La strega. Una storia vera di Madeleine Bavent

La strega è una suora alquanto giovane. È nata e morta in Francia all’epoca della controriforma, più o meno verso la metà del 1600, quando Parigi si è ormai stancata di possessioni e malefici e ha smesso di bruciare le sue megere. Peccato che la provincia non sia Parigi e nella fattispecie la Normandia di diavoli in convento se ne intenda: prima Aix-en-Provence (1609-11), poi Loudon (1643-47), quindi Louviers nel 1647, dove la strega suddetta entra in convento come novizia. Nemmeno dopo tanto, verrà accusata di ogni abominio. Contro Dio e contro natura. Si salva dal rogo, ma la pena è esemplare: in prigione per il resto della vita e “a pane e acqua tre giorni la settimana”.

La strega si chiama Madeleine Bavent e il suo memoriale-confessione è un testo che la racconta tutta sul modus operandi di preti, suore e inquisitori ai tempi dei colpi di coda della caccia alle streghe. Curato e tradotto dal francese da Anna Lia Franchetti, “La strega. Una storia vera”, esce per la prima volta in italiano per le edizioni Clichy. Un documento storico di portata straordinaria: la progressiva discesa all’inferno della dipendenza sessuale, della violenza mentale, della psicopatologia (di gruppo). Attraverso la confessione estorta dai suoi esorcisti, Madeleine rivive i passaggi traumatici della sua vita sventurata: la vocazione religiosa, la scoperta della sessualità, l’iniziazione ai Sabba (le attuali messe nere), il patto col diavolo, le azioni blasfeme, gli esorcismi, i tentativi di suicidio, la prigione, la pubblica ammenda attraverso la confessione scritta che non tralascia di enumerare (vivaddio) nemmeno le coercizioni – fisiche e psicologiche – subite in primis dal suo confessore. La speculazione demonologica sviluppatasi tra Cinquecento e Seicento può vantare una nutrita bibliografia. Il fatto nuovo è che in questo libro, per la prima volta, la parola spetta dell’agnello sacrificale. Alla vittima. Alla strega (presunta). E la sua voce è tale che non si dimentica.

Nel presente anno 1647, nel quale faccio questa breve narrazione della mia vita criminosa, credo di avere circa quarant’anni, benchè non conosca esattamente l’anno della mia nascita (…)