La Pentecoste, l’ultimo degli Inni Sacri scritti da Alessandro Manzoni, ebbe una lunga gestazione: il componimento fu iniziato nel 1817 e concluso solamente nel 1822. In questo canto l’autore celebra il miracolo della discesa dello Spirito Santo in chiave umana e non divina, ribadendo l’importanza dell’evento nella creazione della comunità della Chiesa Cattolica.
Attraverso i sei componimenti de Gli Inni Sacri, lo scrittore milanese Alessandro Manzoni propone un’analisi delle principali festività cattoliche, tra cui figura anche lo scenario successivo alla ricorrenza pasquale, ovvero La Pentecoste (che deriva dal greco Pentekosté e significa “cinquantesimo”), che celebra la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli avvenuta proprio cinquanta giorni dopo la Pasqua. Quest’opera ebbe un’importanza significativa anche per Manzoni stesso: l’autore la iniziò nel 1817, la interruppe, poi la riprese nel 1819 e infine la concluse nel 1822 dopo aver recuperato la fede che aveva smarrito. Forse proprio per queste ragioni l’inno, nonostante si chiuda con un’invocazione simile a una preghiera, non assume toni cattedratici o evangelizzatori, ma si propone come un canto profondamente umano. Nel finale, altamente lirico, Manzoni richiama la discesa dello Spirito Santo sugli uomini perché possa nuovamente liberarli da tutti i mali.
Scopriamone testo, analisi e commento.
“La Pentecoste” di Alessandro Manzoni: testo e parafrasi
Madre de’ Santi, immagine
Della città superna;
Del Sangue incorruttibile
Conservatrice eterna;
Tu che, da tanti secoli,
Soffri, combatti e preghi;
Che le tue tende spieghi
Dall’uno all’altro mar;
Oh, Chiesa del Paradiso, custode eterna del Sangue immortale di Cristo, tu che da tanti secoli soffri, combatti e preghi, che estendi il tuo operato da un oceano all’altro del globo terrestre.
Campo di quei che sperano;
Chiesa del Dio vivente;
Dov’eri mai? qual angolo
Ti raccogliea nascente,
Quando il tuo Re, dai perfidi
Tratto a morir sul colle,
Imporporò le zolle
Del suo sublime altar?
Regno di coloro che sperano nella salvezza eterna, Regno del Dio Vivente, dove ti trovavi mai? Quale angolo nascosto ti raccoglieva nascente quando il tuo Re fu portato da uomini malvagi a morire sul Golgota e tinse la terra con il sangue del suo sacrificio?
E allor che dalle tenebre
La diva spoglia uscita,
Mise il potente anelito
Della seconda vita;
E quando, in man recandosi
Il prezzo del perdono,
Da questa polve al trono
Del Genitor salì;
E solo allora che usciva dalle tenebre della morte il corpo sublime di Cristo emise il potente respiro della sua seconda vita. E offrendo sé stesso in cambio del perdono di tutti gli uomini ascese da questa terra al Regno dei cieli di Dio padre.
Compagna del suo gemito,
Conscia de’ suoi misteri,
Tu, della sua vittoria
Figlia immortal, dov’eri?
In tuo terror sol vigile,
Sol nell’obblio secura,
Stavi in riposte mura,
Fino a quel sacro dì,
Compagna del suo dolore, consapevole dei suoi misteri, tu Chiesa, figlia della sua vittoria immortale, dove ti trovavi? Stavi rinchiusa nelle tue paure, sola nella sicura dimenticanza delle protette mura del cenacolo, fino al giorno sacro della Pentecoste.
Quando su te lo Spirito
Rinnovator discese,
E l’inconsunta fiaccola
Nella tua destra accese;
Quando, segnal de’ popoli,
Ti collocò sul monte,
E ne’ tuoi labbri il fonte
Della parola aprì.
Quando su di te scese lo spirito del rinnovamento e accese nella tua mano destra la fiaccola consunta della Fede. Quando lo Spirito Santo ti collocò in alto sul monte come segnale per i popoli e schiuse dalle tue labbra la sua parola per i popoli.
Come la luce rapida
Piove di cosa in cosa,
E i color vari suscita
Dovunque si riposa;
Tal risonò moltiplice
La voce dello Spiro:
L’Arabo, il Parto, il Siro
In suo sermon l’udì.
