Conosciamo l’arte di Michelangelo Buonarroti per la linea perfetta del David, l’emozione sprigionata dalla Pietà, il trionfo quasi miracoloso della Cappella Sistina che ogni volta ci lascia attoniti al primo sguardo. Conosciamo il Michelangelo artista, pittore e sculture, ma ignoriamo il Michelangelo poeta che pure è stato uno dei maggiori autori del Cinquecento con le sue prodigiose Rime.
Se l’energia vitale sprigionata dalle sue sculture ci irretisce nella contemplazione ammirata dell’artista, ecco che i suoi versi ci restituiscono invece intatta tutta l’irrequietudine dell’uomo, il tormento del genio, la lacerazione costante tra la carne e lo spirito. Era un uomo lacerato Michelangelo, probabilmente non avrebbe mai potuto trarre dal marmo delle figure vive se non avesse vissuto dentro di sé questo profondo conflitto, un’autentica “dannazione” dell’anima.
Nell’anniversario della nascita di Michelangelo, nato a Caprese, un piccolo comune della provincia di Arezzo, il 6 marzo 1475, scopriamo un fatto forse poco noto della sua biografia, ovvero la sua produzione letteraria.
Le Rime di Michelangelo
Michelangelo scrisse la maggior parte delle Rime nel 1534, intensificandone la produzione in età avanzata. Non si riteneva un poeta, definiva i suoi lavori letterari come “cosa sciocca”: soltanto nel 1546 si impegnò in un timido tentativo di pubblicazione con il sostegno dell’amico Luigi del Riccio, ma l’edizione sfumò in un nulla di fatto. L’opera sarebbe stata stampata postuma nel 1623 su iniziativa di un suo giovane nipote.
Le poesie di Michelangelo sarebbero state apprezzate da Ugo Foscolo e screditate, invece, da Benedetto Croce che le definiva “contorte e oscure”. In fondo davvero i versi di Michelangelo Buonarroti custodivano l’anima irrequieta dell’artista, l’urlo e il caos che si agitavano nella sua insondabile interiorità.
Tra i più celebri sonetti scritti dallo scultore ricordiamo Non ha l’ottimo artista alcun concetto, una splendida riflessione sull’arte che infine trova la propria apoteosi nel mistero d’amore. Il sonetto presentava una dedicataria speciale, Vittoria Colonna, l’unica donna che riuscì a fare breccia nel cuore dell’artista.
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Non ha l’ottimo artista alcun concetto” di Michelangelo Buonarroti: testo
Non ha l’ottimo artista alcun concetto
c’un marmo solo in sé non circonscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all’intelletto.Il mal ch’io fuggo, e ’l ben ch’io mi prometto,
in te, donna leggiadra, altera e diva,
tal si nasconde; e perch’io più non viva,
contraria ho l’arte al disïato effetto.Amor dunque non ha, né tua beltate
o durezza o fortuna o gran disdegno,
del mio mal colpa, o mio destino o sorte;
se dentro del tuo cor morte e pietate
porti in un tempo, e che ’l mio basso ingegno
non sappia, ardendo, trarne altro che morte.
“Non ha l’ottimo artista alcun concetto” di Michelangelo Buonarroti: parafrasi
Il grande artista non possiede alcuna idea sublime che il marmo in sé già non custodisca nel suo vestimento, a cui giunge la mano che ubbidisce al pensiero.
Così il male che fuggo e il bene a cui aspiro non dimorano che in te, donna leggiadra, dalla bellezza divina, e per te la mia arte si rivela fallace, non giunge all’effetto desiderato e dunque non serve che io viva.
L’amore dunque non ha colpa, né la bellezza, l’eternità e la buona sorte, se tu nel tuo cuore non porti che morte e pietà e io non so, pur ardendo d’amore, trarne altro che morte.
“Non ha l’ottimo artista alcun concetto” di Michelangelo Buonarroti: analisi e commento
La poesia di Michelangelo Buonarroti sembra risentire dell’influenza dei sonetti di Dante, ma soprattutto del Canzoniere di Petrarca e in particolare delle rime dedicate dal poeta alla musa Laura.
Il tema prevalente delle poesie di Michelangelo è l’amore, vissuto come tormento: tanto che, per mitigare la pena d’amore, persino la morte pare preferibile. In questo sonetto Non ha l’ottimo artista alcun concetto la tematica amorosa si combina con la riflessione sull’arte: al genio dell’artista - capace di trarre dal marmo le figure più sublimi - si contrappone la desolazione dell’uomo, incapace di suscitare l’amore della donna che ama. Ecco dunque che il suo ingegno si rivela “basso”, inconsistente, se fallisce in una simile impresa. L’irrequietudine dell’artista si riverbera in questi versi attraverso il contrasto tra realtà e rappresentazione: c’è una bellezza tale che lo sculture non può catturare nell’immortalità perenne della forma ed è quella della donna che ama.
Il sonetto di Michelangelo presentava infatti una dedicataria d’eccezione: Vittoria Colonna, poetessa e raffinata intellettuale, che aveva incontrato per la prima volta nel 1536 e con la quale intrattenne una fitta corrispondenza epistolare. La loro era una forte unione spirituale, tanto che il poeta le dedicò opere di cui oggi ci sono pervenuti schizzi preparatori, come La Pietà per Vittoria Colonna o, ancora, La Crocifissione dipinta su una tavoletta in legno, un’opera molto discussa che creò scandalo perché rappresentava Cristo, vivo ma agonizzante, sulla croce.
Vittoria Colonna sarebbe morta nel 1547, lasciando Michelangelo nella disperazione, come testimonia l’artista nelle sue lettere. C’è chi accosta tuttavia il sentimento provato dall’artista alla forma più platonica d’amore, l’agape, l’amore puro. Il legame tra l’inquieto Michelangelo e la leggiadra Vittoria fu esclusivamente spirituale, a differenza di altri e più controversi rapporti dell’artista, come quello con Tommaso De’ Cavalieri. In una lettera lo sculture giunse a definire Vittoria al maschile, come amico. Anche nel sonetto Non ha l’ottimo artista alcun concetto, che sembra ricalcare gli schemi classici petrarcheschi, in fondo la donna leggiadra appare come un’immagine astratta, l’amore diventa un simbolismo dell’arte, una metafora, una rappresentazione del sublime.
Probabile quindi che Vittoria Colonna per Michelangelo fu la donna-consolazione, la madre che non aveva mai avuto poiché l’aveva perduta troppo presto, a soli sette anni: era lei la Madonna che sosteneva il corpo esausto del Figlio in una “pietà materna” che, in fondo, ha molto a che fare con l’amore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Non ha l’ottimo artista alcun concetto”: il sonetto sull’arte di Michelangelo Buonarroti
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