Hitchcock. La donna che visse due volte
- Autore: Roy Menarini
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2023
La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) è uno dei film più complessi di Alfred Hitchcock. Lo è in quanto costellato di simboli, e in quanto contenitore ideale di teoria e prassi della suspense cinematografica. Si vada, come primo esempio, alla sequenza del museo: dalla soggettiva di Scottie (che è la soggettiva dello spettatore) si vede Kim Novak di spalle, osservare un dipinto inquadrato frontalmente. Attraverso la divaricazione visiva di un’immagine fissa contenuta in un’immagine in movimento, il "quadro nel film" richiama la dimensionalità contigua vita/morte.
Inoltre: gli specchi presenti in un numerose scene, metaforizzano il doppio personologico; il motivo ricorrente della spirale, oltre che nei titoli di testa, si ritrova ancora nello chignon di Madeleine come nei cerchi concentrici del tronco di una sequoia, nella scala a chiocciola del campanile della missione, persino negli incubi di Scottie ricaduto nella sua patologia vertiginosa.
Do per scontato che conosciate la trama a sostegno di queste simbolizzazioni formali: dopo un’accoglienza in sordina, Vertigo è oggi ritenuto, a ragione, tra i migliori film della storia del cinema. La traduzione analitica che ne offre Roy Menarini Hitchcock: La donna che visse due volte (Carocci, 2023) costituisce un’occasione d’oro per accedere al tessuto semantico e contenutistico della pellicola: in bilico tra onirismi e/o nevrotismi, goticismi, noir e realismo, La donna che visse due volte è un labirinto circolare in cui è facile smarrirsi; Menarini ne disvela invece le stratificazioni, giungendo in surplace ai nuclei costitutivi del capolavoro.
Il film sarebbe, secondo molti commentatori, qualcosa di simile al sogno, sospeso tra reale e onirico, conturbante proprio per il modo in cui (…) abbiamo la sottile sensazione di aggirarci in un mondo irrazionale e tendente alla fantasticheria. Pur essendo un racconto che, dal punto di vista della trama offre via via una spiegazione plausibile a tutti i misteriosi avvenimenti che si srotolano sotto i nostri occhi, La donna che visse due volte dà allo spettatore una sensazione opposta: man mano che la storia procede, le nostre certezze si sgretolano, i dubbi aumentano, la sensazione di osservare un ‘teatro mentale’ si accresce. Questa straordinaria tensione, solo apparentemente contraddittoria, è stata forse il motivo dell’iniziale spiazzamento degli spettatori e dei critici, al momento dell’uscita del film, mentre si è rivelata, alla lunga, la formula chimica vincente per come ha affascinato chi lo ha visto successivamente.
Muovendo dalla genesi e dai punti di contatto e dissomiglianza col romanzo ispirativo, ripercorrendone la sinossi, confrontandosi con gli studi effettuati sulla pellicola, il critico cinematografico ne evidenzia lo spessore e l’incidenza che ha avuto - e ha - sui cineasti, specie se frequentanti il piano viscido del giallo introspettivo.
Per chiudere con un discorso sulla materia di cui è composta la tensione cinematografica: le dichiarazioni che seguono risalgono alla lunga intervista rilasciata a Francois Truffaut per il libro Il cinema secondo Hitchcock.
Esplicano nel migliore dei modi filologia e senso della suspense come meglio non si potrebbe:
La differenza tra suspense e sorpresa è molto semplice (…) Tuttavia nei film c’è spesso confusione tra queste due nozioni. Noi stiamo parlando, c’è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale tutt’a un tratto: boom, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è sta mostrata una scena assolutamente normale, priva di interesse. Ora veniamo al suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l’anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza -: la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: ’Non dovreste parlare di cose così banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro’. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo caso gli offriamo quindici minuti di suspense.
Questa e numerose altre declinazioni del e sul cinema di Alfred Hitchcock sono il valore aggiunto al tessuto connettivo di un saggio imprescindibile, viaggio tassonomico all’interno delle "vertigini" di La donna che visse due volte. E non solo.
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