La parrucchiera di Kabul
- Autore: Deborah Rodriguez
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
Debbie vive nel Michigan ed è una parrucchiera. Non un dottore, un’infermiera, una psicologa, un dentista. Semplicemente una parrucchiera. Sembra un controsenso o comunque una cosa ridicolmente inutile che una persona che fa questo mestiere venga inviata a Kabul con una missione umanitaria per aiutare la popolazione provata dalla guerra e dal regime dei talebani. La stessa Debbie, all’inizio, si è chiesta cosa debba fare in un Paese dove la gente aveva bisogno di tutto tranne che di frivolezze. E invece, in Afghanistan, Debbie ha saputo rendersi estremamente utile, e la sua esperienza è stata talmente straordinaria da spingerla a scrivere questo libro. Debbie, infatti, non è un personaggio di fantasia, ma è l’autrice del libro, Deborah Rodriguez, che racconta in prima persona la sua storia così unica e speciale.
Certamente Debbie non è arrivata in Afghanistan per caso. Già da diverso tempo aveva preso contatto, negli Stati Uniti, con delle associazioni umanitarie, cercando un modo di sentirsi davvero utile al di là della sua solita vita quotidiana. Proprio in questo ambiente aveva conosciuto il suo secondo marito, apparentemente un uomo buono ed altruista, che in realtà si era poi rivelato un violento, un pazzo di gelosia. Proprio dall’inferno che era diventato il suo matrimonio, Debbie aveva avuto la spinta definitiva per accettare di partire per l’Afghanistan: la sua destinazione, racconta, le faceva molta meno paura di suo marito.
Così Debbie, dopo avere seguito il corso di addestramento, è arrivata in Afghanistan. Com’è normale, i primi giorni sono stati estremamente duri per lei; non tanto per l’adattamento a condizioni di vita e di igiene tanto diverse dalle nostre, quanto per il sentirsi sminuita in mezzo alla folla di specialisti arrivati dall’America insieme a lei. Ha trascorso giorni e giorni a rincorrere qualsiasi incarico si sentisse in grado di svolgere pur sentirsi utile, domandandosi per quale motivo le avessero permesso di far parte di quella spedizione.
La risposta arriva durante la prima riunione, in cui è presentata agli attivisti già presenti in loco: l’esplosione di entusiasmo che ha seguito l’annuncio della sua qualifica professionale l’ha lasciata a bocca aperta per la meraviglia e per il sollievo.
Già dopo pochi giorni dal suo arrivo, Debbie ha quindi imparato la sua prima lezione, rendendosi conto che proprio in condizioni di vita estreme e disperate come quelle che aveva trovato, proprio in una situazione di povertà, schiavitù e disperazione, c’era più che mai bisogno di frivolezze. La semplice possibilità di farsi pettinare e truccare rappresentava per le donne straniere un importantissimo sollievo ed un aiuto per sopportare la situazione, mentre per le afghane, anche nascondendo poi il tutto sotto il burqa, prendeva quasi l’aspetto di una conquista, una conferma, una ribellione, un affermazione di se stesse.
Ma Debbie non aveva certo intenzione di fermarsi qui: il suo progetto era aprire una scuola per parrucchiere per poter dare alle donne che lo desiderassero la possibilità di imparare un mestiere e costruirsi un futuro indipendente. Con molto impegno e qualche difficoltà il progetto si è concretizzato e la scuola ha raccolto in poco tempo molte più adesioni di quelle che fosse lecito sperare. Questo ha permesso a Debbie di venire in contatto con donne di varia provenienza ed estrazione e con le loro storie, ciascuna diversa dalle altre, storie di oppressione e ribellione, alcune a lieto fine e alcune meno. Come quella di Roshanna, la sua migliore amica, sposa non vergine a causa di una violenza (in Afghanistan la donna è comunque colpevole in questi casi): Debbie ha dato letteralmente il suo sangue per salvarla dal disonore. O come quella di Nahida, sposata con la forza ad un talebano, che ha trovato nella scuola ed in una tardiva complicità con la prima moglie di lui la strada per la propria liberazione. Come quella di Hama, plagiata da un amico di famiglia, precipitata nel baratro malgrado i disperati tentativi di Debbie di salvarla. O quella della triste e bruttina Shaz, folle d’amore per un uomo che non era suo marito, incurante del rischio mortale di questo amore e pronta a compromettere anche le ragazze della scuola pur di favorire il suo amante in qualsiasi modo.
