Francesca Ramacciotti ci racconta qualcosa in più sul suo romanzo “I custodi della pergamena del diavolo”, edito da Newton Compton e ora in libreria.
Francesca Ramacciotti è nata a Livorno, ma ama anche Pisa. Laureata in Giurisprudenza all’Università di Pisa, è stata giudice conciliatore per sei anni e attualmente insegna Diritto ed Economia all’Itis G. Galilei di Livorno. Accanita lettrice, ha sempre praticato la scrittura, sia creativa che in forma di sceneggiatura e testi teatrali. Ha collaborato con registi a Pisa e Livorno, dove sono stati rappresentati i suoi testi teatrali. Con il cortometraggio “Gnam Gnam”, di cui ha realizzato soggetto e sceneggiatura, ha vinto numerosi premi, fra cui il secondo posto al Corto Festival di Chianciano Terme. È stata allieva di Giulio Mozzi, Sebastiano Mondadori e Carlo A. Martigli.
Prima classificata al premio letterario internazionale Città di Barletta, patrocinato dall’Unesco, nel 2010 e al premio Giallo di Donna nel 2011, ha scritto molti racconti presenti in antologie e riviste. Nel 2013 è stata fra i vincitori del Torneo letterario IoScrittore, bandito dal gruppo editoriale GeMS, con la conseguente pubblicazione in eBook del romanzo “Un angelo nel pallone”.
"I custodi della pergamena del diavolo", uscito il 28 marzo scorso per Newton Compton, è il suo secondo romanzo ed è il primo di una trilogia ambientata nel XII secolo, con il perito legale Lanfranco come protagonista. Francesca non esce mai di casa senza gli orecchini e un libro. Per l’uscita del suo nuovo romanzo le abbiamo posto alcune domande.
- Tutti conoscono la rivalità fra Pisa e Livorno. Perché una scrittrice livornese ha ambientato il suo romanzo a Pisa?
Me lo ha chiesto subito anche l’editore. La rivalità c’è, ma sono due città “cugine”. Quando ci sono stati problemi veri, come l’alluvione a Livorno o l’incendio sul Monte Serra, Pisani e Livornesi hanno fatto a gara per darsi una mano. In ogni caso l’ho ambientato a Pisa perché ha una storia tanto straordinaria, quanto ingiustamente trascurata dai libri di storia. Nel XII secolo Pisa era forse la città più ricca e potente d’Italia, San Bernardo di Chiaravalle avrebbe addirittura voluto trasferirvi la sede papale.
- Perché ha scelto il genere thriller storico?
Perché coniuga la mia passione per la storia con quella per gli intrecci e i colpi di scena. Il thriller è considerato, spesso ingiustamente, un genere di serie B. Tutti leggono i” gialli” e questo li fa sembrare più commerciali e meno letterari. Una seria - ma non pesante - ricostruzione storica, “nobilita” il thriller e permette di divertirsi imparando anche qualcosa di nuovo.
- Non è un genere insolito per una scrittrice?
In effetti si tende ad abbinare le donne a romanzi di genere sentimentale o di narrativa mainstream. In realtà, secondo me, le donne con intrighi e misteri se la possono cavare anche meglio degli uomini, perché hanno una forma mentis molto articolata e strategica. Sono secoli, anzi, millenni, che devono cavarsela da sole. Non a caso, un’importante protagonista fra le righe del mio romanzo, è la misoginia.
- Quanta parte di realtà e di invenzione ci sono nel suo romanzo?
Direi metà e metà. Il romanzo è ambientato nel 1174 stile pisano (1173 del calendario normale), l’anno in cui si inizia a costruire la torre, forse il monumento italiano più iconico. Ho letto testi specifici e fonti antiche sulla storia di Pisa di quel periodo per un anno, prima di scrivere il romanzo. Non è un saggio, quindi di tutto quanto ho appreso, nel romanzo c’è una solo una piccola parte, ma è quella che rende la ricostruzione autentica, come se il lettore si trovasse davvero nella Pisa medievale. Altrimenti, se uno scrittore non si documenta, crea un mondo artefatto, con gli stereotipi medievali da favoletta e il lettore lo percepisce. La base storica, le fonti citate e molti personaggi sono autentici. L’invenzione ha solo colmato i buchi dove la storia non ci dava risposte.