Come la luce velocemente colpisce ogni cosa su cui si sofferma, illuminandola di vari colori, così la voce dello Spirito Santo risuonò attraverso le bocche degli apostoli nelle voci più diverse per tutti i popoli: gli arabi, i parti, i siri, ciascuno la udì.
Adorator degl’idoli,
Sparso per ogni lido,
Volgi lo sguardo a Solima,
Odi quel santo grido:
Stanca del vile ossequio,
La terra a LUI ritorni:
E voi che aprite i giorni
Di più felice età,
Oh, uomo adoratore di falsi dei, sparso per tutta la terra, rivolgi il tuo sguardo verso Gerusalemme. Ascolta quel santo grido dello Spirito Santo: la terra, stanca dell’adorazione vigliacca a falsi idoli, torni ad adorare Cristo e voi madri delle generazioni future aprite il cammino a una più felice età.
Spose, che desta il subito
Balzar del pondo ascoso;
Voi già vicine a sciogliere
Il grembo doloroso;
Alla bugiarda pronuba
Non sollevate il canto:
Cresce serbato al Santo
Quel che nel sen vi sta.
Oh giovani spose che siete state risvegliate dal movimento inatteso del bambino che portate in grembo, ormai prossime al parto. Non rivolgetevi a Giunone bugiarda, perché il figlio che portate in seno è già consacrato alla parola di Dio.
Perché, baciando i pargoli,
La schiava ancor sospira?
E il sen che nutre i liberi
Invidïando mira?
Non sa che al regno i miseri
Seco il Signor solleva?
Che a tutti i figli d’Eva
Nel suo dolor pensò?
Perché la schiava sospira baciando i propri figlioli? E guarda con invidia le altre donne libere che nutrono i propri figli? Non sa che al Regno dei Cieli il Signore porta con sé proprio i poveri e gli umili? E pensò a tutti gli uomini, figli di Eva, nel dolore del suo sacrificio?
Nova franchigia annunziano
I cieli, e genti nove;
Nove conquiste, e gloria
Vinta in più belle prove;
Nova, ai terrori immobile
E alle lusinghe infide,
Pace, che il mondo irride,
Ma che rapir non può.
I cieli annunciano una nuova libertà e un’umanità rinnovata. Ci saranno nuove conquiste e una gloria raggiunta attraverso più belle prove; una gloria insensibile alle minacce e alle lusinghe. Una nuova pace che il mondo può deridere, ma non potrà mai rapire.
O Spirto! supplichevoli
A’ tuoi solenni altari;
Soli per selve inospite;
Vaghi in deserti mari;
Dall’Ande algenti al Libano,
D’Erina all’Irta Haiti,
Sparsi per tutti i liti,
Uni per Te di cor,
Oh, Spirito Santo! Noi ti supplichiamo inginocchiati ai tuoi altari solenni, soli nelle foreste inospitali, errabondi per i mari deserti, dalle gelide Ande al Libano, dall’Irlanda all’isola di Haiti, siamo sparso per tutte le terre ma uniti a te dal medesimo sentimento.
Noi T’imploriam! Placabile
Spirto, discendi ancora,
A’ tuoi cultor propizio,
Propizio a chi T’ignora;
Scendi e ricrea; rianima
I cor nel dubbio estinti;
E sia divina ai vinti
Mercede il vincitor.
Noi ti imploriamo Spirito Santo, perché tu discenda ancora disposto al perdono, discendi benevolo sui tuoi fedeli e sii propizio anche a chi non ti conosce. Scendi dal cielo e rigenera, rianima i nostri cuori uccisi dal dubbio. E che lo Spirito Santo sia di conforto e divina ricompensa per coloro che si sono lasciati vincere dalla fede.
Discendi Amor; negli animi
L’ire superbe attuta:
Dona i pensier che il memore
Ultimo dì non muta;
I doni tuoi benefica
Nutra la tua virtude;
Siccome il sol che schiude
Dal pigro germe il fior;
Scendi spirito d’amore negli animi e placa le ire dei superbi, donaci i pensieri giusti che nel giorno della morte non siano rinnegati. Quando si ricorda la tua forza nutra e rafforzi i tuoi doni, come la luce del sole fa germogliare il fiore dal pigro seme.
