Una sezione della raccolta “La meglio gioventù” di Pier Paolo Pasolini si intitola “Linguaggio dei fanciulli di sera”: ad essa corrisponde il componimento dialettale “Lengàs dai frus di sera” (“Lengàs” è qui accentuato rispetto all’omonimo componimento della raccolta “La nuova gioventù” in cui lo stesso termine non è con l’accento).
Ammaliante è il tessuto sonoro-recitativo modulato sui dittonghi tipici della parlata friulana e sulle allitterazioni; del resto, l’autentica poesia amalgama parole, immagini e suoni che producono emozioni, sentimenti, desideri. E c’è da dire che per Massimo Cacciari le parole friulane, emergenti da antiche stratificazioni neo-latine, esprimono la perdita, la lontananza e infine la morte stessa. In questo componimento, che disegna una traiettoria metaforizzata, i versi virgolettati è come se fossero parole dette da un soggetto indefinito; anche l’ascoltatore non è specificato: la sua voce è spesso tra parentesi, ed egli partecipa alla conversazione rettificando o integrando ciò di cui si parla.
“Lengàs dai frus di sera”: testo e traduzione in italiano
"Na greva viola viva a savarièa vuei Vinars..."
(No, tas, sin a Ciasarsa: jot li ciasis e i tìnars
lens ch’a trimin tal rìul.) "Na viola a savarièa..."
(Se i sìntiu? a son li sèis; un aunàr al si plea
sot na vampa di aria.) "Na viola a vif bessola..."
Na viola: la me muàrt? Sintànsi cà parsora
di na sofa e pensan. "Na viola, ahi, a cianta..."
Chej sìgus di sinisa i sint sot chista planta,
strinzimmi cuntra il stomi massa vif il vistìt.
"Dispeàda la viola par dut il mond a rit..."
A è ora ch’i recuardi chej sigus ch’a revochin
da I’orizont azùr c’un sunsùr ch’al mi inciòca.
«L’azur...» peràula crota, bessola tal silensi
dal sèil. Sin a Ciasarsa, a son sèis bos, m’impensi...
"Una greve viola viva vaneggia oggi venerdì..." (No, taci, siamo a Casarsa: guarda le case e i teneri alberi che tremano sul fosso.) "Una viola vaneggia..." (Cosa sento? Sono le sei: un ontano si piega sotto una vampata d’aria.) "Una viola vive sola..." Una viola: la mia morte? Sediamoci sopra una zolla e pensiamo. "Una viola, ahi, canta..." Sento quei gridi di cenere sotto questo filare, stringendomi contro il petto troppo vivo il vestito. "Sciolta la viola per tutto il mondo ride...". È ora che ricordi quei gridi che si ingorgano, dall’orizzonte azzurro, con un brusio che mi ubriaca. «L’azzurro...» parola nuda, sola nel silenzio del cielo. Siamo a Casarsa, sono le sei, ricordo...
“Lengàs dai frus di sera” di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento
Nel primo verso il parlante indica una viola che disperde il suo profumo nell’aria. Ed è di venerdì. È dalla metafora della viola, decifrata come il corpo di Cristo sulla Croce (o il corpo dello stesso autore), che inizia una struggente meditazione sulla morte in un luogo determinato e in un’ora precisamente indicata. Pasolini avrà avuto in mente i versi di García Lorca: quello che fanno avvenire la morte del torero a “Las cinco de la tarde”. L’associazione viola-morte ha un preciso significato: il distacco dall’origine, cioè dal fresco e musicale linguaggio di Casarsa, parlato a sera dai fanciulli e ormai irrimediabilmente perduto. Suggestiona l’immagine dell’azzurro del cielo che esprime l’infinito. Marco A. Bazzocchi, nel saggio “Parole della fine: l’ultima voce di Pasolini” (in “Cuadernos de Filologia Italiana”, 29, pp. 31), compiendo un’analisi dettagliata della poesia, chiarisce:
"Pasolini usa esplicitamente l’immagine evocata dalla parola “cielo” grazie alla quale l’individuo entra in rapporto con un mondo più grande di lui, con la dimensione infinita dell’“azzurro” […] Ecco, dunque, perché l’ultima parola pronunciata dai fanciulli nella poesia è “L’azùr” (parola mallarmeana, per giunta, quindi carica di cultura letteraria). In questo azzurro si incarna il desiderio infinito di colui che medita sulla morte, del poeta-Cristo che sta usando il linguaggio del desiderio per esprimere una parola di carne, una parola che è carne, e che si consuma nel momento stesso in cui viene ascoltata".
Difatti, “L’éternel azur” è probabilmente la strada per intendere Pasolini il cui animo ha sempre una direzione verso il cielo e una precisa connotazione data dall’aria e dalla luce all’opposto del grigio, che, essendo la mescolanza del bianco e del nero, è senza identità. Rimanda perciò l’azzurro a un sé profondo ed evoca pensieri.
Un componimento dunque dal respiro cosmico, dove il tempo che passa ci consegna il senso di un’eternità nella tensione tra il tempo effimero, fugace, e il Tempo immutabile e permanente: rapporto còlto tra il divenire eracliteo e la fissità eleatica, raffigurato attraverso suggestive immagini allegoriche.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lengàs dai frus di sera: analisi e commento del componimento di Pier Paolo Pasolini
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