- Perché il romanzo è ambientato su due binari temporali?
Perché ho ritenuto fosse un piacevole contrasto per il lettore passare dal medioevo - periodo comunque che ha una forte risonanza nel nostro immaginario - a quello più consueto dei giorni nostri. In questo modo, oltre a rendere più articolato e avvincente l’intreccio, i due periodi storici si valorizzano l’uno con l’altro.
- Quali sono i personaggi principali?
Nel passato abbiamo quasi tutti personaggi reali, a parte il perito legale Lanfranco. In particolare citerei Deotisalvi, il misterioso architetto del battistero e della torre, l’Arcivescovo di Pisa Villano e Santa Ubaldesca, una Santa laica che, come San Ranieri e Santa Bona, tutti pisani, sono stati Santi laici, precursori di San Francesco. Una grande Santa che ha compiuto miracoli, una femminista ante litteram, dimenticata anche dai pisani stessi, nonostante sia venerata dall’Ordine di Malta. È stato un piacere, per me, avere l’occasione per tirarla fuori da un ingiusto oblio. Nel presente i personaggi sono di fantasia, i protagonisti sono entrambi di ambiente accademico, per rendere omaggio all’Università di Pisa dove mi sono laureata. Un professore, nonché scrittore di saggi storici e una dottoranda in storia medievale, in possesso di documenti che li mettono sulle tracce di un tesoro scomparso, legato alla costruzione della torre e di un blasfemo assassino.
- Quali sono, secondo lei, i punti di forza del romanzo?
Anche in base ai commenti di chi l’ha letto, citerei: l’accuratezza della ricostruzione storica, che trasporta, senza sforzo, i lettori in un mondo di novecento anni fa; lo stile curato ma molto scorrevole; l’attenzione alla psicologia dei personaggi, per renderli credibili; la ricchezza dell’intreccio e dei colpi di scena.
- A quale pubblico è rivolto il romanzo?
A tutti, a partire dai giovanissimi. Io insegno diritto alle superiori e mi pongo sempre l’obiettivo che i miei romanzi, pur scritti per un pubblico adulto, siano godibili anche per i miei alunni, perché ritengo che il piacere per la lettura sia una delle qualità più importanti e utili che un giovane possa avere. A volte a scuola gli insegnanti fanno leggere dei “mattoni” col risultato di far odiare ai ragazzi la lettura. Invece i ragazzi che hanno letto i miei libri - alunni e non - hanno sempre detto di non essersi mai annoiati. E questo, per me, è stato uno dei complimenti più graditi.
- Che rapporto ha con la scrittura?
Lo stesso che è alla base dell’altra mia passione, quella della lettura: l’amore per le storie. Non si può essere scrittori senza essere anche grandi lettori. Penso che uno scrittore, che ha amato i libri che ha letto, voglia restituire lo stesso piacere ai suoi lettori, scrivendo storie per loro.
- Cosa vorrebbe che pensasse un lettore mentre legge il suo romanzo e dopo averlo finito?
Vorrei che gli dispiacesse dover smettere di leggere per uscire o pranzare, perché preso dalla curiosità di conoscere la soluzione dei misteri nascosti all’ombra della torre di Pisa. E che, alla fine, soddisfatte tutte le sue domande, riflettesse sul fatto che la storia è “magistra vitae”, che tutto tende a ripetersi e che ricordare gli errori del passato è la condizione irrinunciabile per tentare di non commetterli di nuovo nel presente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Francesca Ramacciotti in libreria con "I custodi della pergamena del diavolo"
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