo libro “Un grido di luce” a PordenoneLegge 2024
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