Centotredici anni fa, il 16 gennaio 1910, nasceva a Viareggio Mario Tobino, una delle figure più eclettiche, contraddittorie e singolari della letteratura italiana del Novecento.
Si affermò come poeta ma trovò la fama come scrittore, vincendo il premio Strega nel 1962, e per tutta la vita lavorò come psichiatra al fianco dei “matti” e riconoscendosi come uno di loro. Ai malati dedicò tutta la sua vita, definendoli proprio con il termine “matti” e non malati di mente perché così li chiamava il popolo. Si batté contro la Legge Basaglia del 1978 che stabilì la chiusura dei manicomi: decisione che Tobino denunciò definendola sconsiderata. In particolare la sua critica alla legge Basaglia si concentrava sulla mancanza di soluzioni alternative: i matti, affermava Tobino, venivano abbandonati a loro stessi e molto spesso si suicidavano.
Mario Tobino fu protagonista del Novecento e delle trasformazioni del cosiddetto “Secolo breve”: dalla resistenza antifascista all’ascesa della psicanalisi e delle neuroscienze. Attraverso i suoi scritti trasformò la letteratura in una forma di denuncia, ogni sua opera era una“ lettera aperta” che toccava nel profondo le coscienze degli italiani. Tanto basta a fare di Tobino una figura singolare che concilia in sé le concezioni apparentemente opposte di scienza e letteratura, di ragione e poesia: lo scrittore psichiatra, fondatore di un nuovo umanesimo.
Scopriamone vita e opere.
Mario Tobino: la vita
Nato a Viareggio nel 1910, Mario Tobino ha un trascorso di scolaro indisciplinato e impenitente. Ha un temperamento vivace e indomabile che si scontra con il controllo fermo delle istituzioni. A tredici anni viene spedito in collegio dai genitori dopo essere stato espulso da scuola per aver inferto “lesioni gravi” a un compagno.
Sin da ragazzo mostra una spiccata propensione per gli studi umanistici, tuttavia dopo la maturità si iscrive alla facoltà di Medicina dell’università di Pisa spinto dalla volontà di “aiutare gli altri”. Concluderà il suo percorso nel 1936 specializzandosi in neurologia e psichiatria presso l’ateneo di Bologna.
Nel frattempo ha iniziato a pubblicare scritti su varie riviste e a scrivere le sue prime poesie. Nel 1934 aveva pubblicato la sua prima acerba raccolta di versi, dal titolo semplice ed emblematico Poesie. Tra le sue prime opere ricordiamo il romanzo autobiografico Il figlio del farmacista (1938), riedito da Vallecchi nel 2020, e una raccolta di nove racconti dedicati al mareL’angelo del Liponard e altri racconti di mare in cui narra anche le vicende dei marinai di Viareggio, sua città natale. Sono le prime prove di una scrittura ancora acerba, in cui tuttavia già si coglie l’impronta di un grande narratore.
Lo spartiacque nella sua vita viene segnato però dallo scoppio della Seconda guerra mondiale: Tobino viene inviato a combattere sul fronte libico, dove resterà sino al 1942 quando viene rimpatriato a causa delle ferite riportate durante uno scontro. L’esperienza in Libia lo segnerà profondamente e sarà da lui stesso raccontata nel romanzo Il deserto della Libia pubblicato nel 1952, da cui è stato tratto un film di Dino Risi.
Dopo aver combattuto l’“ingiusta guerra africana” Tobino matura una ferma convinzione antifascista e, dal 1943, inizia a partecipare attivamente alla resistenza. Questo sentimento convergerà appieno nel romanzo Il clandestino, con il quale avrebbe vinto il premio Strega nel 1962.
Dopo la guerra Mario Tobino torna a lavorare come psichiatra presso il manicomio di Magliano, in provincia di Lucca, dove trascorrerà il resto della sua vita. L’ospedale psichiatrico sarà il protagonista di numerose sue opere, come Le libere donne di Magliano (1953), in cui raccontando le vicende delle donne - forti, fragili, eroiche - ricoverate nel manicomio sul colle di Santa Maria delle Grazie, teorizza la sua massima di medico-scrittore:
Scrissi questo libro per dimostrare che i matti sono creature degne d’amore, il mio scopo fu ottenere che i malati fossero trattati meglio, meglio nutriti, meglio vestiti, si avesse maggiore sollecitudine per la loro vista spirituale, per la loro libertà.
Nel 1972 vince il Premio Campiello con il romanzo Per le antiche scale (1971) da cui è stato tratto un film con protagonista Marcello Mastroianni. Il libro era frammentario, composto di venti racconti i cui protagonisti erano pazienti, medici e infermieri di un manicomio. Le storie erano narrate dal punto di vista del medico Anselmo, probabile alter ego dello scrittore.
Per le sue opere Tobino riceve numerosi premi e riconoscimenti letterari. Dopo la vittoria del Premio Campiello nel 1972 conosce colei che sarà la sua futura moglie, Paola, sorella della scrittriceNatalia Ginzburg. Staranno insieme per tutta la vita e lo scrittore la citerà spesso nei suoi libri nascondendola sotto il nome di Giovanna.
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Settantenne giunge per il lui il momento della pensione: ma Tobino non abbandonerà mai i suoi “matti”. Negli ultimi anni è impegnato a denunciare in articoli scottanti la situazione in cui versavano gli ospedali psichiatrici dopo la Legge Basaglia. Il romanzo Gli ultimi giorni di Magliano è una lettera di denuncia: nelle pagine confluiscono anche i diari personali di Tobino e la sua convinzione della necessità di “umanizzare la psichiatria”. Il libro può essere letto come un sunto della sua visione della “follia” e la testimonianza della professione esercitata con passione negli anni. La lettura deve comunque essere contestualizzata a quel periodo e alla concezione di un uomo nato nel primo Novecento.
Mario Tobino era infatti fermamente convinto che l’“architettura della paranoia” continuasse a vivere anche dopo la chiusura dei manicomi.
Muore ad Agrigento, dove si era recato per ritirare il premio Pirandello, l’11 dicembre 1991. Un anno prima aveva pubblicato il suo ultimo romanzo, intitolato Il manicomio di Pechino.
Mario Tobino e la vittoria del premio Strega 1962
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Nel 1962 vinse la XVI edizione del Premio Strega con il romanzo Il clandestino (Mondadori, Milano, 1962), in cui ripercorreva i suoi anni giovanili e la vocazione per la Resistenza antifascista.
Nelle pagine, dichiaratamente autobiografiche, lo scrittore ripercorreva le vicende di un gruppo di antifascisti viareggini nell’estate rovente del 1943 in cui si verifica la caduta del fascismo. Tobino scrive un racconto epico sulla nascita della Resistenza italiana in cui sembrava rifiorire un sentimento nuovo “di amore e fratellanza tra gli uomini”.
Il poeta Vittorio Sereni scrisse che Mario Tobino era riuscito a trasformare:
Un episodio specifico in epos generale ed esemplare.
Lo scrittore-psichiatra sarebbe stato consacrato alla gloria letteraria come antifascista, riflettendo appieno il suo ideale di gioventù. Avrebbe narrato una stagione epica, sfolgorante e irripetibile della storia italiana.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mario Tobino: lo scrittore-psichiatra che vinse il premio Strega
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