La poesia di Cristina Campo è onirica e visionaria come un quadro di Kandinsky: le parole si rincorrono come le linee variopinte sulla tela e sembrano dischiudere il presagio di mondi immaginari in cui non c’è spazio per l’umano.
Ci sono due mondi - e io vengo dall’altro.
Questa la frase, tratta da Diario bizantino, più di tutte identifica l’essenza della poetessa del Novecento. Definita non a caso una “tessitrice di inesprimibile” da Guido Ceronetti.
Una frase semplice, nuda, essenziale, che sembra provenire direttamente dagli abissi dell’essere: e in quanti lettori si sono riconosciuti in questo “senso di non appartenenza” che Cristina Campo ha sdoganato dalla sua innata individualità. Il parallelismo tra i due mondi è metafora della dualità tra corpo e anima, indica il prevalere del sentire mistico-metafisico su quello tattile-razionale-concreto.
È una frase che attraversa il tempo e lo spazio e sembra avvolgere ogni coscienza con un barlume di consapevolezza, diventando così l’emblema di un destino.
La stessa impalpabile sensazione di “non appartenenza” viene evocata dai versi di Cristina Campo che sembrano provenire da un’area remota quasi mistica - hanno la stessa sostanza dei sogni, delle profezie, delle preghiere -
Tra le liriche più famose di Cristina Campo si cita spesso La Tigre Assenza, un componimento breve, ma significativo, che colpisce sin dal titolo così perfetto, incisivo, assoluto.
La poesia apparve per la prima volta nella raccolta Poesie sparse, in seguito fu riedita con il titolo omonimo La Tigre Assenza (Adelphi, Milano, 1991) in un’edizione curata da un’amica di Cristina Campo, Margherita Pieracci Harwell.
Non è una lirica di facile lettura, può essere accostata, per l’appunto a un quadro di Kandisky. È una poesia sul dolore e sulla memoria che nel finale sfuma nel tono accorato di una preghiera. Ma cosa significa l’espressione che dà il titolo alla poesia, “tigre assenza”? Cosa vuole rappresentare?
Scopriamone testo, analisi e commento.
“La tigre assenza” di Cristina Campo: testo
Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…
“La tigre assenza” di Cristina Campo: analisi e commento
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Nell’originale la poesia La Tigre Assenza contiene un sottotitolo in latino: Pro patre et matre che dà al testo la forma di una preghiera, o forse di un’orazione funebre.
Come preannuncia la didascalia, la poetessa dedica i suoi versi ai genitori defunti, ai “ragazzini” come lei era solita chiamarli con giocosa affettuosità.
La Tigre Assenza evocata sin dal titolo è l’immagine, più straziante e rappresentativa, del dolore. L’espressione viene ripetuta varie volte nello svolgersi della lirica proprio per evocare quell’assalto, violento e irreparabile, che è la mancanza di una persona amata. L’assenza ci insegue, ci accompagna, siede accanto a noi, ma non è una compagnia dolce e consolatoria, al contrario, è ingombrante e feroce come una tigre pronta in ogni istante ad aggredirci.
La tigre diventa per Cristina Campo la personificazione simbolica - e concreta - di un vuoto evocato appunto con un termine astratto come “l’assenza”. Secondo alcuni critici la scelta non è casuale, in quanto la tigre nella psicologia junghiana giunge a designare “l’Anima” della persona.
La tigre con le sue fauci esprime tutta la ferocia del dolore che, sottoforma di pianto, divora il volto della poetessa. Solo un tratto del viso viene risparmiato da questa furia distruttiva: la bocca, che viene definita con due aggettivi “sola” e “pura” venendo a identificare lo specchio dell’identità.
Assieme alla bocca vengono risparmiate le labbra che consentono l’articolarsi della voce.
Proprio da queste labbra, risparmiate dall’assalto della tigre, si leva infine l’accorata preghiera dell’Io lirico che è tutto ciò che le consente di restare in contatto - come attraverso un filo invisibile - con i cari genitori defunti. La supplica articolata dalla voce dolente è che non venga meno questo legame tra i due mondi, stabilito attraverso l’invocazione.
La poesia ha una struttura circolare: l’invocazione rivolta ai genitori - o amati - si ripete infatti due volte, in apertura e in chiusura. Grazie alla sua peculiare struttura La Tigre Assenza può essere letta alla stregua di un canto infinito, incessante, interminabile come suggeriscono i puntini di sospensione nel finale che indicano che potrebbe proseguire infinitamente. I termini “bocca”, “preghiera”, “ancora” si ripetono come in una nenia che vorrebbe addormentare il dolore.
Una preghiera, dunque, che innesca un’altra preghiera chiesta, stavolta, al regno dei Morti. I due mondi paralleli e per sempre divisi si uniscono attraverso il magnetismo della voce che, come un canto di sirene, esercita il suo sortilegio “di pregare ancora”.
I versi di Cristina Campo sembrano trascendere la materialità del mondo fisico per raggiungere la dimensione di “un Altrove” che non ci è mai parso così tangibile. La prova che quel mondo “altro” non è forse così lontano dal nostro sentire.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La Tigre Assenza” di Cristina Campo: analisi e significato della poesia
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