Quando lei era buona
- Autore: Philip Roth
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2012
Un’idea convincente quella di Einaudi di ripubblicare i primi romanzi di Philip Roth. I lettori che si sono appassionati ai libri del grandissimo scrittore americano forse erano troppo giovani nel 1965, anno di pubblicazione di questo “Quando lei era buona”, e ora, forti dell’esperienza della lettura di molti dei numerosi “must” di Roth, da “Pastorale americana” a “La macchia umana”, da “L’animale morente” al “Complotto contro l’America”, per citare i primi titoli che mi tornano in mente, sono pronti alla lettura di questo romanzo durissimo, ambientato nei primi anni Cinquanta tra Fort Kean e Liberty Center, nell’Ohio, vicino a Chicago.
La protagonista è una ragazza di appena diciassette anni, Lucy Nelson, che vive con la madre Myra, il padre Whitey e i nonni materni, Willard e Berta. Questa però è una famiglia malata: Myra subisce la continue violenze del marito, ubriacone e fragile, che comunque lei difende e ama, malgrado il padre Willard tenti di proteggerla e di allontanare il genero, che vive alle loro spalle. Ma la piccola Lucy, dopo vani tentativi di dialogo con il padre, irretita dal prete cattolico che la vuole convertire ed allontanare dallo spirito maligno di suo padre, durante un’ennesima scena di violenza domestica sulla madre, chiama la polizia che arresta Whitey.
La difficile adolescenza di Lucy, povera e discriminata, solitaria e rigida, non è lenita dall’amicizia con la giovane Eleonor Sowerby, tanto diversa da lei, brillante e frivola, malgrado anche nella sua famiglia serpeggino seri problemi: suo padre Julian non è il bonaccione che mostra all’esterno, e la figlia ne è consapevole; a casa Sowerby c’è anche il coprotagonista del romanzo, Roy Bassart, il nipote, reduce dal servizio militare alle Aleutine, ventenne debole e viziato, che aspira velleitariamente a divenire fotografo frequentando un corso universitario. Roy si innamora di Lucy, ossia desidera più di tutto possederla sessualmente e dopo mesi di tentativi riesce a fare breccia nella barriera morale che impedisce alla ragazza di abbandonarglisi. Il risultato è un’indesiderata gravidanza, oltremodo scandalosa nella puritana America degli anni cinquanta. Lucy, dopo aver inutilmente tentato di abortire, obbligherà Roy a sposarla, pur non amandolo e anzi disprezzandolo dal profondo, e la nascita del piccolo Edward non migliorerà la condizione di questa coppia improbabile: Roy, ad ogni difficoltà cercherà l’aiuto dei genitori e soprattutto dello zio Julian, che detesta Lucy nella quale vede una onestà che non gli è propria e di cui ha in fondo timore.
Il finale del romanzo non è affatto lieto e non poteva esserlo data la capacità di Roth di andare fino al fondo delle contraddizioni e della ipocrisia della società americana che lui ben conosceva: sembra infatti che nel personaggio di Lucy, avviata verso la follia dopo che Roy si è rifugiato dai Sowerby con il figlio, abbia in qualche modo descritto il rapporto con la sua prima moglie.
Un romanzo bello e onesto, ma anche difficile da leggere se non si è determinati a seguire lo scrittore nel baratro profondo della consapevolezza che la famiglia è un luogo terribile, dove si consumano i peggiori delitti psicologici e in questo caso, anche fisici.
La scrittura puntuale ed esauriente, i particolari mai banali, le citazioni appropriate, l’architettura tutta del romanzo, la caratterizzazione analitica e precisa dei personaggi, anche minori, ci annunciano il grandissimo autore che in seguito diverrà il più grande, secondo il mio giudizio, della narrativa americana contemporanea.
Quando lei era buona
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