Racconti thailandesi
- Autore: Pira Sudham
- Genere: Raccolte di racconti
“Il disprezzo lo posso fronteggiare, ma non la pietà.” (Pag. 49)
L’Isan è una regione della Thailandia di 160.000 chilometri quadrati, con circa ventuno milioni di abitanti. Il territorio dell’Isan s’insinua fra il Laos e la Cambogia. In quella terra sventurata per le calamità cui è sottoposta – siccità per lunghi anni o micidiali monsoni con alluvioni disastrose – la popolazione si dedica ostinatamente all’agricoltura.
Per le tante vicissitudini storiche della Thailandia, la lingua più diffusa della regione non è il Thai bensì il Lao e in parte minore il Khmer: le lingue del Laos e della Cambogia.
Da questa povera terra la gente fugge.
Uno fu un giovanissimo ragazzo, nato nella provincia di Bunra, ritornato famoso dopo anni nei suoi campi: lo scrittore Pira Sudham.
Di lingua Lao, ha studiato il Thai, ma avendo vissuto per lungo tempo all’estero scrive i suoi libri in inglese.
Racconti thailandesi (Besa Editrice, 1993) di Pira Sudham è una raccolta di piccoli frammenti della sopravvivenza e dell’espressività culturale dell’Isan e della sua collettività umana.
Sono racconti efficaci, decisi, penetranti, scritti come un lottatore di Thai boxe. L’emotività di Pira Sudham colpisce con pugni e con i calci. L’effetto per il lettore è una barcollante esitazione per la passività, per la rassegnazione di tanti uomini e donne:
“Ha orecchie che non sentono, una bocca che non parla e occhi che non vedono." (Pag. 25)
“Non sono né felice, né infelice. La vita continua come lo è stata per me da anni.” (Pag. 27)
“Le lacerazioni non le curiamo ma lasciano che guariscono da sole con il tempo.”(Pag. 27)
La scrittura è partecipata, ponderata, mai esagerata.
Lo scrittore ci sottopone un’irregolare umanità e soprattutto una variegata sfilata di arti e mestieri: contadini, scrittori, monaci, prostitute, travestiti, tassisti, ambulanti per arrivare al sicario di professione.
Tutti gli aspetti della vita sono compresi e nessuno ha la libertà di pensare: io sono escluso da questo mondo.
La dinamica è la stessa di tanta letteratura thailandese.
I problemi sollevati sono i più angoscianti per una popolazione incandescente e partecipante.
Osserviamo la distruzione delle foreste, nel racconto Un sicario a pagamento. L’abbattimento degli alberi e la riconversione delle risaie in saline, per la produzione di materiali per l’industria chimica, stanno devastando un habitat splendido. Non solo per la sua vitalità di uomini e animali, ma soprattutto per essere la dimora abituale degli spiriti degli antenati e dei morti. La cultura thailandese potrebbe spegnersi di fronte una scomparsa della tradizione.
Delle difficoltà e delle imprevedibilità del lavoro nei campi, Pira Sudham si concentra in Le piogge, dove mescolando le avversità della vita, con i riti ancestrali si sortirà il sacrificio massimo e senza ritorno.
La necessità e la brama di andarsene sono la costante per la gente. Eppure trovata una nuova patria, la coscienza si contorce nella dolorosa nostalgia per quella dura terra.
Quantità di esseri umani scappano a Bangkok ovvero si perdono i paesi lontani:
“… ma ora le città e le terre straniere me li hanno strappati via …” (Pag. 29)
ma nonostante la lontananza, la cicatrice della loro terra non si cancella:“Forse avvertivano la puzza del fango del mio villaggio che non ero ancora riuscito a levarmi di dosso.” (Pag. 82)
La tristezza prevale. Se si vive in Germania fisicamente, il cuore appartiene alla dimensione della loro regione di origine. Anche se si rimane in Thailandia, e ci si trasferisce a Bangkok, la sensazione è sentirsi stranieri. Per non essere riconosciuti nascondono il loro linguaggio Lao, sono timorosi a mostrare la parte debole della loro vita.
Alcuni si arrendono, come accade nel racconto Il novizio. Il monaco nonostante undici anni di esilio a Bangkok ritorna – umile e modesto, come era partito – dai suoi anziani e sofferenti genitori per lavorare su quell’ostica terra dell’Isan. Preferisce la fatica al male distruttivo della malinconia.
“Ti porterò lontano da qui. Ti riporterò al luogo a cui appartieni e ti restituirò ai campi di riso e farò sì che il vecchio uomo e la vecchia donna che ti erano divenuti estranei, ritornino a essere ancora una volta i tuoi genitori.” (Pag. 33)
Lo scrittore mostra senza paura comportamenti devastanti. Ci consegna una denuncia severa sulla pratica della vendita dei figli o della loro consegna ad altre famiglie. Comportamento diffuso nelle campagne, spietato per la sua disumanità.
Questa lacerazione morale ci porta ad affrontare il tema più implacabile del libro: il rapporto fra giovani e anziani. Per analogia è anche il rapporto conflittuale fra città – Bangkok – e campagna; lo stesso conflitto che, recentemente, ha insanguinato le strade della capitale.
Se da una parte i giovani perdono la riconoscenza, il rispetto, l’autorità nei confronti degli anziani, dall’altra i genitori sono parimenti colpevoli per la loro commercializzazione dei figli. Entrambi – giovani e anziani – hanno responsabilità morali.
Il disagio è reciproco per la cancellazione della famiglia e della comunità.
I giovani si sentono persi e i genitori incapaci a svolgere il loro ruolo, abbandonandosi passivamente alla travagliata vita.
La natura spietata prevale sugli esseri umani.
Lo scrittore ritorna nella sua terra con passione, con amore, ma scrivendo una lingua straniera.
Il racconto Lo scrittore è la descrizione autobiografica di Pira Sudham.
Il suo ritorno, dopo anni a Londra e in Australia, è la sua vittoria.
Per tornare e prendere il sopravento ha lottato, ha studiato e si è affermato.
Lo scrittore ha sconfitto il fatalismo dell’ineluttabile prevaricazione della natura.
Racconti thailandesi
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