Protagonista di L’ombra della paura è l’architetto berlinese Randolph Tiefenthaler, che ha una vita magnifica: adora sua moglie Rebecca e i suoi due bambini. Nasconde alla moglie solo un tradimento, culinario. Va da solo nei migliori ristoranti a caccia anche di selvaggina e altro a duecentocinquanta euro a serata.
Amorevole coi suoi bambini, quell’amore che a lui è mancato, a causa di un padre anaffettivo e amante delle armi.
Tutto fila liscio finché il vicino di casa che sta al seminterrato lascia sulla loro porta le prove in suo possesso che loro abusano sessualmente dei loro bambini.
La moglie di Randolph, Rebecca, ha una crisi di nervi. Sono in un incubo. Vanno subito alla polizia col bigliettino incriminato. Si può fare poco. Tiberius è un uomo non più giovane, ma nemmeno anziano che vive col sussidio di disoccupazione. Il comune gli paga l’affitto. Per ora possono chiedere un ordine restrittivo. Poca roba. Avendo il portone di casa in comune è facile vederlo.
Ma almeno è stato avvisato. Dirk Kurbjuweit a questo punto, aspettando un’altra mossa del vicino, ha l’idea di raccontare Randolph da giovane, le colazioni, le cene e la stanza delle armi del padre, collezionista di pistole, usate al poligono.
Come fratello maggiore Randolph accompagna il padre al poligono di tiro. Ma si vede che lo fa di malavoglia, infatti è una schiappa. Il padre gli dice che sarà paziente e gli insegnerà passo per passo, ma il ragazzo ha deciso di non andare più al poligono di tiro. Il padre è deluso, ma addirittura il ragazzo pensa che vuole sbarazzarsi di lui.
Un romanzo di formazione incasellato in un mistery non è roba di tutti i giorni.
Nel frattempo si ritorna nel 2017.
Tiberius scrive su un biglietto che ha le prove delle molestie sessuali fatte sui bambini. Non si può dire altro. Libro magnifico, ispirato, tradotto benissimo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ombra della paura
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