Paul Verlaine - Rijksmuseum, Public domain, via Wikimedia Commons
Un colpo di pistola riecheggia in una notte del luglio 1873 a Bruxelles, in Belgio: è il colpo di pistola più celebre della letteratura francese. La vittima - mancata - è il giovane Arthur Rimbaud, colpevole di aver voluto partire: quel colpo di pistola esploso nella notte avrebbe dovuto impedire la sua fuga, ma non fece che accelerarla, ponendo fine a un grande amore. A sparare è Paul Verlaine, sarebbe stato condannato a due anni di prigione e a pagare un cospicuo risarcimento; ma non per lo sparo, all’epoca amare un altro uomo era considerato più illegale che sparargli un colpo di pistola. Questo è solo un assaggio - o forse l’avvenimento culminante - della vita violenta di Paul Verlaine, capostipite e creatore dei Poètes maudits, che infine si sarebbe spenta prematuramente nell’alcol.
La vita di Paul Verlaine, poeta simbolo del Decadentismo francese, è degna di un romanzo d’appendice per i suoi colpi di scena imprevisti. Divisa tra misticismo e sensualità sfrenata, fu un’esistenza maledetta nel pieno senso del termine, violenta e crepuscolare, avrebbe dato origine a versi di ineffabile bellezza.
La vita di Paul Verlaine
Paul Verlaine nacque a Metz nel 1844, figlio di un ufficiale di ingegneria. La sua famiglia si stabilì a Parigi nel 1851, dove il giovane Verlaine ricevette un’ottima educazione. Compì studi classici e, dopo il diploma, fu avviato alla carriera amministrativa; ma fu presto chiaro che non era quella la strada che lui intendeva percorrere. Frequentava i migliori salotti letterari di Parigi e iniziò ben presto a farsi conoscere nell’ambiente. Era repubblicano convinto, ateo dichiarato e sviluppò ben presto un vizio per l’alcol che lo avrebbe accompagnato per il resto della vita. Ma non era l’alcol la sua cura, questo Paul lo capì presto: era la poesia. Scrivendo versi riusciva a curare i suoi demoni o, perlomeno, a evitarli.
Ebbe il primo tracollo emotivo in seguito a due gravi lutti: la morte del padre, nel 1865, seguita dalla scomparsa dell’amata cugina Élisa Moncomble con cui Verlaine era cresciuto sin da bambino. Queste morti improvvise lo devastarono e lo fecero cadere nei fumi dell’alcol, sino al delirio. Fu in quell’occasione infatti che Verlaine ebbe il suo primo episodio di psicosi: aggredì e tentò di strangolare la madre. Seguì un tentativo di mite ripresa: nel 1866 esordì con la raccolta dei Poèmes saturniens, affermandosi come poeta autentico, mentre l’anno dopo si fidanzò con la giovane Mathilde Mauté de Fleurville. Il matrimonio, nel 1870, diede a Verlaine l’illusione di aver finalmente raggiunto un equilibrio: credeva di essere avviato verso un destino di gioia e felicità, lontano dai suoi tormenti interiori.
All’amore per Mathilde furono dedicate le raccolte poetiche successive, Fêtes galantes (1869) e Bonne Chanson (1870), colme di versi innocenti e ingenui, suggellati dal simbolismo che era la cifra distintiva di Verlaine. In quegli anni scrisse la sua più luminosa poesia sulla felicità, dal titolo Poiché l’alba si accende.
Quella gioia, naturalmente, non era destinata a durare; perché la felicità di Verlaine non si nutriva di calma né di ripetizione, l’amore di Mathilde (cui dedicò la bellissima poesia Noi saremo), la quiete domestica, non placavano il suo tormento segreto. Verlaine disse di non essere tagliato per una “vita umile e un lavoro noioso e facile”; ben presto infatti il suo matrimonio sarebbe crollato come un fantomatico castello di carte, quando incontrò il giovane Arthur Rimbaud.
