Mauro Marcialis nasce a Roma nel 1972. Dal 1994 vive a Reggio Emilia dove lavora come maresciallo capo
della Guardia di Finanza. È da poco in libreria il suo nuovo romanzo "Spartaco, il gladiatore" (Mondadori). Tra
i suoi libri ricordiamo anche "La strada della violenza", sempre edito da Mondadori nel 2006 e "Io & Davide" pubblicato
da Piemme nel 2008.
Mauro, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma
solo 4 chiacchiere contate.
- Prima chiacchiera: Cominciamo da Dimensione Italia. L’hai scritto per Satisfiction, la rivista
on line di Gian Paolo Serino e, come hai spiegato in uno dei commenti che ne sono susseguiti,
farà parte del tuo prossimo noir. I lettori si sono divisi e molti l’hanno giudicato di scarso
valore e poco incisivo. Più che una critica al tuo testo a me il loro è sembrato un tentativo di
difendere il nostro Bel Paese. Io non credo che tu con Dimensione Italia volessi trafiggere
l’italianità con accuse fini a se stesse e allora ti chiedo di raccontare ai lettori di Solo Libri il
tuo intento.
Il pezzo “dimensione Italia” è una sorta di parentesi totalmente slegata dalla narrazione del
mio prossimo noir ma allo stesso tempo è il propulsore di molte delle tematiche che il romanzo
affronta (corruzione, collusioni politiche/affaristiche/criminali/istituzionali). L’intento del brano
è soprattutto “letterario”, in quanto si basa sulla reiterazione di alcune figure retoriche (che a
loro volta si sostanziano nell’utilizzo di termini e concetti parodistici). Può certamente essere
inquadrato anche come un atto d’accusa nei confronti di alcune peculiarità, non proprio edificanti,
che hanno caratterizzato la storia de noartri. Tale critica è rivolta sia alle cricche di potere, sia
ai fiancheggiatori del sistema, ovvero a tutti quelli che, per vari motivi, “non vedono”, “non
sentono”, “non sanno”.
Sulla questione delle accuse fini a se stesse, non saprei risponderti. Si tratta di fatti “storicizzati”
(certo, molti soffrono di una verità giudiziaria approssimativa o fuorviante) oppure di eventi che
devono ancora trovare una precisa collocazione. Di certo, sono eventi banditeschi di enorme
rilevanza. Difendiamo quindi il Bel Paese negando l’evidenza? O sostenendo che “funziona”
così dappertutto? Molto banalmente, direi che una persona realmente innamorata del Bel Paese
dovrebbe necessariamente affrontare le questioni più gravose (tentando magari anche di trovare e
proporre soluzioni per risolverle). Evitare il discorso sui reali problemi significherebbe banalizzarli,
disconoscerli come rilevanti, annullarli.
Consideriamo anche che l’ottanta percento degli italiani non conosce, oppure conosce solo
marginalmente, i meccanismi e le storie criminali di questo Paese.
- Seconda chiacchiera: Hai esordito quattro anni fa con "La strada della violenza" per
Mondadori. Il romanzo d’esordio non è quasi mai il primo che si è scritto. Nel tuo caso è
stato davvero il primo tentativo? Ci racconti le tue avventure da esordiente alla ricerca di un
editore?
Il mio percorso editoriale è per certi versi “romanzesco”, nel senso che si è trattato davvero del mio
primo tentativo. C’è inoltre l’”aggravante” di non aver scritto, prima de “la strada della violenza”,
nemmeno un racconto breve. La fortuna ha inciso in maniera sostanziale sulla pubblicazione: un
manoscritto disordinatissimo e precario è finito nelle mani di Paolo Grugni (scrittore raffinatissimo)
che lo ha proposto a Sandrone Dazieri (il quale all’epoca era il Direttore Editoriale della Colorado
Noir). Sandrone ha considerato la “voce” del romanzo meritevole di un’opportunità e dopo dieci mesi ero sugli scaffali.
- Terza chiacchiera: Quando ho letto che ti saresti ispirato (il condizionale è d’obbligo) a Costantino Vitagliano e Daniele Interrante per il tuo "Io&Davide" pubblicato da Piemme ho
sentito il sangue raggelare nelle vene. Penso al potere che raggiungono i due protagonisti
della tua storia, un potere che conquistano attraverso la loro bellezza e i facili costumi.
Anche stavolta un libro di denuncia. Scrivi per combattere le realtà che non ti piacciono?
Costantino e Daniele sono stati associati ai personaggi semplicemente perché erano i tronisti più
famosi. In realtà, le funzioni dei “miei” Orlando e Davide (così come le suggestioni, gli aspetti
sociologici, di “costume”, dell’immaginario collettivo) sono legate a una narrazione principalmente
allegorica, dove l’intento è soprattutto affrontare i temi della narcotizzazione televisiva e dell’uomo/
utente/prodotto, dove bellezza e sentimenti sono mercificati. Sono un autore sostanzialmente noir
e mi affascina l’immersione nelle pieghe e nelle piaghe dei nostri lati oscuri. Col passare degli
anni, la mia rabbia e la mia indignazione si stanno progressivamente trasformando in una sorta di
compassione cristiana: prendo sostanzialmente atto dei nostri “umani” limiti e riconduco cattiverie
e ipocrisie a debolezze e precarietà difficilmente gestibili, in una società così disturbata, edonistica.
Prendo inoltre atto che la letteratura di denuncia serve a poco: purtroppo la storia è stata scritta col
sangue, poche volte con le parole.
- Quarta chiacchiera: "Spartaco il gladiatore" arriva a consacrare il Marcialis scrittore capace di
produrre un romanzo storico di spessore su quella che è stata la più grande rivolta nella storia
della Repubblica romana. Valerio Massimo Manfredi è fra i tuoi estimatori oltre che ideatore
del progetto di cui fa parte il tuo Spartaco. Come si affronta un viaggio di questo tipo, da dove
si comincia per scrivere un’opera così grandiosa?
Si inizia mettendosi completamente al servizio della storia e slegandosi dalle questioni stilistiche e
linguistiche che derivano dal mero “gusto” personale dell’autore: certe storie, certe finalità (nel caso
di Spartaco, le intenzioni, oltre che ovviamente storiche e narrative, erano anche politiche e sociali,
con l’ulteriore proposito di tentare di attualizzare alcune tematiche) sono più importanti dei vezzi e
delle idee dello stesso autore, che deve quindi fissare a priori delle “gabbie” intorno per focalizzare
meglio gli obiettivi. Occorre poi documentarsi moltissimo e creare sfondi storici e narrativi adeguati
affinché si possano rendere verosimili i plot di pura finzione.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il
mio invito, facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Se vuoi lasciare un messaggio al
mondo intero, qui puoi farlo.
Grazie a te! Un messaggio al mondo intero, addirittura?
Allora riporto la memorabile frase che Tupac Katari (leader di un gruppo rivoluzionario boliviano
del diciottesimo secolo) pronunciò in punto di morte (frase “ripresa” anche da Howard Fast nel suo
leggendario Spartacus): “tornerò e sarò milioni!”
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