Il 29 novembre 1915 si spegneva a Catania lo scrittore, giornalista e critico letterario Luigi Capuana, proprio pochi giorni dopo l’entrata dell’Italia nella Prima guerra mondiale. Capuana era considerato uno dei teorici del movimento verista, insieme a Giovanni Verga di cui fu amico fraterno.
Quello tra Capuana e Verga fu un sodalizio unico. I due scrittori siciliani furono uniti da un’amicizia esclusiva e si influenzarono molto reciprocamente. Giovanni Verga tuttavia superò di gran lunga il maestro Capuana nella fama. Con i primi romanzi del cosiddetto Ciclo dei Vinti Verga divenne un romanziere popolare, mentre Luigi Capuana rimase nell’ombra.
L’ideatore del genere letterario portato al successo da Verga, tuttavia, era stato Capuana. Lui la mente che architettò la “narrazione impersonale” che sarebbe stata alla base del Verismo italiano.
A volte l’allievo supera il Maestro, ciononostante vi è un’arte in cui Capuana riuscì sempre a tenere testa all’amico Giovanni. Era un’arte all’epoca ancora agli albori, sperimentale e semi-sconosciuta ai più: la fotografia.
Scopriamo vita e opere dello scrittore, critico letterario e fotografo siciliano.
Luigi Capuana: vita e opere
Le prime immagini di Luigi Capuana ci appaiono in delle vecchie fotografie in bianco e nero. Riemergono dal fondo di un armadio chiuso per lunghi anni in cui furono ritrovate scattate da Giovanni Verga, l’autore dei Malavoglia, tra il 1878 e il 1911. Uno dei soggetti più fotografati da Verga, oltre ai popolani e ai paesaggi siciliani, fu proprio Luigi Capuana che in alcune immagini appare anche ritratto al suo fianco.
Era stato Capuana a introdurre Verga alla nascente arte della fotografia: almeno in quell’arte il vero maestro fu lui.
Capuana nacque il 28 maggio del 1839 in un paese del catanese chiamato Mineo. Era figlio di una famiglia di proprietari terreni benestanti ed ebbe accesso ai migliori studi. A causa della sua cagionevole salute, però, Capuana abbandonò il Collegio Reale di Bronte e proseguì l’istruzione da autodidatta.
Dopo essersi iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Catania, Luigi Capuana decise di abbandonare gli studi per tentare l’impresa garibaldina. Da quell’esperienza nacque la sua prima opera, la leggenda drammatica in tre canti Garibaldi, pubblicata a Catania dall’editore Galatola nel 1861.
Alcuni anni dopo, nel 1864, Capuana decise di trasferirsi a Firenze per tentare in tutto e per tutto “l’avventura letteraria”. Nel capoluogo toscano frequentò i migliori scrittori, come Gigi Capponi e Carlo Levi. Nel 1865 iniziò a pubblicare i primi saggi sulla prestigiosa Rivista italica. Successivamente avvierà una collaborazione fissa con il quotidiano fiorentino La Nazione nel ruolo di critico teatrale.
La carriera letteraria sembrava avviarsi, Luigi Capuana iniziava a pubblicare le prime novelle e a farsi un nome nell’ambiente culturale dell’epoca, quando fu improvvisamente costretto a tornare in Sicilia in seguito alla morte del padre. I problemi economici della famiglia lo costrinsero a prolungare la propria permanenza a Mineo, il suo paesino natale, del quale pochi anni dopo sarebbe divenuto sindaco.
In Sicilia, Capuana iniziò ad avvicinarsi alla filosofia idealistica di Hegel che diede nuovo impulso alla sua scrittura.
Nel 1875 su consiglio dell’amico Giovanni Verga, Capuana si trasferì a Milano, dove iniziò a collaborare con il Corriere della Sera come critico letterario e teatrale. Poco tempo dopo pubblicò la sua prima raccolta di novelle Profili di donne in cui si poteva riscontrare la forte influenza del naturalismo francese di Émile Zola, ma anche di altri grandi romanzieri come Flaubert e Goncourt.
Nel 1879 diede alle stampe il romanzo Giacinta, considerato il manifesto letterario del Verismo italiano, che fu ispirato da un reale caso di cronaca.
Le sue considerazioni saranno poi raccolte nei due volumi Studi sulla letteratura contemporanea (1880-1882). L’intuizione di Capuana su Zola, il padre del naturalismo francese, avrebbe dato origine alle teorie letterarie alla base del Verismo italiano di cui è considerato tuttora l’ideatore e il massimo esponente teorico.
Nel 1891 pubblicò il romanzo Profumo, considerato l’antesignano del moderno romanzo psicologico. Tra le pagine l’autore si addentrava nella profonda analisi psicologica dei suoi protagonisti, facendo risalire alcune cause dei loro comportamenti e malesserei all’infanzia, con un’acume psicologico sorprendente. L’eroina del romanzo, Eugenia, ricorda la celeberrima Madame Bovary di Flaubert.
Recensione del libro
Profumo
di Luigi Capuana
Capuana avrebbe iniziato a lavorare indefessamente anche in ambito accademico.
A inizio Novecento divenne docente di letteratura italiana all’Istituto Femminile di Magistero di Roma. Sempre in quel periodo diede alle stampe Il Marchese di Roccaverdina, il suo romanzo più famoso.
Negli ultimi anni Capuana fece ritorno a Catania, nella sua natia Sicilia, dove si dedicò all’insegnamento di lessicografia e stilistica nell’università locale. Nel frattempo continuava a scrivere, dedicandosi anche alla stesura di alcuni racconti di genere fantascientifico. Tra questi racconti figurano alcune novelle visionarie, come Nell’isola degli automi (1906). Le sue ultime opere furono raccolte di novelle come Nel paese di Zagara (1910) e Gli americani di Rabbato (1912).
Luigi Capuana e la fotografia
Luigi Capuana può essere considerato il maggiore teorico del Verismo, ma non il suo maggior esponente che infatti fu, rispettabilmente, l’amico stimato Giovanni Verga.
C’era tuttavia un’arte nella quale Capuana superava Verga, ed era la fotografia. Lo dimostrano le immagini conservate nel Museo storico del suo paese natale, Mineo.
Il “Verismo italiano” Luigi Capuana lo ritrasse attraverso le immagini, anticipando quella che sarebbe stata una delle maggiori arti del Novecento. Le sue fotografie ritraevano perlopiù esponenti del ceto popolare: uomini, donne e bambini. Ricorrenti erano le immagini dei morti che nell’Ottocento erano una moda diffusa: la cosiddetta fotografia “post-mortem” era praticata nel tentativo di catturare un ultimo ricordo dei defunti. Una moda macabra che negli anni sarebbe svanita per cedere il posto ad altre pratiche.
Luigi Capuana riuscì a farne un’arte: tra i suoi ritratti più famosi vi è infatti La madre sul letto di morte, ma non solo. Nel suo repertorio fotografico compare anche uno stravagante scatto da lui stesso intitolato Autoritratto profetico in cui fotografava sé stesso in un’inquietante posa da morto. Probabilmente vi era dell’ironia sottesa nel titolo, ma anche un briciolo di verità.
Sapeva che non sarebbe vissuto per sempre, e quando la fine giunse quel 29 novembre del 1915, poco prima dell’entrata in guerra, Capuana poté dire di averla prevista.
Fu forse uno dei primi fotografi-scrittori della storia ad aver potuto vedere sé stesso in posa da morto in una sorta di “visione verista” da incubo che, tuttavia, aveva in sé un certo indiscusso carattere profetico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Luigi Capuana: vita e opere del padre del Verismo
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