Che lento poi sull’umili
Erbe morrà non colto,
Nè sorgerà coi fulgidi
Color del lembo sciolto,
Se fuso a lui nell’etere
Non tornerà quel mite
Lume, dator di vite,
E infaticato altor.
Il fiore che morirà senza essere stato colto, che non si innalzerà al cielo con la corolla aperta, se non tornerà a splendere su di lui il mite raggio solare che dà la vita e instancabile continua ad alimentarla.
Noi T’imploriam! Ne’ languidi
Pensier dell’infelice
Scendi piacevol alito,
Aura consolatrice:
Scendi bufera ai tumidi
Pensier del violento:
Vi spira uno sgomento
Che insegni la pietà.
Spirito, noi ti imploriamo! Discendi nei pensieri degli infelici, scendi come una brezza consolatrice, sii come una bufera che soffia sui pensieri pieni d’ira del violento e ispira in essi un turbamento che insegna la pietà.
Per Te sollevi il povero
Al ciel, ch’è suo, la ciglia,
Volga i lamenti in giubilo,
Pensando a Cui somiglia:
Cui fu donato in copia,
Doni con volto amico,
Con quel tacer pudico,
Che accetto il don ti fa.
Il povero possa alzare gli occhi al cielo, scoprendo che gli appartiene, e mutare i suoi lamenti in grida di gioia, pensando a colui cui assomiglia (il Cristo).
Colui a cui è stata donata ricchezza in abbondanza rivolga un volto amico e doni con animo lieto, con la riservatezza che rende ben accetto il dono.
Spira de’ nostri bamboli
Nell’ineffabil riso;
Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso;
Manda alle ascose vergini
Le pure gioie ascose;
Consacra delle spose
Il verecondo amor.
Spirito Santo rivelati nei volti sereni dei nostri bambini, spargi il rossore sui volti pudici delle fanciulle, manda alle vergini nascoste le gioie interiori e spirituali della vita contemplativa, consacra l’amore pieno di vergogna delle spose.
Tempra de’ baldi giovani
Il confidente ingegno;
Reggi il viril proposito
Ad infallibil segno;
Adorna le canizie
Di liete voglie sante;
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor.
Modera l’ingegno forte dei giovani troppo superbi, mantieni i propositi degli uomini verso una meta sicura. Abbellisci la vecchiaia con desideri lieti e puri, infine risplendi nello sguardo vacuo di chi muore sperando nel Regno dei Cieli.
“La Pentecoste” di Alessandro Manzoni: analisi e commento
Con un’apostrofe Manzoni trasforma la discesa dello Spirito Santo sulla terra in una cerimonia collettiva. L’inno si rivolge a un destinatario plurale, a un esplicitato Noi, ovvero a tutta l’umanità ricordando l’unione sacrale tra divino e terreno.
La prima parte dell’inno è dedicata all’origine della Chiesa, intesa come comunità cristiana. È proprio la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli a istituire la comunità di fedeli che porterà la parola di Cristo attraverso i continenti, viaggiando per mare e per terra, parlando lingue straniere diverse e nuove. Al principio del poema Manzoni ci descrive una chiesa impaurita che, dopo la terribile morte di Cristo in croce, teme di mostrarsi, ma in seguito decide di muoversi e predicare la Parola divina attraverso le voci degli apostoli.
In seguito Manzoni ci descrive gli effetti dello Spirito Santo sui popoli, la capacità di portare gioia e rinnovamento e liberare dalla falsa credenza pagana negli Dei. Il termine “Nuovo” in questa sezione viene ripetuto spesso e ha una funzione chiave nel sottolineare il rinnovamento operato dallo Spirito sugli uomini.
Infine si apre la parte più lirica del canto che Alessandro Manzoni decide di concludere come una preghiera accorata rivolta allo Spirito Santo. L’autore si appella allo Spirito perché discenda di nuovo sulla terra purificando gli animi, liberando dai peccati e facendo comprendere a tutti il valore della dimensione umana. L’ultima strofa è la più toccante, in cui Manzoni si rivolge a tutti gli uomini, giovani e vecchi, affinché possano ritrovare la pace attraverso la Fede e sappiamo guardare persino attraverso la morte con gli occhi scintillanti di speranza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La Pentecoste”, l’inno sacro di Alessandro Manzoni: testo e analisi
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