È stata presentata nei giorni scorsi presso la Biblioteca Regionale della Regione Siciliana una riedizione con una nuova elegante veste grafica, dopo più di venti anni del volume di Gaetano Basile dedicato alla Storia dell’"Isola che non c’è", ricca di aneddoti storici curiosi e divertenti e note spesso inedite sugli usi, costumi e consuetudini in terra di Sicilia.
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Alla presentazione di Sicilia. L’isola che c’è (Flaccovio, 2021) hanno partecipato il direttore della Biblioteca, dott. Pastena, che ha riferito come il libro di Gaetano Basile sia tra quelli più consultati per la ricchezza e varietà dei contenuti. Un libro che si ispira al Gran Tour, quello che tutte le famiglie di un certo livello sociale, culturale ed economico facevano compiere ai propri figli, andando a scuola di bellezza in Italia in specie in Sicilia, terra del mito.
Si tratta di un “Tour” in chiave moderna, con l’occhio attento e particolare di un giornalista speciale. Un viaggio attraverso tutti i 480 comuni della Sicilia, da lui esplorati e visitati, cercando con intraprendenza ed entusiasmo le curiosità e le stranezze. Svolgendo un incarico di lavoro, l’autore ha trovato nel tempo libero, il tempo e l’interesse di indagare su luoghi inesplorati. Basile ha avuto così modo di conoscere tutta la Sicilia, paesi belli e meno belli, con evenienze architettoniche interessanti o con poco da vedere se non le macerie dell’ultima guerra.
Andando al cuore del libro, vi sono tra gli altri riferimenti al Gattopardo di Visconti, dove Basile fa notare alcune inesattezze riguardo all’accoppiamento tra vini e cibi, di cui ebbe conferma dialogando successivamente con l’erede del principe di Lampedusa, Gioachino Lanza Tomasi. I libri, dice Basile, vanno letti più volte, in quanto ogni volte se ne riscoprono aspetti che alla prima lettura spesso sfuggono, presi dal desiderio di conoscere come finisce la “storia”.
Luchino Visconti, a cui si deve la splendida versione cinematografica del manoscritto del Principe, pose rimedio a una svista di Tomasi di Lampedusa. Nella cena di gala a Donnafugata, dove vi è la presentazione di Angelica, ecco apparire a un tratto un capolavoro della cucina dei “Monsù”: il timballo di maccheroni in crosta. La descrizione vale quanto la ricetta ma dieci pagine dopo non si sa cosa fu servito in accoppiata, non se ne fa subito menzione, e per saperlo occorre arrivare quando il Principe, dirigendo il suo sguardo verso la splendida Angelica, ne descrive le sembianze (capelli corvini che incorniciavano una fronte spaziosa, il colore del viso abbronzato, gli occhi meravigliosamente neri e grandi, un naso regolare, le labbra color corallo che lasciavano vedere denti perfetti, un bellissimo sorriso, il seno ampio, pieno, ben separato). Ma questa descrizione è interrotta da un pensiero che angustia il Principe: devo ricordare in cucina che la “demi glace” era salata. La c.d. “demi glace” altro non era che il sugo della carne e andava sull’arrosto al forno ed era troppo salato perché il cuoco aveva sbagliato a riscaldare la salsa, avendola messa sul fuoco mentre in realtà le salse, come è noto, si riscaldano a bagnomaria, altrimenti si restringono e si alterano.
La narrazione prosegue pagine dopo con Angelica che sbotta in una fragorosa risata e Tomasi di Lampedusa riferisce come forse causata da paroline dolci sussurrate all’orecchio da Tancredi o forse per il troppo chablì che aveva bevuto. Lo “Chablis”, giova ricordare, è un vino bianco che si accoppia al meglio con una zuppa di pesce, pertanto con quello che si era mangiato non era adatto. Un errore “gastronomico” grandioso, quello compiuto dal Principe che era sì un gran gourmet ma di vini non aveva alcuna competenza. Visconti nel suo Gattopardo cinematografico, corresse l’errore e ostentatamente fa brindare Tancredi e Angelica con del vino rosso.
