La vergine di Firenze
- Autore: Katherine Mezzacappa
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2024
La storia la scrivono i vincitori. Figurarsi quando non si parla di guerre ma di rapporti tra i sessi, di (dis)equilibrio di genere: la storia la scrivono gli uomini e cancellano il ruolo, la voce, la presenza stessa delle donne. Giulia Albizzi: il nome non dice molto, trapassato nelle cronache oltre che nell’esistenza terrena. Questo per secoli, prima di diventare protagonista, grazie alle ricerche di Katherine Mezzacappa, di un titolo nuovissimo in Italia, La vergine di Firenze, nella traduzione di Gloria Pastorino, per i tipi di Piemme (Milano, ottobre 2024, 384 pagine).
Le vicende sono liberamente narrate, per ammissione della scrittrice irlandese-carrarina (venti racconti e sette testi pubblicati, con tre nomi diversi), ma la primattrice di questo romanzo storico è realmente esistita, come diversi personaggi maschili e femminili nella trama.
Curioso l’incontro di Katherine Mezzacappa con The maiden of Florence. Il figlio aveva difficoltà di apprendimento e lei lo accompagnava da uno psicologo; in sala d’aspetto, un articolo in una monografia medica la interessò particolarmente, articolo che riguardava la prova di virilità imposta a un Gonzaga nel 1584, con un’orfana ventunenne. Capì subito che doveva scriverne, “non c’era scampo”.
Sulla Giulia vera la storia è passata come uno schiacciasassi, noncurante della dignità, dell’onorabilità, della verginità strumentalizzata. E non era nemmeno la grande storia delle Nazioni, ma quella piccola delle Signorie italiane e quella piccolissima del vigore erettile di un giovane erede, messo in discussione. È la Giulia del romanzo a ritrovare però la parola - che non ebbe mai nei fatti - e ad avere la prima e l’ultima in queste pagine, finalmente riscattata nella sua identità di donna e nella rispettabilità di vittima manipolata.
Ad operare la redenzione, è una signora che dall’Irlanda d’origine è venuta a vivere in Toscana, a Carrara. Ha letto tutto il possibile su Vincenzo, su Giulia, sulla vicenda più volte affiorata e dimenticata nei secoli, sulla condizione femminile nell’Italia di allora, sull’affidamento delle ragazze povere ai conventi e sulla condizione degli orfani. Katherine Mezzacappa puntualizza le coordinate temporali: è un fatto storico che un’orfana di nome Giulia sia stata tratta dall’orfanotrofio femminile fiorentino della Pietà, per servire da congegno umano per una prova di virilità, attestato con dettagli espliciti da documenti conservati nell’archivio dei Medici. La prima parte del romanzo è basata quasi interamente su queste fonti, affatto travisate o esagerate. Consumata la prova, però, la giovane scompare da ogni atto.
Diaristi successivi le attribuiscono il cognome Albizzi e scrivono che venne data in sposa a un musicista romano, Giuliano, con una dote di tremila scudi d’oro. Altri riportano un destino più triste, ridotta a mendicare cibo porta a porta, ma visto che aggiungono evidenti inesattezze risultano meno attendibili. Quindi, tutto quello che Katherine ha scritto sul dopo è d’invenzione.
Tocca a noi precisare che la capacità sessuale di Vincenzo Gonzaga (1562-1612), figlio di Guglielmo e a sua volta duca di Mantova e del Monferrato dal 1587, venne effettivamente sottoposta a verifica formale prima delle seconde nozze con Eleonora de’ Medici. Le prime, con la quattordicenne Margherita Farnese, erano state cattolicissimamente annullate perché mai consumate, a causa di una malformazione congenita della sposa.
Bianca Cappello, a lungo amante e poi nuova moglie del granduca di Toscana, risentita coi Gonzaga che non dimenticavano il suo passato di cortigiana veneziana, pretese che venissero dimostrate le doti virili del futuro sposo, davanti a una commissione di medici e diplomatici. Tra defaillance e coliche intestinali, ci vollero ben tre tentativi, fino all’ultimo a Venezia, per far decretare ai pignoli testimoni oculari che il matrimonio si poteva fare.
Questa la versione storica, tutta incentrata su Vincenzo e con la povera Giulia nella parte di mero strumento sessuale di verifica. Nel romanzo, invece, è lei a raccontare, quasi trent’anni dopo, da Venezia e a denunciare che la sua “deflorazione” era stata argomento di discussione in tutte le corti d’Europa, la sua verginità “osservata, pungolata, controllata, certificata” descritta da Venezia a Firenze fino a Mantova, Ferrara, Roma e poi spazzata via. Il principe fece vanto con baldanza della sua prodezza ed era stata una donna a ideare il piano vergognoso, un vero e proprio affare di Stato, nonostante fosse adulterio, un peccato mortale secondo la Chiesa.
Per raccontare la mia storia devo fare i nomi di chi mi è superiore… o almeno si considera tale. Vincenzo, duca di Mantova. Suo suocero Francesco, granduca di Firenze. Il ministro di Francesco, Belisario Vinta, che, se non avesse avuto quella carica, sarebbe stato considerato dagli onesti alla stregua di un ruffiano.
Nella vicenda, che fa nascere e crescere con scrittura elegante, scorrevole e tanta sensibilità e partecipazione per Giulia, l’autrice inserisce contenuti che movimentano il racconto dell’ex giovane orfana ventotto anni dopo, nel 1612. La ragazza, educata dalle suore, è ormai una donna sposata e madre a Venezia. Trova spazio e ruolo anche Giuliano.
Questo riguarda il dopo la prova come detto, perchè tutto quello che viene prima è la cruda, torbida verità dei fatti, com’è stata minuziosamente documentata dalla commissione. Ciò che hanno fatto a Giulia, quello a cui l’hanno costretta, è stato brutale e implacabile, dichiara Katherine Mezzacappa, e risparmiare i dettagli forti sarebbe sembrato “negarli o sminuirli”, sebbene alcuni lettori potrebbero soffrire o anche restare disgustati. Si augura soprattutto che tutti possano condividere il suo desiderio di giustizia per la maiden, la fanciulla di Firenze, un diritto che in parte ritiene di avere soddisfatto, dando voce alla “coraggiosa” Giulia.
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Testo davvero ben scritto, un romanzo costruito su fatti storici.