La terra del vello d’oro. Viaggi in Georgia
- Autore: Wojciech Górecki
- Categoria: Narrativa Straniera
“La Georgia è esistita, esiste e sempre esisterà.” (Pag. 15)
Il giornalista polacco Wojciech Górecki ci racconta uno dei paesi europei più affascinanti nel libro La terra del vello d’oro. Viaggi in Georgia (Bollati Boringhieri, Torino, febbraio 2009).
Attenzione, non è una guida turistica, anche se finito di leggerlo il desiderio di partire è tanto. È uno studio attento, politico, giornalistico. L’inizio non è causale. Indicare la Georgia come nazione europea, nonostante la sua collocazione geografica, è una scelta politica chiara. I georgiani si sentono europei, nonostante le tante delusioni subite dall’occidente.
Il 7 agosto 2008 i georgiani entrano nella ribelle Ossezia del sud. È una regione della stessa Georgia che mal sopporta il governo di Tbilisi. Per reazione il giorno successivo i russi attaccano la Georgia ed entrano in Ossezia. Frattanto un’altra regione, l’Abkhazia, si separa da Tbilisi.
I georgiani sono gente orgogliosa, combattente, non disposta ad arrendersi ma il loro esercito entra in rotta lo stesso giorno, con l’aviazione russa che bombarda perfino Tbilisi.
Il 12 agosto i russi cessarono le ostilità, però rimasero nelle due aree conquistate.
Tutto fu rapido ma non improvviso e inaspettato. Era la tragica conclusione di una necessità russa, accaduta nell’usuale silenzio di un’Europa incapace di avere una politica estera riconoscibile.
Il libro è una serie di capitoli su importanti aspetti della vita georgiana, da quelli politici a quelli culturali e sociali.
Il capitolo più bello è “Una scuola di vita”, che racconta un festeggiamento, una tavolata georgiana in un paese della campagna:
“Fintanto che ci sarà un georgiano vivo, gli osti non conosceranno miseria.” (Pag. 113)
La voglia di festeggiare dà il senso dell’ospitalità e dello stare tutti insieme dei georgiani: amici, amici di amici, conoscenti appena arrivati in casa, tutti sono trattati nello stesso modo. Il giornalista ci racconta un frammento di un’umanità speciale.
I georgiani sono gente calorosa, impetuosa perciò per condividere una tavola anche con sconosciuti è necessario raggiungere un elemento in comune. Racconta un brindisi indicativo ascoltato:
“Due džygit (uomo ardito coraggioso) litigavano per qualcosa. Non riuscendosi a mettersi d’accordo e non volendo spargimenti di sangue, si recarono da un aksakal famoso per la sua saggezza e I suoi buoni consigli. Questi ascolto il primo džygit e gli disse: “Hai ragione!” Poi ascoltò il secondo, e anche a lui disse “Hai ragione!”. I due se ne andarono rappacificati e non litigarono più. Beviamo a quello che ci unisce. Quello che ci separa, di solito, non è molto importante.” (Pag. 106)
La tavolata è uno spettacolo, un rito, la celebrazione di una nazione e un momento di profonda spiritualità. Il maestro di cerimonie è il “tamada”. Egli dirige la festa, concede la parola e guida i brindisi, assicurandosi che tutti siano sereni, e a proprio agio, senza differenze. Perfino i ricchi e i poveri, i furfanti con i poliziotti mangiano nella stessa tavola, è una comunanza soprattutto politica dello stare insieme, il bicchiere deve essere ininterrottamente colmo, senza mai saltare un brindisi:
“… alla tavolata si beve a comando: non si centellina per conto proprio, non si sorseggia da soli. Quando il tamada comincia a parlare, ci si limita ad alzare leggermente il bicchiere tenendolo sollevato fino alla fine del brindisi. In quel momento non si mangia né si parla.” (Pag.108)
I saluti con il bicchiere alzato riguardano la vita dei partecipanti e le fondamenta dell’essere georgiano. Perciò si beve alla Georgia, alla famiglia, agli antenati, a Re David, a Santa Nino. Il giornalista racconta di brindisi a uno dei più controversi georgiani della recente storia: Stalin. Il finale è un crescendo senza limite, i bicchieri si alzano e sono svuotati per la Chiesa Georgiana e perfino per la gloria di Dio.
Dopo sei ore di gozzovigli, la tavolata si poteva considerare conclusa:
“Beviamo alle nostre bare, fatto con la quercia centenaria che verrà piantata dai nostri figli.” (Pag. 113)
Sono pagine particolari e da leggere assolutamente, alle quali si aggiungono capitoli sulla politica, su Stalin e la difesa degli abitanti di Gori - città natale - alla sua statua, e alla giovanile Tbilisi.
La capitale georgiana è antica e moderna, con alcuni particolari esempi di architettura odierna, come il Ponte della Pace dell’architetto italiano Michele De Lucchi, il quale raggiunge la città vecchia, bellissima, restaurata e ricca di locali, bar, ristoranti, discoteche. Una vita notturna piena e affollata tutte le notti compresi i giorni feriali.
La brama di divertirsi, di stare insieme, pure se differenti, com’è stata raccontata nella festa, si manifesta, metaforicamente, anche a Tbilisi, nella quale si trova un motivo per stare insieme non per dividersi:
“Nella vecchia città di Tbilisi convivono l’una accanto all’altra la sinagoga, la moschea (utilizzata in comune da sciiti e sunniti), la chiesa romana cattolica, la cattedrale georgiana (armena) e alcune chiese ortodosso-georgiane.” (Pag. 120)
Nella stessa città, sul viale Rustaveli ci sono i simboli di tante guerre e rivolte. È il luogo delle recenti rivoluzioni, ma è anche un luogo di pace e di amicizia, dove tutti i georgiani prima o poi s’incamminano:
“il luogo dove si può sempre incontrare una faccia nota.” (Pag. 126)
Il libro racconta un innamoramento con un paese particolare, scritto con passione e il desiderio di comprendere e raccontare le tante ingiustizie subite negli anni.
Ancor oggi la crisi economica attanaglia un popolo alla ricerca di un momento di pace. Un reddito pro-capite di 6.100 dollari americani (in classifica è il cento cinquantunesimo paese al mondo)1, una disoccupazione elevata con punte stratosferiche per i giovani. Nonostante tutto, i georgiani continuano a divertirsi e a non arrendersi. L’autore racconta del Patriarca Ambrogio, arrestato dai russi negli anni venti, il quale senza paura urlò:
“La mia anima appartiene all’Altissimo, il mio cuore alla patria. Il corpo è vostro. Fatene quello che volete.” (Pag. 69)
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La terra del vello d’oro. Viaggi in Georgia
Lascia il tuo commento