Dei 15 sonetti a noi pervenuti di Guido Guinizzelli (o Guinizelli), fra i massimi esponenti della lirica italiana duecentesca, fa parte anche Io voglio del ver la mia donna laudare.
Il tema centrale del componimento è la lode della donna amata, in piena rispondenza ai canoni stabiliti dal Dolce Stilnovo, movimento culturale e letterario di cui Guinizzelli fu il fondatore insieme a Guido Cavalcanti.
Analizziamo approfonditamente il testo.
Io voglio del ver la mia donna laudare: testo e parafrasi
Io voglio del ver la mia donna laudare
ed asembrarli la rosa e lo giglio:
più che stella dïana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.Verde river’ a lei rasembro e l’âre,
tutti color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.Passa per via adorna, e sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ’l de nostra fé se non la crede;e no·lle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
null’om pò mal pensar fin che la vede.
Io voglio lodare la mia donna così come è davvero e paragonarle la rosa e il giglio (n.d.r. evidente riferimento ai colori del viso della donna: rosa e bianco candido): risplende e appare più luminosa della stella del mattino (n.d.r. il pianeta Venere) e io paragono a lei tutte le cose più belle del cielo;
A lei paragono una verde campagna e l’aria, tutti i colori dei fiori, il giallo e il rosso, oro e lapislazzuli e i ricchi gioielli che si possono offrire in regalo: lo stesso Amore per merito suo si perfeziona;
Passa per strada bella e così gentile che libera da ogni orgoglio coloro a cui dona il suo saluto (salute), e se non credono li converte alla nostra fede;
e non nessun uomo si può avvicinare a lei che sia di animo meschino, anzi vi dico che ha un potere (o una virtù) ancora ancora più grande: nessuno che la vede può concepire idee malvagie.
Metrica e figure retoriche
Io voglio del ver la mia donna laudare è un sonetto formato da 14 versi endecasillabi suddivisi in due quartine e due terzine a schema metrico ABAB ABAB CDE CDE.
Nel testo si riscontrano le seguenti figure retoriche:
- sinalefe [es. al verso 3 (splende e), al verso 5 (rasembro e) e al verso 6 (giano e)];
- anastrofe ai versi 1, 3 e 4
- iperbato al verso 5
- personificazione al verso 8
Laudare e vertute sono latinismi, giano è un francesismo.
Analisi e commento del sonetto di Guinizzelli
La tematica di Io voglio del ver la mia donna laudare è quella tipica dello Stilnovismo, ovvero la lode della donna amata, realizzata attraverso i canoni anch’essi caratteristici di questa corrente artistica.
I tratti fisici appena accennati e non pienamente rivelati lasciano intuire una perfetta sintonia con le virtù morali della donna, al contrario ben descritte e apprezzate dall’autore.
La figura femminile, alquanto evanescente dal punto di vista corporeo, si mostra invece in tutta la sua perfezione morale, manifestando doti addirittura soprannaturali e divine.
Un concetto rafforzato dall’uso non casuale del verbo latino salutem dare, che può significare sia "salutare" che "trasmettere salvezza", intesa come quella dell’anima, e che assume, in tale contesto, una evidente connotazione religiosa.
Il saluto ha qui una valenza simbolica, metafisica e salvifica, in quanto è proprio da esso che scaturiscono i pregi di seguito descritti.
La donna di Guinizzelli, fortemente spiritualizzata, è capace di indurre umiltà, convertire alla fede i non credenti, tenere lontano tutto ciò che è abietto e di impedire a chiunque soltanto la guardi di esprimere pensieri bassi.
L’influsso provenzale del Plazer
Nel tema della lode così come viene espresso in Io voglio del ver la mia donna laudare, si riconosce chiaramente l’influsso del plazer, un genere letterario medievale proprio della lirica provenzale ma ripreso anche da diversi poeti italiani dell’epoca.
Dal latino "placere", significa piacere e consiste in un elenco di sensazioni o cose, per l’appunto, gradevoli, positive.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Io voglio del ver la mia donna laudare”: testo, parafrasi e analisi del sonetto di Guido Guinizzelli
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