Paul Verlaine e l’incontro con Arthur Rimbaud
Verlaine era rimasto letteralmente stregato dai versi di un giovane poeta di nome Arthur Rimbaud. Si erano conosciuti in un salotto letterario di Parigi e da quel momento avevano intrattenuto un’appassionata corrispondenza. Infine fu Verlaine a invitare il giovane Rimbaud a venire a casa sua, dicendo che lo avrebbe ospitato:
Venez, chère grande âme, on vous appelle, on vous attend.
“Vi chiamo. Vi attendo”, aveva scritto focosamente Paul Verlaine al suo giovane amico. Arthur Rimbaud non mancò all’appuntamento, ma a Parigi ritrovò in casa un’inquilina di troppo, ovvero Mathilde, la moglie di Verlaine, che in quel periodo era incinta. La presenza del diciassettenne mise definitivamente a soqquadro il matrimonio di Verlaine. Fu la stessa Mathilde, nel 1871, ad avviare la procedura di separazione, dopo aver dato alla luce il figlio.
Nel frattempo Verlaine era già fuggito in Belgio con il giovane amante. Iniziava così una delle storie d’amore più celebri della letteratura: scandalosa, appassionata, perennemente in fuga e, infine, suggellata da quel famoso colpo di pistola.
I due viaggiarono molto tra il Belgio, Londra e Parigi, intessendo una relazione tormentata fatta di slanci di passione, ma anche da immancabili litigi e terribili separazioni. Fu proprio quando Rimbaud minacciò di andarsene definitivamente che Verlaine fece esplodere il colpo di pistola che lo avrebbe destinato al carcere.
Quello sparo ebbe due conseguenze non da poco nelle vite dei due: Arthur Rimbaud vi trasse l’ispirazione per il suo capolavoro, Une saison en enfer, mentre Paul Verlaine scoprì l’inferno del carcere e, infine, la risalita attraverso la conversione al cattolicesimo. Entrambi, in ogni caso, rinnovarono la loro poetica nutrendola di un’ispirazione nuova: se Rimbaud raccontava l’Inferno, Verlaine decise di mettere in versi il Paradiso scrivendo Romances sans paroles (1874) e iniziando a comporre la Sagesse (1881), nella cui prefazione avrebbe scritto la propria autentica professione di fede:
L’autore di questo libro non ha sempre pensato come oggi. (...) Adora la Bontà Infinita e invoca l’Onnipotente, figlio sottomesso della Chiesa, l’ultimo nei meriti, ma pieno di buona volontà.
In questa veste di “peccatore redento”, sorta di “figliol prodigo” o pecorella smarrita tornata all’ovile, ecco che, appena uscito di prigione, Verlaine cercò subito di raggiungere Rimbaud, che allora lavorava come precettore a Stoccarda. Il ritrovo tra i due amanti non ebbe gli esiti sperati: si divisero poco dopo, Rimbaud riprese i suoi viaggi, mentre Verlaine ricominciò a vagare solo, da uomo disperato.
Gli ultimi anni di Paul Verlaine
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Nel 1875 Paul Verlaine iniziò a insegnare francese e disegno in Inghilterra, nelle varie località di Stickney, Boston, Bournemouth, infine con una breve parentesi francese nelle Ardenne. Fece poi ritorno in Inghilterra con l’ex allievo Lucien Létinois con il quale aveva sviluppato un’equivoca amicizia - chissà, forse gli ricordava Rimbaud.
Verlaine visse con il giovane per quattro anni, finché Lucien non morì prematuramente a causa di una febbre tifoidea. Prostrato dalla sua morte, Verlaine gli dedicò le poesie della raccolta L’Amour che sarebbe stata pubblicata cinque anni dopo nel 1888.
