Luigi Pirandello - Leonardo Sciascia. Una conversazione (im)possibile
- Autore: Matteo Collura
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rubbettino
- Anno di pubblicazione: 2023
Agile, snello, leggero il volumetto di Matteo Collura dal titolo Luigi Pirandello - Leonardo Sciascia. Una conversazione (im)possibile, nato su iniziativa della Fondazione Sciascia di Racalmuto e pubblicato da Rubbettino nel mese di settembre 2023.
Il testo, che introduce a un dialogo fra i due grandi scrittori, si apre con una prefazione dell’Autore che, non volendo ripetere il già detto su Sciascia e avendo l’intento di dire qualcosa di nuovo e diverso rispetto a quanto scritto, fa presente la genesi dell’operetta:
e qui va aggiunto che in mio soccorso venne il ricordo di una geniale trovata letteraria risalente al periodo compreso tra il 1974 e il 1975, quando scrittori come Abrasino, Eco, Manganelli fecero parlare alla radio personaggi morti da secoli (anche da millenni: indimenticabile la “resurrezione” di Tutankalmon cui Carmelo bene prestò la voce). “Le interviste impossibili”, il titolo di quelle straordinarie trasmissioni di Radio Rai. Interviste impossibili: perché non inventare anche una conversazione possibile?
La scrittura come invenzione, dunque. Ci si trova dinanzi a una vera e propria dichiarazione poetica da cui prende corpo il contenuto.
Tutto potrebbe essere un sogno che fa esistere la realtà. E viene in mente di Calvino Le città invisibili in cui la letteratura combina gli elementi costitutivi dell’idea di città nei modi più diversi.
La magia del possibile non ancora esistente prende il via da ciò che Pirandello fa dire a un suo personaggio nella novella La tragedia di un personaggio:
E’ mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie future novelle. Cinque ore, dalle otto alle tredici [...]
Lo spazio e il tempo non esistono più; nasce un meccanismo di confronto e la conversazione fra Pirandello e Sciascia apre itinerari possibili con l’avvertenza che “Pirandello nulla sa di Sciascia”, “mentre Sciascia molto sa di lui, avendone letto i libri e avendo assistito a svariati drammi teatrali”.
C’è da dire che questo testo di Collura fu sulla ribalta del Teatro Antico di Taormina in occasione del centenario della nascita dell’autore del Giorno della civetta; ripetuto in altri ambiti, venne portato in scena nel salotto di casa Manzoni a Milano.
Davanti a un leggio Collura dava la parola a Pirandello e Franco Catalano, nipote di Sciascia, faceva lo stesso con il nonno. L’incontro è condotto con un fine margine di gioco culturale. Sciascia esiste in modo diverso e in modo sorprendente dice a Pirandello di essere rimasto imbambolato, ascoltando i personaggi dell’anzidetta novella di cui un brano fa da prologo.
Il dialogo inizia la sua storia e via via l’accento cade sulla psicoanalisi, sugli artigli dei critici (“La fama suscita invidia, tira fuori il peggio nei mediocri...”), sulle parole riverenziali e filiali di Sciascia che ha letto tante volte il teatro dell’agrigentino, arricchendo così la sua vita, sul rapporto padre-figli del drammaturgo. Stefano e Lietta in particolare.
Tutto confluisce nella tragedia di Pirandello: il suo rapporto con Antonietta rispetto alla quale Sciascia con finezza psicologica mostra alcuni limiti:
Antonietta… mi permetta di chiamarla col suo nome… non aveva fatto studi adeguati...dalla Sicilia venne catapultata a Roma, in una casa che le era estranea… Lei cresceva come scrittore e sua moglie ne restava sempre più fuori… Non voglio fare il moralista, ma queste cose avvengono quando ci si sposa per interesse...
Pirandello, che per lo scrittore di Racalmuto “rappresenta il punto di riferimento più alto del carattere e della tradizione dei siciliani”, ammette che nei suoi scritti c’è la Sicilia e dirà Sciascia che “il massimo della sicilianità coincide con il massimo dell’universalità”.
