Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
- Autore: Maurizio de Giovanni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2024
Maurizio de Giovanni aveva dichiarato finito il ciclo del commissario Ricciardi diversi anni fa, con una conclusione drammatica, ma due anni fa la sua vena creativa si è ridestata dando origine a una sorta di saga "tanghera", poiché i titoli si rifanno ad altrettante struggenti canzoni argentine con musica da tango.
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi (Einaudi, 2024) è un romanzo ambientato nel luglio 1940, un mese dopo l’entrata in guerra da parte dell’Italia.
I vari personaggi sono soli, ciascuno lasciato nella sua porzione di narrazione, anche se il libro si apre con la voce narrante di una donna che descrive un drammatico ricordo d’infanzia. Ricciardi è in Cilento con la figlioletta Marta e i suoceri, sfuggiti a una lista che li annoverava tra i cittadini di origine ebraica, mentre Maione è a Napoli alle prese con i figli entusiasti del regime e con la paura per un futuro tragico.
Modo è in pensione ed è deciso a compiere una scelta definitiva. Dall’altra parte del mondo Livia si appronta a "volver", a tornare malgrado l’imminente disastro.
Il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni passa abilmente di personaggio in personaggio, creando dei quadri narrativi distinti e al tempo stesso correlati tra loro. L’atmosfera è cupa e ripiegata, quasi presaga del dramma a venire, e persino Marta, piccola donna, non ne è esente.
Il caso raccontato dal romanzo è una sorta di "cold case" che finirà con un vero e proprio colpo di scena. Le figure più leggere del romanzo sono Bambinella, il travestito informatore di Maione e Nelide, forse decisa a dare una svolta positiva alla sua vita fatta solo di doveri.
Volver (titolo di un tango di Alfonso le Pera) è un romanzo appassionato e appassionante, felice commistione tra romanzo storico e genere giallo, scorrevole nella scrittura e di facile lettura. Probabile un seguito, dato il finale decisamente aperto.
Recensione di Francesca Barile
Comincia con il lieve rintocco della lontananza convertita in ritorno il nuovo libro di Maurizio de Giovanni, Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi (Einaudi, 2024), in cui, ancora una volta, gli eventi della Storia e la storia individuale si specchiano gli uni negli altri.
Dopo Caminito e Soledad, il terzo e ultimo dei tre romanzi del tango non rinuncia a mettere in evidenza alcuni passaggi nodali del periodo storico – siamo nel giugno/luglio del 1940 – che ha visto l’Italia fascista, divisa fra speranza, rassegnazione e rivolta, entrare nel secondo conflitto mondiale a fianco della Germania nazista. La dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna rappresenta il naturale compimento del percorso di aggressione voluto da Mussolini ed è sostenuta da un iniziale entusiasmo dovuto alla convinzione che la “guerra lampo” si concluderà in breve tempo con la vittoria.
In città, però, per molti sono tempi difficili:
Aveva passeggiato, incrociato gente, scambiato parole. C’era paura, c’era inquietudine. Soprattutto, c’era una povertà atroce. Bambini nudi per strada, sporchi, indeboliti dagli stenti, accasciati a terra fra gli escrementi; donne smunte e pallide sedute all’esterno dei bassi, in braccio neonati piangenti che succhiavano disperati da seni vuoti; vecchi sulle scale dalle chiese, a supplicare elemosine; altri sdraiati in un sonno senza sogni, che respiravano appena o forse erano già morti, in attesa di essere raccolti e gettati nelle fosse comuni come spazzatura.
Il commissario Ricciardi, invece, ha avuto non poche difficoltà a convincere i suoceri, Giulio e Maria, a trasferirsi insieme a lui e a Marta nei possedimenti di famiglia a Fortino, il paese del basso Cilento dove è nato: purtroppo, anche se le origini ebraiche della famiglia della sua amata Enrica non sono che una specie di favola, nella lista che il vicequestore Garzo gli ha mostrato c’erano anche i loro nomi. La prudenza è d’obbligo, almeno per la bambina.
Non solo ha ribadito che le sue fortunate condizioni economiche gli consentono di lasciare il lavoro senza problemi, ma ha spiegato che la bambina avrebbe dovuto frequentare una scuola separata, allontanarsi dagli altri bambini, sentendosi discriminata e diversa; che senza i nonni sarebbe stata indifesa e che la sua personalità ne avrebbe risentito.
Le prime settimane non sono state facili: i ritmi della vita di campagna, l’assenza di amicizie e di conoscenze e la mancanza di compiti e di ruoli sociali hanno disorientato tutti. Un po’ alla volta, però, Maria ha cominciato a partecipare alla gestione della grande casa dei Malomonte, fino a prenderne le redini, con soddisfazione di tutti, soprattutto di Elide che può così occuparsi dei possedimenti di Ricciardi con maggior cura.
Giulio si concede lunghe passeggiate, mentre Ricciardi cerca di trascorrere più tempo possibile con Marta, che qui è molto felice: le mattinate sotto l’ulivo con Zi’ Filumena, vecchissima e sordomuta ma per nulla svagata, sono una fonte di divertimento assoluto.