Gaetano Basile è un grande intenditore di vini, attento studioso della storia dei cibi tipici isolani, accademico onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e membro del Comitato studi sulla cucina siciliana. Basile è anche maître ad honorem dell’Associazione dei Maîtres Italiani AMIRA. Nel 2011 è stato inoltre premiato dall’Associazione della Stampa Estera come “Miglior divulgatore culturale della gastronomia italiana”.
Tornando al Gattopardo, secondo Gaetano Basile, bisogna dire che è molto più piacevole e briosa a leggersi la versione francese, essendo il Tomasi di cultura d’oltralpe.
Sull’aspetto della cucina siciliana, si danno poi spiegazioni su alcune specialità siciliane quali la caponata. È un piatto tipico della cucina agrodolce che arriva dagli arabi che la riportano da altre tradizioni culinarie, tanto che vi sono ben 35 ricette diverse. Basile sottolinea come è importante che non si aggiunga lo zucchero, ma deve esserci il miele millefiori. Lo zucchero è troppo dolce mentre il miele conferisce al piatto la giusta dolcezza; è un piatto che viene dalla Persia preislamica quando Zaratustra affermò che l’uomo deve tendere al giusto e perfetto equilibrio tra il bianco e il nero, tra la notte e il giorno e tra il dolce e l’aspro. Era un piatto popolare per la povera gente che la sera aveva diritto a una bella zuppa di ceci, molto nutriente. Cento grammi di ceci hanno infatti la stessa quantità nutrizionale di una bistecca di 150 grammi. Per il pasto di mezzogiorno, si ricorreva poi a una galletta che era dura ed insipida e pertanto veniva immersa per ammorbidirla nell’acqua di mare. Si scoprì poi che nelle taverne siciliane ancora dette “Caupone”, con un termine latino, si vendeva una salsa agrodolce con cui si potevano abbinare piccoli pesci, olive e quant’altro potesse venire in mente. Ebbe così un gran successo tanto da divenire un piatto molto comune. Alcuni la servono come antipasto ma è invece un “entremet” come dicono i francesi, un intermezzo che serve a staccare il pesce insipido rispetto alla carne più sapida. Essendo la caponata acida, pulisce la bocca inducendo per la presenza dell’aceto a bere acqua e non vino. L’aceto cancella il sapore precedente mentre l’acqua “resetta” le papille gustative e si può andare avanti nel pasto con le pietanze più sapide.
Nel primo dizionario “Etimologicum Siculum” di Padre Giuseppe Vinci, stampato a Messina nel 1751, la voce caponata è descritta come un’insalata di cose varie. Tutti i dizionari siciliani fino al 1860, riportano la stessa definizione. Finalmente Vincenzo Mortillaro, nel suo Dizionario etimologico nel 1853, riporta una differente definizione individuandola come un insalata di cose varie, alla quale si possono aggiungere “petonciane” e peperoni. Le petonciane altro non sono che le sicule “melanciane”.
Un altro errore di datazione storica che Basile riscontra è il giorno dell’inizio della rivolta del Vespro che è stato fissato il 29 di marzo del 1282, che però non era di martedì ma il lunedì dell’ Angelo ma appare inverosimile che i palermitani facessero una rivolta il giorno di Pasquetta. Quindi, appare più realistico che la rivolta del Vespro scoppiò di martedì. La rivolta fu un modo “discreto”, forse veicolato, per evitare che gli Angioini che stavano preparando una spedizione nell’Impero ottomano, mettessero in atto questo progetto.
Ma sono tanti altri gli argomenti di cui tratta la imperdibile pubblicazione di Gaetano Basile, di cui ha fatto solo cenno nella presentazione del intrigante volume a cui si rimanda per una piena cognizione dei contenuti.
“Un viaggio a due passi da casa” come nel sottotitolo di copertina scritta da un siciliano doc che conosce la Sicilia nei suoi odori, sapori, posti segreti, guai e fortune.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Presentata la nuova edizione di “Sicilia. L’isola che c’è” di Gaetano Basile
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