Tornato definitivamente in Francia, Verlaine rischiò di sprofondare di nuovo nel baratro dell’alcol. Nel frattempo pubblica la raccolta Jadis et Naguère, che comprende alcuni capolavori, tra cui la sua “Art poétique”. Nello stesso anno, il 1884, pubblica Poètes maudits (I poeti maledetti, Ndr), uno studio dedicato a Tristan Corbière, Rimbaud, Mallarmé e a sé stesso - pubblicato sotto l’anagramma di “Pauvre Lélian”. Quel testo ufficializzava di fatto l’esistenza dei “Poeti maledetti”, dando origine a una rivoluzione nella critica letteraria: ora la tensione incarnata dalla letteratura occidentale aveva un nome ed era racchiusa in quei giovani perennemente alla ricerca dell’Assoluto, divorati da una fame che li conduceva a comportamenti esistenziali autodistruttivi e rovinosi.
Ormai il suo nome appariva scritto nell’Olimpo delle lettere francesi, ma la sua vita di uomo sta cadendo miseramente sempre più in basso. Preda dei fumi dell’alcol, vagava da un ostello all’altro, come un vagabondo. La sua produzione in quegli ultimi anni varia dalle opere religiose, Liturgies intimes (1892), a quelle erotiche, Chansons pour elle (1891).
Nell’agosto del 1894 venne eletto “Principe dei poeti”; ma neppure quella nomina riuscì a riscattarlo da una vita sempre più raminga e sbandata. Mentre si crogiolava nell’alcol, nella passione più sfrenata e nella totale solitudine, Paul Verlaine era all’apice della fama, il suo nome osannato da riviste e giornali letterari, gli editori facevano a gara per pubblicarlo.
Intratteneva scandalose relazioni omosessuali alternate ad altre storie più chiacchierate con prostitute; una su tutte, Eugénie Krantz, la donna che gli rimase accanto negli ultimi anni della sua vita. Fu proprio al fianco di Eugénie, detta “Nini-Mouton”, che Paul Verlaine trascorse il tempo che gli restava da vivere. Presentò addirittura la moglie in un salotto come sua “quasi moglie”, in un’occasione in cui era evidentemente un po’ alticcio. Ebbero una relazione tormentata: dopo ogni litigata si narra che Verlaine raccogliesse i suoi quattro vestiti, impacchettasse i suoi manoscritti e poi ricominciasse a vagare per le strade; alla fine, però, tornava sempre da Eugénie.
Non era bella, Eugénie Krantz, le cronache del tempo la descrivono come una donna dal viso rubicondo e solcato da rughe, gli occhi piccoli e malvagi. Eppure fu l’ultimo grande amore di Paul Verlaine, cui lui dedicò poesie appassionate.
In una delle ultime lettere Verlaine scriveva: “Non posso fare a meno di lei”.
La lei in questione, Eugénie Krantz, non lo ricambiò con altrettanto affetto, alla sua morte scrisse agli editori cercando di vendere i suoi manoscritti inediti per sbarcare il lunario. A Edmond Lepellettier, editore e amico fraterno di Verlaine, scrisse supplicandola di non lasciarla morire di fame e aggiunse: “Soffro il raffreddore che ho preso il giorno della morte di Paul Verlaine”.
L’amore tra Verlaine ed Eugénie detta “Nini” rimane uno dei grandi misteri della vita di Verlaine; non di rado si tende a eliminare quest’ultimo episodio dalle biografie del poeta, quasi si temesse di sporcare la figura del grande autore francese. Eppure è a Eugénie che Verlaine dedicò le sue ultime poesie, tra cui la celeberrima Amami, perché senza te nulla posso, nulla sono.
Paul Verlaine morì l’8 gennaio 1896 a Parigi a causa di una congestione polmonare. Aveva soli cinquantun anni; l’amato Arthur Rimbaud - l’eterno giovane poeta della letteratura francese - lo aveva preceduto, morendo cinque anni prima di cancro a Marsiglia. Con la morte di Verlaine si chiudeva la stirpe dei “Poeti maledetti”.
Leggenda narra che, al passaggio del carro funebre che trasportava il suo feretro, la statua della Poesia - in cima all’Opéra - abbia perso un braccio e questo sia franato miseramente a pochi passi dal corteo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Paul Verlaine: vita e opere del poeta maledetto della letteratura francese
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