Sembra quasi un ossimoro L’albero dei poveri, il titolo della poesia - filastrocca di Gianni Rodari che abbiamo scelto di rileggere nei giorni del Natale, quando i nostri alberi, veri o (auspicabilmente) finti che siano, si vestono di colori sgargianti con i loro addobbi colorati, le palline luccicanti e i nastrini ammiccanti, mentre alla loro base straripano i panettoni, i cesti, i torroni e ogni altra leccornia, messa lì per deliziare il palato.
Già dall’inizio di Dicembre, nelle vie principali di ogni città, piccola o grande che sia, è tutto un brulicare di persone affaccendate con pacchetti e regali, macchine incolonnate verso i centri commerciali per fare incetta di cibo, o per concedere anche a noi stessi il dono del quale, in un altro periodo dell’anno, avremmo fatto tranquillamente a meno.
Che poi il Natale celebri la nascita di Cristo a molti di noi poco importa: quello pare essere, almeno agli occhi dei più, solo il pretesto per celebrare la sagra del consumismo, che se la religiosità vacilla almeno spendere la tredicesima e gozzovigliare per qualche giorno in compagnia sarà di sicuro conforto.
In questa filastrocca di Natale, però, Gianni Rodari ci porta a riflettere su una realtà del tutto diversa e quanto mai attuale: da un punto di vista originale, affascinante e al contempo venato di malinconia, ci invita a guardare alla festività più importante della cristianità con lo sguardo dei poveri che compaiono già nel titolo, di chi è lontano dal rarefatto benessere in cui ancora fingiamo di baloccarci noi occidentali, di chi, nella sua quotidianità, è costretto a fare i conti con gli stenti, le mancanze o, ancor peggio, con lo spettro della guerra che si aggira minaccioso negli angoli più remoti del Mediterraneo e lungo i lontani confini della vecchia Europa.
Il maestro di Omegna decide, allora, di dare voce ai bambini, con i quali scelse di dialogare per tutta la sua vita, e in tutta la sua opera, e di rimando anche alle famiglie che con loro condividono il disagio e la sofferenza.
Con i suoi versi semplici e vividi L’albero dei poveri ci suggerisce di riscoprire il vero significato del Natale, di metterci nei panni dei tanti che, ancora oggi, vengono, o stanno, al mondo al freddo di una mangiatoia e, anziché abbandonarsi alle ricchezze del Natale, possono concedersi solo la gratuita bellezza di un sogno.
Questa poesia diventa, allora, un invito non solo a meditare ma anche a prendersi cura di chi ci sta intorno. Se vogliamo vivere degnamente la festa più bella dell’anno, sembra dirci Gianni Rodari, pratichiamo l’empatia: solo mettendo tra parentesi il nostro egoismo e condividendo le nostre grandi o piccole gioie con gli ultimi, gli abbandonati, i bisognosi, riscopriremo il senso profondo di questi giorni che troppo facilmente scadono nel mediocre tentativo di anestetizzarci, per un attimo, dalla realtà.
Riscopriamo, allora, insieme il testo e il significato della poesia L’albero dei poveri di Gianni Rodari.
L’albero dei poveri di Gianni Rodari: il testo della poesia
Filastrocca di Natale,
la neve è bianca come il sale,
la neve è fredda, la notte è nera
ma per i bimbi è primavera:
soltanto per loro, ai piedi del letto
è fiorito un alberetto.Che strani fiori, che frutti buoni
oggi sull’albero dei doni:
bambole d’oro, treni di latta,
orsi dal pelo come d’ovatta,
e in cima, proprio sul ramo più alto,
un cavallo che spicca il salto.Quasi lo tocco… Ma no, ho sognato,
ed ecco, adesso, mi sono destato:
nella mia casa, accanto al mio letto
non è fiorito l’alberetto.Ci sono soltanto i fiori di gelo
sui vetri che mi nascondono il cielo.
L’albero dei poveri sul vetro è fiorito:
io lo cancello con un dito.
Analisi e significato della poesia L’albero dei poveri di Gianni Rodari
Già il titolo della poesia, con la stridente immagine dell’albero dei poveri che associa un’entità per sua natura vocata a produrre frutti, quindi a nutrire e sostenere chi la coltiva o la cura, con chi ha scarse o nulle ricchezze, rivela i protagonisti del componimento: i poveri, genericamente intesi. La mente corre ai deboli, alle persone più umili, a chi è afflitto dalla fame e dalla mancanza di beni materiali ma, per estensione, quei poveri potrebbero essere tutte le persone del mondo che versano in condizioni di difficoltà, chi vive sotto il pericolo imminente di un bombardamento, chi ha perso un lavoro o non ce l’ha, chi è malato e vive sulla propria pelle il dolore, fisico o mentale che sia; i poveri di spirito, anche.
