Una lettura sicuramente difficile, impegnativa, che richiede profonda attenzione per comprendere a fondo, e soprattutto accettare, fin dove possono spingersi le volontà dell’uomo, e quale limite, confine etico a volte venga varcato dai gesti compiuti.
Quelle di Morsi (Bompiani, 2022) sono pagine magnetiche, a "effetto calamita", da prendere letteralmente "a morsi" - come sembra in parte voler suggerire lo stesso titolo -, da divorare una dopo l’altra, in quanto sono diversi gli intrecci narrativi così come inaspettati i risvolti di questa complessa trama dalle tinte cupe, horror, che si avvale di una prosa concisa, lineare e diretta, dal ritmo serrato, agile e fluido.
Link affiliato
La storia di Teo e Sonia, due adolescenti resi vittime di un terribile accaduto avvenuto all’interno della scuola, non è altro che il preludio a un’analisi profonda e spietata, che non concede sconti, della complessità della mente umana, rappresentata come un eterogeneo e imprevedibile microcosmo destinato a diventare il protagonista di una parabola sul tema della metamorfosi e sui riflessi derivanti dalla crescita e dal cambiamento di un individuo.
Marco Peano si racconta per noi in questa piacevole intervista riservata al suo ultimo romanzo...
Morsi è senza dubbio un titolo suggestivo, decisamente di impatto, che non può non sollevare una serie di riflessioni ed evocare diversi richiami… fra questi, per esempio, le pongo subito un quesito: secondo lei, è la vita che andrebbe presa “a morsi” o, piuttosto, è quest’ultima a “mordere” noi essere umani?
Quando ho iniziato a pensare al titolo per questa storia non avevo ancora le idee molto chiare. Del resto, la trama stessa stava prendendo forma nella mia mente un po’ alla volta: sapevo che avrebbe avuto a che fare con i denti (e Denti sarebbe potuto essere un titolo molto efficace, ma esisteva già il magnifico romanzo di Domenico Starnone), e con un certo tipo di ferocia. I morsi si riferiscono alla parte più primitiva di noi, quella che ci costringe ad azzannarci: nella crescita, dunque, si prende a morsi l’esistenza.
La narrazione dell’”incidente” per il lettore costituisce sicuramente un elemento visivo crudo, da brividi. Cosa si cela veramente dietro la descrizione della scena del gesto aberrante compiuto dalla professoressa di italiano, la signora Cardone, di fronte agli alunni della sua classe? Cosa l’ha spinta a voler incarnare un tale gesto nella figura di questa donna? E perché destinarlo proprio ai bambini, resi “vittime” dell’atroce accaduto?
La provincia per me è estremamente interessante, fa parte del mio immaginario emotivo e letterario (così come la frequentazione con le storie di paura). E conosco realtà di provincia, simili a quelle che descrivo nel romanzo, che preferiscono autocannibalizzarsi invece di ammettere che qualcosa nella loro piccola comunità non va come dovrebbe. I ragazzini che assistono all’incidente sono costretti a crescere prima del previsto. E il cambiamento insito nell’adolescenza, più in generale nelle soglie, per me è sempre stato qualcosa di perturbante.
Luogo interno: scuola. Quale ricordo ha di questo luogo, tornando indietro con la mente? Sono per caso rintracciabili nella storia narrata alcuni elementi autobiografici, sue intime suggestioni che ha vissuto da bambino?
Gli aspetti autobiografici presenti in Morsi non riguardano la scuola: sono suggestioni geografiche e più specificatamente intime quelle che mi appartengono in misura maggiore, e che rispecchiano il ragazzino che sono stato. La scuola era un tempo lontano dallo sguardo amorevole della famiglia, e questo sì, mi spaventava, mi faceva sentire poco protetto. Tutti abbiamo avuto una professoressa simile alla Cardone, ma raccontando di lei non intendevo vendicarmi contro nessun mio insegnante.
Luogo esterno: paesaggio innevato. Esiste un legame semantico fra la Natura e le azioni compiute dai vari personaggi? Assume una sua specifica funzionalità semantica la scelta di questo determinato contesto ambientale? Quali messaggi o quale chiave di lettura vorrebbe offrire attraverso il richiamo alla neve?
Non c’è un legame pensato a tavolino, né un messaggio nascosto: c’è la spietatezza della natura che prende il sopravvento. L’abbiamo visto nei mesi del lockdown più duro – a proposito, ci tengo a specificare che ho iniziato a scrivere questo romanzo nell’estate del ’18 e ho concluso la prima stesura poco prima che il mondo collassasse –, abbiamo visto come uno scenario dove gli esseri umani hanno un ruolo marginale cambia forma e aspetto, tornando a essere davvero di tutti. Però devo ammettere che la neve è perfetta per nascondere i segreti.