La volontà di Debbie di aiutare in ogni modo il riscatto di queste donne le ha reso molto difficile accettare la differenza di mentalità ed il fatto che, spesso, sono le stesse donne a crearsi da sole degli ostacoli alla propria liberazione, oppresse da usanze e regole che non osano neppure mettere in discussione, ma che accettano come naturali ed imprescindibili. Significativo è l’imbarazzo che Roshanna ha provato quandoDebbie si ribella apertamente alle carezze non gradite subìte da uno sconosciuto. Condizionamenti millenari dei quali, a ben guardare, ancora oggi possiamo trovare tracce anche nelle donne occidentali, ma che appaiono incredibili e quasi artificiosi pensando che nel passato, nella Kabul degli anni settanta, le ragazze andavano in giro in minigonna esattamente come in Occidente, come ricorda un’amica di Debbie.
Malgrado il divario di mentalità, Debbie si è sempre più legata all’Afghanistan ed a quella che per lei oramai è diventata una missione. Ha addirittura sposato un afghano, un uomo di mentalità comunque aperta e progressista, all’inizio solo per avviare una qualche “ginnastica sessuale” senza avere conseguenze, ma via via affezionandosi sempre di più a lui e al loro rapporto, un ulteriore, forte legame con quella terra che già aveva nel sangue.
Adesso Debbie è tornata nel Michigan, perché, stando alle voci che circolavano, la situazione in Afghanistan non era più sicura per lei. Malgrado però il fatto che i suoi due figli vivano in America, e malgrado il lento ed inesorabile logorio del suo matrimonio, spera da un momento all’altro che si verifichino le condizioni di sufficiente sicurezza che possano permettere il suo ritorno alla sua scuola e a quella che considera la sua seconda patria. Sicuramente Debbie, oltre a contribuire all’emancipazione delle donne afghane con la sua scuola, ci ha regalato una testimonianza importante con questo libro, scritto in modo semplice, diretto, sofferto, senza fronzoli e senza abbellimenti. Un libro che ci insegna come spesso le piccole cose, quelle frivole, stupide, insignificanti, possano acquistare un’enorme importanza nella vita delle persone.
La parrucchiera di Kabul
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Un libro molto toccante, ma anche divertente. Una storia vera raccontata con semplicità e armonia di linguaggio. Parole che mettono il lettore di fronte alla brutalità di una cultura, quella afghana, lontana anni luce dalla nostra. La condizione delle donne, da adolescenti costrette a diventare mogli in cambio di una dote, alle volte molto misera; a spose non amate ma trattate come serve, costrette a nascondersi dietro il burqa. In evidenza la cultura estremamente maschilista del popolo afghano, dove si gioisce alla nascita dell’ erede maschio, che godrà di tanti privilegi in tutta la sua vita di figlio, mentre le donne sono solo merce di scambio. Un libro svelto che si legge tutto d’ un fiato. Divertente quando racconta dei rituali per il matrimonio: nonostante non conoscano il futuro marito, le donne afghane adottano una serie di riti per abbellirsi...tanta bellezza che sarà nascosta dai veli!!! Ma racconta anche di donne forti e coraggiose, pronte a sfidare le dure leggi islamiche per un pò di libertà o amore. Coraggiose come la parrucchiera-autrice-protagonista del libro che lascia il tranquillo Michigan per ritrovare se stessa, aiutando gli altri, in un paese devastato dalla guerra e dalle restrizioni culturali.