Nei versi dissacranti della poesia intitolata Quando Dio creò l’amore, che non cantano tanto l’amore sacro quanto l’amor profano, Charles Bukowski riscrive la propria personalissima “genesi” ponendovi al centro una peculiare immagine generatrice: ovvero una donna che giace distesa in un letto. È lei la rappresentazione, l’incarnazione corporea del significato della parola “Amore”. Una donna che, questo Bukowski non lo dice, non fatichiamo a immaginare “nuda” come nei migliori quadri della tradizione pittorica, pensiamo alla Danae di Rembrandt, alla Maya Desnuda di Goya o al Nudo di Modigliani. Difficilmente le donne raffigurate dai pittori sdraiate su un letto sono vestite, almeno che non siano malate o morenti, ma anche in quei casi spesso le vesti appaiono discinte oppure lasciano intravedere una spalla, un seno, l’incavo delle scapole.
Al centro della poesia Quando Dio creò l’amore dobbiamo immaginare una donna simile, come quelle ritratte nei quadri, a metà tra l’essere femmineo e la divinità incarnata.
Il giaciglio diventa il luogo dove la donna può liberare la propria carica seduttiva, erotica e dunque potenzialmente “generatrice”. Non a caso all’immagine della donna addormentata Bukowski ha dedicato numerose poesie dai titoli che, con sfumature differenti, riprendono il medesimo tema: Donna che dorme, Donna addormentata, Uomo e donna a letto alle dieci pomeridiane, titoli descrittivi che richiamano le didascalie dei quadri, seguendo il procedimento retorico dell’ekphrasis ovvero la descrizione verbale dell’opera d’arte. L’intento di Bukowski non è certamente votato alle alte sfere spirituali dell’arte dato che in tutte le sue poesie fa riferimento a un amore molto più carnale, compresa questa Quando Dio creò l’amore il cui titolo originale inglese è in realtà più sibillino e sembra rimandare esplicitamente all’atto sessuale Yes yes. Diciamo che la traduzione - errata - in italiano Quando Dio creò l’amore è sicuramente un titolo più elegante; ma non possiamo certo rimuovere la volgarità, implicita e voluta, presente nei versi di Bukowski.
Scopriamo traduzione, analisi e testo originale della poesia. Il titolo originale, lo ricordiamo, è Yes yes ed è contenuta nella raccolta Burning in Water Drowning in Flame (1974).
“Quando Dio creò l’amore”: la poesia di Charles Bukowski
Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terraQuando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempoHa fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo.
“Quando Dio creò l’amore” di Charles Bukowski: testo originale inglese
When God created love he didn’t help most
when God created dogs He didn’t help dogs
when God created plants that was average
when God created hate we had a standard utility
when God created me He created me
when God created the monkey He was asleep
when He created the giraffe He was drunk
when He created narcotics He was high
and when He created suicide He was lowwhen He created you lying in bed
He knew what He was doing
He was drunk and He was high
and He created the mountians and the sea and fire at the same timeHe made some mistakes
but when He created you lying in bed
He came all over His Blessed Universe.
“Quando Dio creò l’amore” di Charles Bukowski: significato
In questa poesia l’azione di Dio, della divinità, appare come una forza sovrumana, trascendente, che si fa rappresentazione della vita stessa. Bukowski in Quando Dio creò l’amore compone una genesi alquanto singolare: traslitterando il significato più spirituale dell’amore in quello più profano, sporcando la sua purezza, ma conclude con un riferimento - che è come uno sberleffo - al sacro:
fece tutto il suo Sacro universo.
Implicitamente Bukowski, che certo non era un profeta ma uomo di strada intriso di sano realismo, ci sta dicendo che la vita ha ben poco a che fare con il sacro, con la purezza e la redenzione dei peccati. L’amore che lo scrittore americano descrive in questi versi è torbido, opaco, passionale e al contempo così pervasivo e acceso di desiderio da risultare quasi mistico.
I versi di Charles Bukowski in Quando Dio creò l’amore (1974) ricordano l’Hallelujah di Leonard Cohen (1984): allo stesso modo il testo religioso viene riscritto e distorto per dimostrare che il mondo è un luogo pieno di conflitti in cui regna sovrano il disordine e non l’ordine; e l’amore di cui parla la canzone è un amore umano e non divino, fatto di sesso e desiderio, che riguarda dunque strettamente la vita sulla terra e non l’alto dei cieli. Non ci attardiamo nel descrivere il sottotesto non propriamente religioso del brano di Cohen, ma vi invitiamo a scoprirlo e proseguiamo con l’analisi di Bukowski.
Nella genesi biblica ogni versetto si conclude con “E vide di aver fatto cosa buona”; nella genesi profana di Charles Bukowski naturalmente questo non accade. Il Dio narrato da Bukowski combina un mucchio di errori: è intrepido e sregolato, è pazzo e ubriaco. Non compie il bene dando la vita alle creature, poiché le condanna alla sofferenza.
Creando il mondo e gli esseri umani Dio ha commesso un’imperfezione, afferma Bukowski, ha dato origine a una ragione di sofferenza; tuttavia in questo caos primordiale ha inserito anche una speranza.
L’unica cosa buona della creazione divina, afferma il poeta, è la donna che giace distesa in un letto. In quell’immagine, secondo Bukowski, è racchiusa la segreta perfezione dell’universo, il vero atto “divino” compiuto da Dio.
Ora, questa concezione può essere interpretata in vari modi: senza dubbio vi è un riferimento all’amore carnale e non solo all’intangibile perfezione dell’essere femminile; ma in questa apologia della donna distesa, del corpo nudo, racchiude anche l’immagine stessa della genesi della vita, la donna - pronta all’amore - si prepara all’idea del concepimento.
L’idea della donna madre e della donna amante coincidono, si sovrappongono e diventano quindi un tutt’uno con l’energia vitale, sono entrambe fonti generatrici di vita. Questo Charles Bukowski non lo dice, ma forse neppure l’idea di un Dio donna era poi così lontana dal suo immaginario, visto che tutto alla fine viene a coincidere con un’immagine femminile posta al centro di ogni cosa, unica fonte primigenia del Tutto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Quando Dio creò l’amore”: la poesia di Charles Bukowski sull’amor profano
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