Il primo verso introduce il tema e rivela la natura del componimento, una filastrocca dedicata al Natale. È proprio una descrizione gioiosa di questo evento, quella accolta nei versi successivi: nel freddo di un inverno incantato, per i bambini, protagonisti della poesia, sembra essere la stagione più giocosa e vitale. Anche l’immagine dell’alberetto, che spunta quasi per magia vicino al letto dei bambini, è gioiosa e sorprendente: i piccoli non possono che meravigliarsi per quello strano oggetto, per i suoi fiori insoliti (v. 7), sembra esser stato messo lì proprio per vederli sorridere spensierati, vicino a lui ci saranno presto i tanto attesi giocattoli nuovi, i regali indimenticabili. Lo preannunciano i frutti buoni (v. 7) che l’albero sembra stranamente sostenere, anche in un momento dove risulterebbe più fisiologica la stasi e l’immobilità; lo confermano più convintamente i doni elencati poco sotto (vv. 9,10, 12): la bambola, il trenino, l’orsacchiotto e il cavallino rampante, oggetti quasi desueti oggi, che ci rimandano alla semplicità di un tempo lontano, ma che alludono anche alla capacità di stupirsi che è propria dei bambini: se scegliamo il presente giusto basta davvero poco per farli divertire e renderli felici.
Poi il passaggio alla prima persona (“Quasi lo tocco” v. 13), una sensazione tattile che sembra introdurre una dimensione più individuale e, come confermano i versi successivi, nettamente più malinconica.
Tre puntini di sospensione a sottolineare la distanza con l’incantesimo che si sta per rompere, poi il bagno di realtà (“Ma no, ho sognato” v. 13) che ci riporta repentinamente al triste scenario riservato dal risveglio.
Era solo un sogno, frutto di quella fantasia che è, forse, l’insegnamento più grande che un bambino può dispensare agli adulti che hanno la fortuna di osservarlo (non dimentichiamo che l’autore, lettore attento di Novalis, scrisse anche una Grammatica della fantasia), l’artificio che consente loro di portare dovunque l’allegria, anche quando intorno regna il buio e lo sconforto.
Anziché un alberello fiorito la realtà riserva un’amara sorpresa: gli unici fiori visibili sono quelli disegnati dai cristalli di ghiaccio sui vetri (vv. 17-18), così opprimenti da nascondere il cielo, da mettere tra mettere tra parentesi anche la possibilità di sperare e rallegrarsi.
È questo l’albero dei poveri di cui già il titolo della poesia diceva: un’immagine malinconica che però conserva la sua forza immaginifica, solo grazie alla fantasia quei disegni tracciati sul vetro dal ghiaccio e dal freddo possono essere associati a una pianta.
Nonostante questo, la chiusa è amara e porta con sé tutta la tristezza del disincanto: cancellare le tracce del ghiaccio, la sua presenza visibile significa negarsi la possibilità di giocare con la fantasia. È il presentimento forte, seppur ancora non del tutto consapevole, del bambino, di quanto possa esser complicato fare i conti con la povertà, durante quello che almeno sulla carta avrebbe dovuto essere il momento più bello dell’anno.
Analisi metrica e stilistica della poesia
Anche se in molte versioni il testo viene pubblicato senza righe di separazione, almeno dal punto di vista sintattico possiamo distinguere quattro differenti periodi che realizzano nel componimento una struttura simmetrica. Le prime due strofe sono dedicate all’incanto del sogno e dell’immaginazione; le ultime due al risveglio e alla penosa considerazione della realtà vissuta dal bambino.
I versi, di lunghezza variabile (spesso novenari e decasillabi), seguono il seguente schema rimico: AABBCC DDEEFF GGCC HHII.
Per quanto riguarda le figure retoriche presenti nel testo, osserviamo:
- un’anafora (nei vv. 2 e 3) che sottolinea l’importanza della neve nello scenario invernale e arricchisce l’atmosfera di un elemento eccezionale;
- una similitudine (v. 2) che paragona la neve al sale, come a dire che la neve è il fenomeno naturale che rende speciale il Natale;
- gli enjambement (vv. 5-6 e vv. 15-16), collocati in posizione speculare alla fine della prima e della terza strofa, che, prolungando il significato di un verso in quello successivo, evidenziano prima la sorpresa per un evento quasi magico e, poi, l’amaro disincanto che si prova considerando la realtà;
- frequenti le dislocazioni che collocano spesso i verbi alla fine delle proposizioni e accentuano così la musicalità dei versi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “L’albero dei poveri” di Gianni Rodari: una poesia natalizia per riflettere sulle disuguaglianze
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