Certo, a Ricciardi mancano gli amici, soprattutto il brigadiere Maione con la sua umanità, che in combutta con Bianca Borgati, contessa Palmieri di Roccaspina e Bambinella, sta cercando di togliere dai guai Bruno Modo, il dottore colto e fintamente cinico che, contrario com’è al regime fascista, non esita a mettere se stesso in pericolo. Riesce però a ristabilire, pian piano, il contatto con i luoghi della sua infanzia e, soprattutto, si interessa a un omicidio avvenuto trentaquattro anni prima nella sua proprietà.
Il morto, un bracciante di nome Gaetano Sarubbi, celibe, di ventiquattro anni e residente a Fortino, lavorava in un podere nella contrada di Casaletto. Nel febbraio del 1906 il suo cadavere era stato rinvenuto da un giardiniere, all’alba, seduto sotto un tralcio di vite, nel vigneto di proprietà dei Malomonte. Le indagini della locale stazione dei carabinieri avevano individuato l’assassino nella persona di Angrisani Rocco, di anni venticinque, coniugato e residente a Fortino, ma non era stato possibile catturarlo: il processo che si era svolto in contumacia aveva portato alla sua condanna. Della sua latitanza si erano dette molte cose: che si era unito ai briganti, che si era nascosto nei boschi, che prima o poi sarebbe tornato dalla moglie e dei figli, ma non era stato così – anche perché la moglie l’aveva massacrata di botte. In seguito si era venuto a sapere della sua morte in Belgio, dopo una breve malattia. Il movente poteva essere stato la gelosia: emigrato all’estero, Angrisani era sposato con una bella ragazza, aveva tre figli, due maschi e una femmina, e temeva che, durante la sua assenza, il Sarubbi avesse corteggiato la moglie. O, almeno così si diceva in paese.
Non solo questo è il primo morto ammazzato che Ricciardi ha avuto l’avventura di vedere, ma è il primo che gli ha rivolto la parola, facendogli scoprire quello che chiama “il fatto”, ovvero la capacità di “vedere” gli ultimi istanti vissuti da chi è stato portato via da una morte violenta e di sentir ripetere le sue ultime parole – “la prima finestra che si era aperta sull’inferno” – e ha bisogno di saperne di più, a cominciare dal motivo per cui l’uccisione era avvenuta nella proprietà dei Malomonte, così al di fuori dei posti frequentati da assassino e vittima.
A decine di migliaia di chilometri di distanza, in Argentina, Laura si sente una donna incompleta, perché lontana dalla terra dove è nata, e ha il bisogno fisico e concreto di tornare. È Livia, l’altra se stessa, a portarla via da lì, nonostante il successo come cantante.
A fare da colonna sonora al suo rientro in Italia è un intramontabile tango, Volver, ovvero “ritornare”. Carlos Gardel è l’autore della musica, mentre il testo di Alfredo La Pera evoca la donna perduta, la ballerina che ha sposato e che una malattia oscura gli ha strappato: il suo ritorno è, in realtà, un finto, inutile ritorno, perché sa che non c’è niente nel luogo in cui sta andando. Né lei, né l’amore, né gli anni che sono fuggiti.
Laura però è convinta che per lei sia diverso: sta tornando nella terra dove è sepolto suo figlio, dove ha conosciuto l’amore, dove ci sono i suoi genitori. È per questo che vuole rientrare in Italia, proprio nel momento in cui chi può se ne va.
Il ritorno, al centro di questo romanzo nelle sue tante accezioni, diventa un groviglio di ricordi e di incontri: di persone, luoghi, presenze misteriose o divertenti, atmosfere, colori, sentimenti ed emozioni, cose non dette e detti dialettali.
Oltre che nella vicenda narrata, il fascino di Volver è custodito nel tessuto musicale dal ritmo dolente, nei dialoghi come nelle descrizioni, da cui traspira, di volta in volta, un allarmante sentore di dramma o un’attesa piena di speranza. Un romanzo intenso, emozionante, che vibra di passione, in cui amore e morte si intrecciano proprio come due ballerini di tango, perché quello di de Giovanni è un narrare che non smette di toccarci nel profondo.
Seguendo direzioni nuove e insolite, ma con elementi che erano già stati anticipati nel romanzo precedente, coinvolge immediatamente non solo nelle indagini sull’omicidio ma soprattutto nelle vite dei protagonisti. È la trama stessa che si sviluppa a partire dalla complessità dei suoi personaggi e dalle loro interazioni, oltre che da eventi esterni di più ampio respiro.
Ricciardi è chiamato a risolvere una questione rimasta a lungo incompiuta: come spiegato da Enrica in sogno, per un motivo che ancora il Commissario non riesce a capire, chiudere il conto e occuparsi della bambina “è la stessa cosa”.
La storia del Commissario, cominciata con il racconto degli Anni Trenta e ripresa nel ’39, si conclude con Volver che, ambientato nell’estate del ’40, a detta dello stesso autore, non è un addio. Sarebbe impossibile, però, immaginare qualcuno con le peculiarità di Ricciardi alle prese con i tanti caduti in guerra, quindi non lo ritroveremo là dove l’abbiamo lasciato, bensì in un momento storico caratterizzato da speranza e ottimismo, ovvero l’Italia degli Anni Cinquanta e Sessanta, quando Marta non sarà più una bambina. E, pur di ritornare in questo universo creato da de Giovanni, varrà la pena aspettare.
Recensione di Lidia Gualdoni
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
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