Sabina Spada è nata a Busto Arsizio, in provincia di Varese, nel 1970. Laureata in Filosofia alla Statale di Milano e diplomata a Londra in danza contemporanea, è giornalista professionista. Esperta di arte contemporanea, ne ha scritto su Tema Celeste, Viaggiesapori, V&S, Espansione, L’Unione Sarda, Casaviva, La Cucina Italiana, Rolling Stone, Schoner Wohnen. In questo periodo lavora nella redazione del settimanale Intimità e collabora con il mensile Arte.
Photo credit: Michele Bella
Nel suo romanzo d’esordio La casa trasparente (Cairo Editore, 2013) l’autrice descrive come la vita possa cambiare all’improvviso. C’è un prima e un dopo nell’esistenza di Ilaria il cui spartiacque è rappresentato da un mercoledì di giugno, uguale a tanti altri. Ma non sarà così.
“Sono le sette. Le ultime parole che Paolo abbia pronunciato. Le più banali, quelle che Ilaria ricorderà per sempre”.
Sabina Spada si rivela brava cronista dalla penna delicata nel raccontare come un progetto di vita a tre di una famiglia felice possa nel giro di un istante naufragare per sempre.
“Ilaria ha perso il marito, Chiara il padre. Consolazioni non ce ne sono”.
- “È una casa così trasparente l’assenza che senza vita io ti vedrò vivere e se soffri, amore mio, morirò nuovamente”. Sabina, per quale motivo ha scelto come esergo del romanzo un verso tratto da un sonetto di Pablo Neruda?
Il romanzo racconta la storia di Ilaria, una giovane donna che si trova ad affrontare una perdita gravissima: una mattina qualsiasi, suo marito, giovane e sano, che le dorme accanto, muore improvvisamente. Le parole di Neruda alludono all’assenza, che lui descrive ricorrendo alla metafora di una casa trasparente. Nel sonetto che ho scelto come esergo e che dà il titolo al libro, il poeta immagina che chi è morto inviti la sua amata a continuare a vivere senza soffrire:
“Non voglio che vacillino il tuo riso né i tuoi passi, non voglio che muoia la mia eredità di gioia”.
È un’esortazione a non lasciarsi andare, ad accettare l’assenza, con la consapevolezza che chi non c’è più non smetterà di guardare l’amata attraverso le pareti trasparenti.
- Ha paragonato il dolore a “un campo minato”. Desidera chiarire la Sua riflessione?
Dopo la morte del marito, Ilaria si ritrova sola nella casa che è stata la loro, quella dove hanno vissuto la loro vita insieme. Gli oggetti che erano del marito, utilizzati da lui fino al giorno prima, appaiono immediatamente assurdi nella loro improvvisa inutilità. Allo stesso tempo, conservano ancora i segni della sua vita, trattengono persino la forma, gli odori del marito. Questa consapevolezza fa sì che Ilaria li viva come se fossero esplosivi, pronti a riaprire in lei baratri di sofferenza. L’intero percorso per affrontare il dolore è minato da situazioni, incontri, oggetti che impediscono anche i più piccoli passi avanti della protagonista.
- “Alla morte non c’è soluzione, indietro non si torna, è la fine di ogni possibilità. Non c’è più niente nella sua vita che possa rimanere uguale a prima. Lei è già un’altra donna, la sua esistenza tutta da ricostruire”. In questa frase traspare un forte senso di ineluttabilità ma anche una nota di necessaria speranza. Ce ne vuole parlare?
Più che di speranza, si tratta di una necessità: se Ilaria non vuole farsi schiacciare dal peso di quello che è successo, è obbligata a ricostruirsi un’esistenza. Il che non significa che debba mettere da parte la morte del marito e rimuovere la sofferenza, ma piuttosto che deve ripartire da lì per un tentativo di nuova serenità.
Desidera approfondire il pensiero di un personaggio che dice “la morte non esiste, perché non è che un passaggio, un cambiamento di stato. La morte esiste soltanto per i vivi, che ne percepiscono la portata traumatica, dolorosa, inspiegabile”?
Il personaggio che si fa portatore di queste riflessioni ha vissuto un’esperienza di pre-morte e cioè ha potuto osservare tutte le esperienze della sua vita da un punto di vista extra-corporeo. Per questo ritiene che la morte sia soltanto il passaggio in un’altra dimensione. Ovviamente non è un’ipotesi verificabile, ma per Ilaria, che ha bisogno di trovare un senso e di convincersi che non tutto è finito, quel pensiero è di grande valore consolatorio.
- “Paolo non è più con loro, né ci sarà mai più. Questo è quanto”. Si può uscire da un dolore così devastante e quanto è importante un figlio per uscire da questo “gorgo energetico da cui diventa difficilissimo tirarsi fuori”?
Non si esce da un dolore tanto forte. Tutt’al più, si impara a conviverci: il dolore diventa un compagno di strada, talvolta persino una guida preziosa che orienta i passi futuri. E un figlio rappresenta esattamente il futuro verso cui muoversi. La figlia di Ilaria, Chiara, ha solo due anni quando il padre muore e, con la sua curiosità infantile e i suoi bisogni di bambina, costringe la madre a stare con i piedi per terra, ad alzarsi ogni mattina e persino a sorridere ogni tanto. Per spiegare alla figlia che cosa è successo al padre, inoltre, Ilaria è costretta lei stessa a fare i conti con la “semplicità” della morte come fatto biologico: con sua figlia non può che usare parole facili, dirette e concrete.
- Collabora con il mensile Arte. Scelga per noi una città d’arte che ospita una mostra assolutamente imperdibile da visitare durante un weekend di primavera.
A proposito di quanto dicevo nella precedente risposta, Bruno Munari ha scritto che
“Complicare è facile, semplificare è difficile. Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità”.
Accanto alle sue illuminanti riflessioni sull’arte, aveva capito più di ogni altro che, per costruire un futuro migliore, è necessario concentrarsi sui bambini. Una mostra a lui dedicata, “Munari Politecnico”, apre il 6 aprile al Museo del Novecento di Milano ed è da vedere.
- Sabina, Lei lavora nella redazione del settimanale Intimità nato nel 1946 e letto da centinaia di migliaia di affezionate lettrici. Qual è il segreto del successo costante di questa storica rivista in controtendenza rispetto al calo di vendite delle riviste e stampa in generale?
Intimità propone ogni settimana storie di vita vera di donne che assomigliano molto a chi legge. L’immedesimazione è uno dei meccanismi che credo facciano sentire le nostre lettrici molto vicine al giornale, perché noi tutti, in quanto essere umani, siamo il risultato della nostra storia personale e amiamo conoscere quelle degli altri: sono storie che potrebbero sicuramente essere le nostre.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La casa trasparente: intervista a Sabina Spada
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