Linguaggio dei fanciulli di sera è un testo, contenuto nella raccolta La nuova gioventù, in cui Pier Paolo Pasolini indossa la maschera mitologica di Edipo per esprimere un desiderio di quiete che conduca a una condizione di leggerezza, ignota ai giovani.
Scopriamone analisi, parafrasi e commento.
“Linguaggio dei fanciulli di sera” di Pasolini: testo
... tinas korous afigmeth’ e polin tìnon andròn?
(No, tas, i no sin cà. Cà jo i soj il paròn
di una tor e di un bosc) «... cath’ emèran ten nun...»
(Cà chel ch’jo i sai, a no lu sa nissun:
jo i lu recuardi e basta) ... déxetai spanistois dorèmasin...
Regàj? Forsi i me siùns? Li robis a tàzin.
Mi jùdin a pensà. ... ton planèten Oidìpoun...
’Na sera cui so sigus e il so silensi clìpit
a fà trimà il còur dai zòvinis (... Exaitounta...)
coma par ’na vitoria, parsè che lòur al zuntin
a chè sera li mil seris ch’a àn da vivi al mond,
crodìnt ch’al sedi so (... smikròn men d’e féronta
eti meion tou smikrou...) Par un veciu invessi
chè sera a è chè sera, e a ghi somèa a chès
ch’a son passadis doma par vej la so malincunia
(... kai tod’ exarcoun emoi...) Se a sìghin a Chia?
(... Gar ai pàthai ko makròs krònos xunòn kai trìton to gennaion
me didàskei stérgein...) Un zòvin a no’l àia
idea che la vita a si pòssia imparàla
coma s’a fos ’na forma? No, chistu il veciu
al sa ch’al è sbaliàt: sapiensa in lui no’nd’è:
ma a no è chistu il dolòur. (... All’o teknon, stesòn me
e pros bebèlois e pros àalsesin theòn...)
Ah, vej pì puc da vivi, no essi pì paròn...
Chistu al è un plazèir scunussùt ai zòvins,
ch’a fà il veciu lizèir (... kaxidrouson thàkoisin...)
“Linguaggio dei fanciulli di sera” di Pasolini
Linguaggio dei fanciulli di sera: ... a quale aperta campagna siamo giunti o alla città di quali uomini? (No, taci, non siamo qua. Qua io sono il padrone di una torre e di un bosco) “... chi nel giorno presente...” (Qua ciò che io so non lo sa nessuno: io lo ricordo soltanto) “…accoglierà con scarsi doni...” Doni? Forse i miei sogni? Le cose tacciono. Mi aiutano a pensare.
“... il vagante Edipo...” Una sera coi suoi gridi e il suo silenzio tiepido fa tremare il cuore dei giovani (... che chiede...), come per una vittoria, perché essi aggiungono a quella sera le mille sere che hanno da vivere nel mondo, credendo che sia loro (... poco, e che ottiene ancor meno del poco...) Per un vecchio invece quella sera non è che quella sera, e assomiglia alle sere passate solo perché ha la loro malinconia (... eppure, ecco, abbastanza per me...) Cosa gridano a Chia? (... infatti le sofferenze, il mio lungo tempo e, per terza cosa, la nobiltà d’animo m’insegnano ad adattarmi...)
Un giovane non ha forse idea che la vita si possa impararla come se fosse una forma? No, questo il vecchio sa che è sbagliato: sapienza in lui non ce n’è: ma non è questo il dolore (... su, figlia, fammi fermare o presso luoghi profani o presso sacri recinti di dèi...) Ah, aver ormai più poco tempo da vivere, non essere più padrone... Questo è un piacere sconosciuto ai giovani, che fa il vecchio leggero (... Mettimi a sedere su un sedile...).
Linguaggio dei fanciulli di sera di Pasolini: analisi e commento
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Lengas dai frus di sera è una poesia della raccolta La nuova gioventù, che trova una cifra altissima nel lucidissimo sdoppiamento/identificazione di Pier Paolo Pasolini nel “vagante Edipo”; nel contempo, riporta i versi di Sofocle trascritti nel greco originale e frammentati all’interno del discorso poetico.
Loro due dunque i personaggi che dialogano con la tecnica di canto e del controcanto: due “senex”, la cui voce, diversamente dal titolo, non è più quella della fanciullezza.
Il vecchio Edipo ormai in uno stato di stanchezza, guidato dalla figlia Antigone, giunge a Colono, dov’è la sacra presenza del bosco delle Eumenidi in cui circola quiete e chiede alla figlia di farlo fermare o presso luoghi profani o presso i sacri recinti di dèi; Pasolini alla stessa stregua raggiungeva dal ‘70 in poi la torre di Chia, presso Viterbo, l’unico suo bene per meditare in solitudine e prendere coscienza di un sapere solo suo e non condivisibile. Colono/Chia, Edipo/Pasolini si ritrovano in un spazio-temporale e si amalgamano in un medesimo personaggio alla ricerca della tranquillità d’animo.
Ci si trova dinanzi a un viaggio singolarissimo di malinconia e di grande fascino attraverso il quale Pasolini giunge a una profonda meditazione sulla morte, la cui attesa si fa dolce e serena contemplazione. Il sedile di pietra su cui Edipo sosta simboleggia la sua maturata umiltà di quiete dopo essere stato il vincitore, il tiranno e il perseguitato dagli dèi. I desideri si affievoliscono e vengono sostituiti dalla libertà dai vincoli del potere e del possesso. Alla perdita dell’essere padrone corrisponde così il guadagno d’una condizione di leggerezza che avvicina all’azzurro del cielo: una leggerezza come svuotamento, come rinuncia della propria sorte, della propria vita. Bazzocchi nel suo autorevole intervento, Parole della fine: l’ultima voce di Pasolini, commenta:
Nel film su Edipo, sempre riprendendo Sofocle, Pasolini aveva fatto dire al suo personaggio: “La vita finisce dove comincia”. In questo modo la vicenda di Edipo trovava una circolarità e un compimento. Adesso non ci sono più inizio né fine.
La condizione di leggerezza significa aver cambiato assetto nei confronti del mondo. La parola chiave del mondo di Casarsa (“lizèir”) diventa l’unico desiderio del mondo di Chia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Linguaggio dei fanciulli di sera” di Pasolini: testo, analisi e commento
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