Con un piede nel bianco della neve e l’altro nel rosso del sangue.
I protagonisti, Sonia e Teo: quanto c’è di Marco bambino, adolescente nel giovane Teo? E quanto invece possiamo rintracciare di lei nella figura di Sonia, sua compagna di avventura?
Anche io, come Sonia, mi addormentavo al suono dell’acqua che cadeva sul mulino quando dormivo dai miei nonni. E anche io, come Teo, cercavo di trovare il mio posto nel mondo a suon di gentilezze verso gli altri. Ma se devo scegliere tra i due, la prima ad avermi fatto visita è stata Sonia Ala: a un certo punto, con gli occhi della scrittura, l’ho vista in uno dei cortili della mia infanzia. E ho capito che aveva a che fare con me.
Bambini vs adulti: due mondi fra loro differenti, contrapposti, ma che si influenzano reciprocamente come per “osmosi”. Secondo lei, che cosa un bambino ha da offrire a un adulto, e viceversa, che cosa un adulto ha da lasciare a un bambino?
Non penso di saper rispondere. Ma posso dire questo: quando alcuni insegnanti hanno iniziato a proporre la lettura di Morsi nelle scuole superiori io ero incredulo e felice. E portare nelle classi Sonia e Teo è stato un confronto emozionante.
Il dolore è un tema universale che domina all’interno del romanzo. Crede che sia una porta aperta da attraversare più volte durante l’esistenza di ciascuno di noi? Ovvero, che rappresenti una condizione umana tanto importante quanto necessaria affinché l’uomo possa definirsi tale, essere in grado di capirsi fino in fondo e di riconoscere il vero significato della vita?
Rifletto da sempre sul dolore, e non smetterò mai di farlo. Il mio precedente romanzo, L’invenzione della madre , aveva al centro i legami familiari pensati in forma di strappo. E con Morsi ho portato avanti questo discorso, quello del dire addio. L’arte del congedo ci accompagna per tutta la vita, anche se nessuno di noi impara mai qualcosa di definitivo in merito.
Ormai era chiaro a entrambi che diventare grandi significa imparare a dire addio.
Il cambiamento: a fine romanzo lei dichiara come per un essere umano crescere rappresenti il “vero orrore”… vuole comunicarci che la sua personale verità risiede nella comprensione profonda e nell’accettazione di tutto ciò che ruota attorno all’atto evolutivo? Il senso della vita per lei è destinato il più delle volte a tingersi di toni cupi, pessimistici e ad essere avvolto da pesanti ombre a cui è impossibile sfuggire?
Non sono detentore di una simile verità, sennò non scriverei.
Magia: sono diversi i passaggi narrativi in cui la si descrive. Che ruolo ha voluto attribuire alle pratiche, per così dire, di “stregoneria” incarnate da nonna Ada quale guaritrice del piccolo paese di Lanzo Torinese? Ritiene che l’uomo senta il bisogno di accostarsi alla verità - sempre che ne esista soltanto una - anche attraverso forme e aspetti etichettati come surreali, magici, esoterici o trascendentali…? O piuttosto, che questo suo intimo bisogno costituisca una via alternativa, una sorta di fuga dalla realtà-verità?
Ricordo che da piccolo, dopo aver riportato delle modeste ferite per una caduta dalla bicicletta, ero stato condotto da una guaritrice di paese. Non credo che le venisse attribuito il titolo di "masca", cioè di strega della tradizione popolare piemontese. Ma mi colpì il modo in cui tutti si rivolgevano a lei, come se potesse leggere nella mente. Ed è un po’ quello che fanno le buone storie, a pensarci bene. Non conosco un demone peggiore di quello letterario.
Potere della Memoria: quanto sono fondamentali per l’uomo i ricordi? Il recupero di ciò che si è vissuto è sempre e comunque fonte di verità, una chiave di lettura capace di completarci e darci un’identità specifica? Oppure, crede che a volte sia un bene la “rimozione” naturale di alcuni ricordi, se fondati sul dolore e sulla sofferenza?
So solo quanto i ricordi sono importanti per me. Dentro di essi si può continuare ad abitare con chi non c’è più.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Marco Peano su “Morsi”: quando crescere diventa il "vero orrore"
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Narrativa Italiana Ti presento i miei... libri News Libri Bompiani Horror e Gotico Marco Peano
Lascia il tuo commento