La Bellezza ritrovata
- Autore: Francesco Di Palo
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Beni culturali ecclesiali, Arte e Architettura sacre, Restauri nella Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano nei dieci anni di magistero episcopale di mons. Felice di Molfetta 2000/2010, Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, Claudio Grenzi Editore, Foggia 2010, pp. 274
Le evidenze storico-culturali e la mole di opere d’arte coinvolte nella pubblicazione di Francesco Di Palo sono concepite con grande lucidità, sin dalle prime pagine, come una grande opera d’arte dedicata a un vescovo – nel decennale del magistero episcopale di mons. Felice di Molfetta –, un’opera d’arte sulla volontà di ri-composizione di un inedito equilibrio e di poliedriche corrispondenze nello scenario artistico, religioso e liturgico diocesano da parte di un vescovo, «fratello, figlio, pastore» (dalla pref. di mons. Nunzio Galantino, p. 8) della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano.
La complessa, contraddittoria e discontinua realtà urbana di Cerignola, nel vertiginoso crogiuolo delle vicende politiche, culturali, sociali, economiche della nazione e del mondo, non ancora sperimenta con coscienza piena la propria identità urbana, nello spazio e nel tempo: una città ora impressionata e straziata, ora impaurita ed emozionata, ora assuefatta ora ferita da quei “vuoti” spirituali, morali e culturali, oltre che materiali, architettonici, riconoscibili anche dal punto di vista tipologico e morfologico, che appaiono come sparsa animæ fragmenta di uno spazio sfuggente, che ospita, spesso in modo inefficace, insensibile e superficiale, le forme di una città postmoderna fragile e sempre più espressione della prepotenza di un individualismo imperante.
Già dalla lettura dei primi capitoli del volume, ho avvertito la pienezza di un vuoto colmato, come stimolo autentico attraverso cui ri-costruire i frammenti della città e del suo territorio. Il vuoto come radice della conoscenza e della partecipazione solidale, il vuoto come un’occasione irrinunciabile per ricostruire tanto il significato, la struttura, l’architettura e la cultura della bellezza quanto lo scenario urbano stravolto spesso e volentieri dalla “disattenzione”. Il vuoto, come spazio della “rappresentazione culturale” tanto della collettività quanto dell’individuo.
L’episcopato di don Felice è stato tutto orientato alla colmatura di quel vuoto e alla ri-scoperta della bellezza autentica dell’arte e della cultura più in generale, oltre che di una rivalutazione del vivace passato, attraverso l’azione personale e intensa del restauro, del rinnovamento, della riorganizzazione degli spazi sacri e dei beni culturali ecclesiali.
La condizione di genericità, incompiutezza e alterazione di numerose opere d’arte ecclesiastiche ha stimolato nel vescovo don Felice il potente gesto teologico del restauro, della restituzione di dignità ad architetture, suppellettile liturgica, statue lignee, icone, affreschi, opere di gusto devozionale e di matrice confraternale di grande pregio, la cui paternità svela spesso personalità di un certo rilievo e presentano un gesto creativo caratterizzato soprattutto da profonda devozionalità e dalla volontà di coinvolgere i fedeli.
Il volume dedicato al magistero di don Felice fa combaciare un’infiammata consapevolezza storica ad un riconoscimento della nostra più intima identità culturale, marciando di pari passo con la conoscenza e la conservazione delle testimonianze più autentiche del nostro passato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La Bellezza ritrovata
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