Non mancano richiami all’amore di Pirandello per Marta Abba che a suo dire gli ha salvato la vita:
… mi ha dato la forza di andare avanti pur con lo sfacelo che mi portavo dentro… la famiglia distrutta, mia moglie in manicomio...
Il dialogo, che procede in modo confidenziale pur non mancando diverbi, mostra uno Sciascia coltissimo il quale ha letto migliaia di libri e con precisione ne ricorda gli stessi brani che hanno ispirato l’arte di Pirandello, esponendoli a memoria; uno Sciascia insomma che conosce approfonditamente il suo pensiero e le sue opere. Egli si rivela come cercatore della verità sociale e ciò, afferma, gli ha procurato non pochi nemici:
A un certo punto ho avuto l’impressione di essere come qualcuno dei suoi personaggi, quelli che vengono creduti pazzi proprio perché si ostinano a dire la verità.
Due scrittori a confronto, dunque, da cui Collura fa emergere la loro diversità: da un lato, Sciascia, l’eretico, la cui idea di letteratura è “utile”, poggiando sull’impegno e sulla testimonianza civile; dall’altro Pirandello che, nel suo percorso esistenziale, guarda all’infinito per smarrirvisi:
il mistero che circonda ogni individuo capitato sulla terra: questo fa grande la letteratura!
Eppure, Sciascia, pur avendo imboccato un altro sentiero, confessa di essere rimasto pressoché ossessionato dall’universo pirandelliano:
Ma c’è lei in tutti i miei romanzi e racconti, anche se apparentemente questo non si coglie… Sul mio tavolo da lavoro tenevo bene in vista una foto incorniciata. Un ritratto bello grande, sa?
Avvincente il dialogo sul romanzo I vecchi e i giovani: conversano i due sullo scandalo della Banca romana, ch’era appartenuta allo Stato pontificio, sul crollo degli ideali risorgimentali dei quali Pirandello si era nutrito essendo cresciuto in una famiglia che sosteneva il patriottismo unitario, sulla corruzione della vecchia e nuova generazione. Altri argomenti caratterizzano con ampiezza il contesto d’appartenenza di entrambi. Fra cui l’adesione di Pirandello al fascismo.
Ecco che Sciascia vede nella novella di questi, quella intitolata C’è qualcuno che ride:
La prima risata sul fascismo della letteratura italiana.
Poi aggiunge:
Quella risata è sua, Maestro, e nessuno gliela potrà mai togliere!
L’operetta si conclude con il terzo capitoletto recante la trascrizione del discorso tenuto da Sciascia nel cinquantenario della morte di Luigi Pirandello.
Lasciamo al lettore l’opportunità di potere godere della preziosità di questo gioiello. Il maestro di Regalpetra – si sa- è raffinato saggista e decisamente, avvalendosi della sua precisa conoscenza, entra nel suo rapporto con l’opera pirandelliana.
Una relazione, dice, avente qualche somiglianza col rapporto col padre:
che si scontra dapprima sentendolo come ingiusta e ossessiva autorità e repressione, poi sollevandoci alla ribellione e al rifiuto; e infine liberamente e tranquillamente vagliandolo e accettandolo, più nel riscontro delle somiglianze che in quello, tipicamente adolescenziale, della diversità.
Non resta alla fine altro che l’amore per la Sicilia: non se ne esce in nessun modo. E allora la poetica della letteratura da privilegiare si dispiega, dice Sciascia, “in tutta la sua verità e profondità e sofferenza” a partire dalla remota provincia di Girgenti, da un luogo in cui si fa “el gran teatro del mundo” e anche un luogo di cultura aperto alla letteratura francese, in particolare.
Difatti, il ritratto è quello di Pirandello “siciliano” formatosi leggendo Montaigne e Pascal e coi suoi rapporti con la cultura tedesca.
Che bravo Matteo Collura nell’avere saputo offrire un’elegante testimonianza-teatro; il libriccino va letto e riletto e vanno lette e conosciute le novelle di Pirandello citate nel corso del dialogo fra i due maestri: l’uno dell’Ottocento, l’altro del Novecento.
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