Foto dalla pagina Facebook Enkel Demi
Tom Kuka, alias Enkel Demi, noto giornalista e conduttore radiofonico albanese, è in libreria con L’Ora del male, un romanzo vincente e avvincente, fatto di Storia e di storie. Un autore eclettico, la cui scrittura di grande rilevanza e profondità, regala all’opera una bellezza unica. Tom Kuka narra dei tempi che non ci sono più, racconta dell’Albania dei suoi avi, attraverso le storie narrate dagli antenati. Il libro è pervaso dalla genuinità tipica di chi è legato alla propria terra e ne parla in maniera schietta, permettendone una conoscenza senza imporre alcun limite. Persona di grande disponibilità, accetta volentieri di rispondere ad alcune nostre domande.
- Da dove nasce l’idea di scrivere L’Ora del male?
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Nasce dalla mia passione per le storie raccontate dagli avi, dalla mia passione per i miti e soprattutto dalla necessità che sento di narrare dell’Albania attraverso queste storie, mescolando dolore, amore, riscatto, sofferenza e mito. Io mi definisco uno "scrittore senza scrupoli", proprio perché descrivo la mia terra per quella che è e soprattutto scrivo per quello che sono. Non ho mai pensato di scrivere per compiacere il lettore italiano. Non avrebbe senso, perché chi legge, in Italia, ha bisogno di leggere di un’Albania vera, non come vorrebbe che fosse, ma esattamente per quella che è. L’Ora del male si apre con l’uccisione di Celo Mezani e quindi con il doloroso e menzognero Canto di Celo Mezani, un lamento famosissimo in Albania. Bisognerebbe provare ad ascoltarlo, anche se ci vuole pazienza, perché è molto lungo; ci si accorge, immediatamente, di tutta quella sofferenza da cui il canto è pervaso. Angoscia, malessere, Amore e poi il mito, L’Ora, che sicuramente è l’emblema del turbamento e della negatività umana, ma rappresenta anche tutte quelle inquietudini radicate nell’animo e nella mentalità di ognuno di noi.
- Su quali testi ha attinto informazioni o si è preparato per scrivere questo libro?
Come ho detto nella precedente risposta, sono affascinato dai miti, dalle vecchie storie e dai racconti dei nonni. Esiste tutta una cultura di sapere popolare a cui mi interesso da sempre, alla quale sento di appartenere e che mi appartiene. Quando mi definisco "uno scrittore senza scrupoli", voglio dire anche questo. Attraverso le narrazioni popolari, che riporto nei miei libri, io cerco di introdurmi in mondi sconosciuti, misteriosi, come quelli legati alla morte, per esempio. Amo molto raccontare restando in bilico tra l’universo della vita e quello della morte. Insomma, queste sono le mie radici, questo è quello che voglio narrare. Quindi, per rispondere alla domanda, non esiste una preparazione circoscritta, si può anche far riferimento a dei testi, ma la voce popolare e la vita, sono i veri unici libri da cui attingo le verità di cui narro.
- Mi spiega il suo concetto di "albanità"?
Albanità, per me è identità e libertà. Sono molto attaccato alle mie radici, alle mie origini e alla Storia del mio Paese. Trovo sia fondamentale che l’Albania ritrovi la propria identità e soprattutto che la conservi gelosamente. Dall’altro canto, credo sia giusto liberare questa identità da concetti vecchi, passati, che ancora oggi, in parte, la costringono in congetture che non servono più. Identità, radici, Storia, sì e sempre, ma anche libertà, perché senza di essa non ci può essere una reale identità.
- Si sente più giornalista o più scrittore?
Non è mai facile rispondere a questo tipo di domanda. Io sono l’uno e l’altro, chiaramente in maniera diversa. Sentirsi più l’uno o l’altro non direi. Parlo e tratto di cose importanti in entrambi i casi, in maniera differente. Entrambi i ruoli mi permettono di comunicare e questo per me è fondamentale, perché se si decide di scrivere, lo si fa per far passare un messaggio, per consegnare qualcosa di importante al lettore. Fare il giornalista, vuol dire anche questo. Quindi, posso dire che mi piace essere l’uno e l’altro.
- In Italia è sempre più conosciuto. In Albania è molto conosciuto e apprezzato. Nota una differenza d’impatto culturale e sociale tra le due nazioni?
Anche questa è una domanda difficile a cui rispondere, ma come sempre preferisco essere onesto e schietto. Io non sono ancora molto cosciente di essere così apprezzato in Italia e questo vale anche per l’Albania, perché tendo a vivere in maniera riservata, nella mia casa, nel mio mondo. Devo ammettere di avere un po’ di timore in merito al "Tom Kuka personaggio", che potrebbe crearsi o che, in qualche modo, si sta già creando. Quello che voglio dire, è che non desidero creare la figura mediatica dello scrittore. Io desidero che vengano apprezzati i miei libri, che venga diffuso il messaggio che vorrei passasse attraverso i miei scritti. Io non desidero che Tom Kuka diventi un altro "Enkel Demi".
La differenza tra le due nazioni sicuramente esiste, come non potrebbe? Parliamo di due Paesi diversi, di due posti che non sono nemmeno paragonabili come grandezza. Farsi conoscere in Italia è un reale impegno; in Albania, per ora, è solo gossip. In questo momento, chiaramente, per me è molto importante essere conosciuto e apprezzato come scrittore in Albania, perché io scrivo in albanese. In verità, se posso permettermi, ritengo l’Italia il mio secondo Paese. Mi ritengo un italianista, apprezzo la cultura italiana, il modo di vivere. Per cui, se la conoscenza di Tom Kuka, in Italia, dovesse andare avanti, così come sta andando, presto potrei essere uno scrittore italo albanese.
- Cosa sta scrivendo?
Sto scrivendo il mio quinto romanzo, ambientato nel periodo dell’assedio di Scutari. Sarà un romanzo d’amore. Altro non posso rivelare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista allo scrittore Tom Kuka, in libreria con "L’Ora del male"
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