La lirica intitolata Padre, se anche tu non fossi il mio, scritta dopo la morte del padre nel 1912 con cui Camillo Sbarbaro ebbe un rapporto complesso, permette al poeta di omaggiarlo con due ricordi positivi risalenti all’infanzia. Al contempo, consente al poeta afflitto da “nichilismo apatico” (Mengaldo) di riconciliarsi con la vita, esprimendo la sua gratitudine all’uomo che lo ha cresciuto ed educato con intelligente bontà.
Il componimento è tratto da “Pianissimo” del 1914, la raccolta di poesie più significativa dell’autore ligure (1888-1967) contemporaneo di Saba, Ungaretti, Montale, Rebora e i poeti dell’area crepuscolare. L’opera è affine a un diario morale in cui autore e oggetto, autore e io lirico coincidono nel racconto di presente e passato o nella confessione in presa diretta.
Il tono è monocorde o pervaso da una sommessa musicalità? Dipende dalla sensibilità di critica e lettori. La maggior parte dei testi è dedicata alla memoria dell’amatissimo padre che simboleggia la precarietà dell’esistenza. La critica ascrive Sbarbaro alle coordinate letterarie dell’Espressionismo, ma solo sul piano tematico. Basti dire che il poeta ligure osserva pessimista l’alienazione della società di massa, ritiene la vita caotica e priva di significati.
In occasione della Festa del Papà, riscopriamo insieme testo e analisi della poesia di Camillo Sbarbaro dedicata al padre.
Padre, se anche tu non fossi il mio: testo della poesia
Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso, egualmente t’amerei.
Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella, mia piccola ancora,
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia e, tutta spaventata,
tu vacillante l’attiravi al petto
e con carezze dentro le tue braccia
avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che eri il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t’amerei.
Padre, se anche tu non fossi il mio: parafrasi della poesia
Se anche tu non fossi mio padre, ti vorrei ugualmente bene per quello che sei. Ricordo quando una mattina invernale avvisasti noi bambini che sul muro di fronte era spuntata una viola. Poi andasti a prenderla con l’aiuto di una scala, mentre noi ti osservavamo dalla finestra come il nostro eroe. Ricordo che in un’altra occasione inseguivi per casa mia sorella più piccola, che doveva averne combinate una delle sue. Ma quando l’hai vista impaurita e piangente, ti sei spaventato e affrettato a stringerla nel tuo abbraccio sicuro, per proteggerla da te stesso, cioè da quel “cattivo” che eri prima. Se anche tu non fossi mio padre, ti vorrei ugualmente bene per il tuo cuore di fanciullo.
Metrica
La lirica Padre, se anche tu non fossi il mio è composta 5 strofe di endecasillabi sciolti, "umiliati" dal timbro prosastico come precisa il Solmi.
Analisi della poesia
Il padre si attesta sulla polarizzazione affettuosità e gentilezza/bontà e protezione. Manifesta sensibilità d’animo quando si accorge di un fiore primaverile spuntato anzitempo sul muro di fronte alla sua abitazione e quando nel freddo invernale va a raccoglierlo davanti agli occhi dei figli che lo guardano come un eroe. Invece manifesta bontà e spirito protettivo nel momento in cui perde il coraggio di castigare la minore. Si può leggere anche come un segno di cedimento educativo o di un’emotività eccessiva per un uomo. Non dimentichiamo che l’episodio risale a fine Ottocento. Arrivo al punto.
È vero che l’amore filiale travalica il vincolo della consanguineità, come dimostra “se anche non fossi il mio padre” in anafora. Il figlio adulto è dell’uomo che ammira le qualità, indipendentemente dalla paternità biologica. È altrettanto vero che suo padre merita l’amore del figlio, anche se per questo fosse uno sconosciuto. Nel flash poetico del ricordo, Sbarbaro ne mette in luce il cuore di fanciullo. Non si tratta dell’irresponsabilità di un Peter Pan assente, come quello che ferì l’animo di Saba, bensì dell’allegria di un padre autorevole e di un papà presente.
Come dimostra il testo in questione, il lessico ad alta frequenza è quello della quotidianità; lo stile è affine alla prosa; il taglio è oggettivamente distaccato, privo di ironia e vittimismo propri di alcuni crepuscolari, privo della violenza espressionista. È sorretto da una vis ragionativa che registra pensieri e ricordi autobiografici.
Il trauma di Camillo Sbarbaro
Camillo Sbarbaro a 5 anni perde la madre di tubercolosi, troppo pochi per sviluppare ricordi e stile di attaccamento. In compenso si lega alla sorella minore di un anno Clelia, detta Lina, con cui vivrà tutta la vita. I bimbi vengono allevati dalla zia e dal padre Carlo che si dedica completamente a loro, bilanciando rigore morale e libertà.
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Di conseguenza Camillo si aggrappò alla figura paterna e la idealizzò. Purtroppo il padre muore nel 1912 dopo una lunga malattia debilitante. ll poeta cade in una profonda depressione, peggiorata dalla partecipazione come volontario al Primo Conflitto. Secondo il critico letterario Barberi Squarotti, le liriche in memoria del padre in Pianissimo sarebbero
"accomunate dal tentativo di stabilire nel ricordo un contatto emotivo con il genitore, avendo colto nelle sue tragiche condizioni di salute una manifestazione della miseria umana".
A mio avviso Padre, se anche tu non fossi il mio è una dichiarazione d’amore e gratitudine commovente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Padre, se anche tu non fossi il mio”: la commovente poesia di Camillo Sbarbaro per la Festa del papà
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