Perché Sanremo è Sanremo. Da Grazie dei fior a Me ne frego. Storia del Festival più amato dagli italiani
- Autore: Davide Steccanella
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Non riesco ad arrendermi al fascino (presunto) del Festival di Sanremo. Non riesco a spezzare una lancia che sia una in suo favore. Non sopporto Sanremo come tutto ciò che sa di induzione alla medietà. Per non dire di acquiescenza critica e irragionevole spensieratezza. Se ho letto “Perché Sanremo è Sanremo. Da Grazie dei fior a Me ne frego, Storia del Festival più amato dagli italiani” (Paginauno, 2021) è perché ho letto altri libri di Davide Steccanella e mi aspettavo avrebbe pestato anche stavolta sui tasti del costume e della storia sociali. E che per quanto riguarda le canzoni avrebbe affondato di sciabola e toccato di fioretto se e quando fosse stato il caso (niente buonismi avalutativi da giornalista di Raiuno: progenie di Pupo, Ricchi e Poveri, Albano & Romina, ora e sempre).
Sgombro dai giudizi “a priori” che determinano la mia idiosincrasia sanremese, Davide Steccanella ha affrontato il discorso in tutta onestà: zero sanremeidi o madeleinismi e abbondante (contro)storia del Festival (1951-2020). Scritta di pari passo alle mode, ai tic, alle crisi nazionali, ai dietro e fuori le quinte che ne hanno determinato fortune e sfortune (vedi gli anni più bui di Sanremo (1973-1977), coincidenti con il floruit sacrosanto dei cantautori).
In altre parole, Steccanella non abdica dal diritto di cronaca e nemmeno di critica, assumendo il Festival come cartina di tornasole della canzone popolare e del Paese: dal pedagogismo edulcorato dei Claudio Villa e Nilla Pizzi alle provocazioni vetero-zeriane di Achille Lauro.
Settanta edizioni tonde con quella a porte chiuse di quest’anno, ripercorse passo passo, podio per podio, tormentone dopo tormentone ("mi hanno fatto innamorare/ gli occhi verdi di tua madre", "che fretta c’era/ maledetta primavera"), meteora dopo meteora, con il supporto gustoso di note giornalistiche dell’epoca, quasi sempre al vetriolo. Perché invece di ignorare il Festival sic et simpliciter, certo giornalismo italiano si illude che dargli contro sia una buona occasione per eradicarlo dai gusti scipiti dell’italiano medio (ma quando mai!). Come sentenzia il Finardi post-barricadero che a Sanremo c’è stato due volte (se la memoria non mi inganna):
“Per alcuni aspetti partecipare a Sanremo ti fa sentire al centro dell’universo, ma è un appuntamento in cui la musica conta poco”.
È questo il nocciolo della questione: prima di essere un festival musicale, prima di qualsiasi altra cosa, Sanremo è un fenomeno di costume. Allo stato attuale, è il Titanic in cui si continua a cantare, ballare e a far finta di niente mentre la nave affonda. Per ignavia, populismo e imbecillità di massa, si affonda in primo luogo (benedetti i tempi in cui canzoni e “messaggio” erano una cosa sola).
Il fatto che Davide Steccanella monti la sua storia festivaliera sul piano doppio della canzone e della fenomenologia sociale mi ha reso dunque assai gradita la lettura del suo Perché Sanremo è Sanremo, gli abbuono persino che in appendice elegga Vita spericolata a brano sanremese più bello di sempre. De gustibus, e in fin dei conti sempre meglio che “felicità è un bicchiere di vino/ con un panino” o l’italiano “con l’autoradio nella mano destra/ e un canarino sopra la finestra”.
Sanremo, per concludere, è una specie di malattia esantematica per adulti: prima o poi, di dritto o di sguincio, ti tocca: devi vedertela con lei (cioè con Lui, il Festival nazional-popolare per antonomasia). Come avverte legittimamente l’autore ad apertura di libro:
“Se è vero che alcuni grandi cantautori si sono sdegnosamente tenuti alla larga dal carrozzone dei fiori, è anche vero che prima o poi, chi come autore o chi come ospite, da quella passerella sono passati più o meno tutti. Perché, come ha detto Giorgio Conte, fratello del più noto Paolo, e autore della celebre Deborah: ‘A Sanremo checché se ne dica, almeno una canzone la si deve mandare per tentare il colpaccio” (pag. 13).
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