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La tendenza è a nascondere, sottacere, nei casi migliori minimizzare. I possibili prodromi di una sofferenza mentale, sconcertano e spaventano, per cui si fa finta di niente, si spera, si prende (si perde) tempo, quando, invece, la presa di coscienza del problema rappresenta il primo passo - il passo migliore che si possa compiere - per affrontarlo e tentare di venirne a capo. L’agile collana di manuali “self help” (auto-aiuto) che la San Paolo Edizioni manda in libreria dal mese di luglio 2011 trova la sua prima ragion d’essere in questa prospettiva.
La serie si intitola “Primi passi fuori da” (copertine “solari”, taglio similare, scrittura accattivante) e racchiude i suggerimenti essenziali per far fronte in maniera adeguata a problemi correlati all’ansia (fascicolo curato da Kate Middleton), ai disturbi alimentari (Kate Middleton & Gene Smith), depressione (Sue Atkinson), alcolismo (John McMahon). Pagine che alla puntualità informativa sulle malattie aggiungono i classici consigli utili su come gestirle (auspicabilmente, anche con l’aiuto di “specialisti” del settore). Il merito principale dei volumi risiede nell’approccio “divulgativo”, al problema. Un taglio “basso” che non spaventa, e nemmeno scoraggia, malgrado la collana non sia ascrivibile all’interno del genere “offresi pozioni magiche”, non sbandieri tempi di recupero (tipo: fuori dalla depressione in quindici giorni) e nemmeno garantisca mirabilie terapeutiche (vedi libri-panacea di certi pseudo-guru della mente di estrazione televisiva).
In termini più concreti (e sinceri), i “Primi passi fuori da” della San Paolo ti dicono che il percorso per uscire dalla sofferenza psicologica (qualunque essa sia) è ostico e passa da accettazione, impegno, fatica, coraggio. Ma ti spiegano anche che il successo è possibile. Prova ne siano le diverse storie di persone che, malgrado tutto, ce l’hanno fatta. Come si conviene a pubblicazioni rivolte a lettori “non specialisti” (malati e familiari di malati, in primis) la scrittura è piana, l’approccio accattivante e diretto. Un buon inizio per trasmettere senso di sicurezza e di fiducia. Quello che manca, spesso, a chi soffre nell’anima e nel corpo.
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