Durante l’ultima campagna elettorale non si è mai parlato dei libri, della lettura, dell’importanza di diffondere i libri nelle scuole e di comunicarli attraverso tutti i canali informativi. Perché? Per il semplice fatto che il libro influisce poco sul voto, che i lettori che rappresentano uno zoccolo duro abbastanza fedele non aumentano e dunque non c’è un fenomeno da osservare e da alimentare o influenzare.
Al di là di qualsiasi considerazione sul tema, colpisce il fatto che i libri vengano diffusi sui social molto di più di quello che si potrebbe immaginare e che c’è un’attenzione crescente anche al mezzo libro, il quale non perderà mai la sua forza di mezzo attraverso il quale conoscere, ma perderà il suo impatto visivo sulla maggioranza delle persone. Non sarà quindi più un bene iconico, ma qualcosa da preservare in una nicchia. Perfetto.
Ma allora per quale motivo ci aspettiamo che la politica ne parli? Non c’è nessuna necessità che se ne discuta, se il libro sopravvive da solo a cambiamenti ideologici e partitici. Il punto è proprio questo: si considera la cultura un bene da avere alleato, ma si trascura un aspetto essenziale e cioè che il libro si muove da solo, attraversa indenne qualsiasi cambiamento e dunque influisce molto più profondamente di quanto la politica (e fra le sue fila ci sono anche editori) ha davvero compreso. E non importa se i libri proposti sono di qualità o meno: ci sarà sempre un modo per raggiungere, anche partendo da un libro di scarsa qualità, qualcosa di più profondo. Per cui non mi preoccuperei tanto che la politica non affronti questo tema, quanto il fatto che chi deve cercare libri, proporli, sostenerli, non cerchi invece di avere un dialogo con falsi alleati e dunque sporchi i libri con idee che non fanno altro che renderli grotteschi.
Diceva Canetti che chi gli consigliava un libro glielo strappava di mano. In effetti la ricerca del libro è un fatto personale, nascosto, individualista, ma i libri servono per comunicare, hanno la necessità di attraversare, di mano in mano, lunghe file generazionali o lunghe corsie di persone che spesso cercano in un libro quello che ancora non sanno. In fondo, qualsiasi ne sarà il destino, non della cultura, ma del libro come oggetto di trasmissione culturale, rimarrà sempre il piacere di cercare, domandare, voler approfondire attraverso un mezzo unico e geniale. Semmai la vera tragedia italiana, se così possiamo considerarla, è lo snobismo nei confronti delle biblioteche, che invece dovrebbero avere un dipartimento o un sottosegretario che si occupi di loro in modo più moderno e contemporaneo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La politica non parla di libri. E forse è un bene
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