La poesia può raggiungere alte vette, come anche essere di poco valore. Risulta talvolta difficile giudicare un componimento e pochi si addentrano in questo compito perché, al di là del discorso che riguarda la metrica, oggi meno valutato in quanto si trovano più componimenti poetici che non l’adottano, vi sono altre questioni da considerare. Al momento ne ho individuate tre:
- la questione creativa,
- la cosiddetta licenza poetica
- la punteggiatura.
Uno dei fondamenti e degli scopi del fare poetico, tuttavia, rimane l’efficacia con cui si raggiunge il fruitore e credo che su questo siamo tutti d’accordo.
I simboli
Quanto più il poeta può accedere ai significati del simbolismo, tanto più egli troverà immagini soddisfacenti, al di là del giudizio tecnico su come la poesia sia costruita. Niente come la poesia è più libera in quanto a espressione, ma questo non vuol dire fare a casaccio. Quanto più il poeta accede a questi simboli universali, tanto più il componimento assume valore per il significato che giunge importante ed immediato al lettore.
Quel che conta soprattutto è la capacità di raggiungere il fruitore mutando qualcosa in lui: questo avviene a volte in modo potente. Ecco che il poeta può giocare con termini ripetuti, cacofonie, parole che possono apparire senza senso o irrazionali. Alla fine, dobbiamo solo chiederci se l’efficacia di una tale poesia si viva, oppure no: non vi è altra possibilità. Eppure può capitare che una lirica, a una sua rilettura, risulti aver dato qualcosa in più, qualcosa che in un tempo precedente non avevamo vissuto; in un simile caso c’è da fermarsi e riflettere: forse la prima volta non eravamo noi pronti per essa? È un dubbio che può e deve venire, se siamo in buonafede con noi stessi.
Perché parlare di simbolismo? Per fare letteratura in generale è importante saper scrivere immagini che raggiungono il lettore e l’accesso a tali segni è, direi, indispensabile. Niente di nuovo, spero: sono in fondo gli stessi simboli che possiamo trovare nelle fiabe e nella mitologia o in canti e poemi antichi che abbiamo studiato a scuola...
A maggior ragione il fare poesia, il linguaggio poetico, si trova, o dovrebbe trovarsi, a un grado alto di elevatezza, dove si tocca il cuore collegandosi ai fondamenti creativi universali: è questo il potere della poesia che risveglia in noi il sentire e che ci connette al nostro potere personale.
L’elevatezza non si può dimostrare e non saranno certo regole fisse su “come si scrive una poesia” a renderci capaci di crearla. L’elevatezza si può però percepire, senza alcun dubbio, in quanto noi stessi siamo a essa collegati, anche se talvolta ce ne dimentichiamo. Provare emozione ci collega al noi stessi a cui a volte sfuggiamo. L’animo umano non può fare a meno della poesia, di quel che essa risveglia e apre come orizzonte. Certamente le norme di costruzione poetica sono utili e vanno studiate con interesse, ma poi, passiamo oltre: la creatività non vuole imposizioni. Questo è il mio parere.
Possiamo superare le regole se ciò che risulta nella composizione colpisce direttamente, al di là di quello che potrebbe essere uno studio più tecnico sulla costruzione della lirica in questione. La poesia è per l’anima e a volte le parole non bastano proprio per questo. La ricerca del termine giusto deve rompere gli schemi: è proprio per questo motivo che anche l’uso della punteggiatura in poesia può essere difficile; soffermiamoci però per un istante su questa questione e sulla licenza poetica. Addentrarci in questi temi è arduo: dovremmo progettare almeno un libro, solo per iniziare a parlarne. In ogni caso, proviamo a fare alcune osservazioni.
La vetta poetica richiede il saper sintetizzare vaste conoscenze e vasto sentire: potremmo fare di tre parole una, tanto per proporre un esempio giocoso.
La cosiddetta licenza poetica non dà certo il permesso a chiunque di scrivere qualsiasi cosa non rispettando la lingua in cui si scrive. Anzi: è proprio la conoscenza della lingua la base per poterla trasfigurare. Per trasfigurare occorre conoscere il punto di partenza, che sia ad esempio un oggetto o un concetto, e arrivare alla sua essenza: questo è uno dei lavori duri che il poeta fa prima su se stesso per poi trasporlo nella lirica. Quell’essenza racchiude in sé tutto un mondo: ecco il motivo per cui dobbiamo comprendere il simbolo per poter poetare.
Conoscere l’uso corretto della punteggiatura è fondamentale: sembra superfluo dirlo, ma fa sì che noi, proprio componendo poesia, possiamo togliere, aggiungere, sottolineare con efficacia utilizzando quei piccoli segni che sono simboli ed energie e danno comandi alla nostra mente e al nostro sentire. Oggi la punteggiatura sembra essersi semplificata, ma una mente complessa e concetti complessi non possono fare a meno di una punteggiatura al loro livello. Il poeta guida l’emozione del lettore proprio con la punteggiatura sapiente e lo affascina con quella, permettendo a chi legge di sospirare, di fermarsi, di proseguire, di completare un pensiero sospeso... Permette al lettore di immedesimarsi ed il poeta tramuta se stesso nella ricerca e tramuta il lettore che trova una parte di sé in quel preciso componimento.
Anche l’assenza di punteggiatura indica una scelta dell’artista: questa preferenza ha un suo significato, a volte palese, a volte meno; altre volte il motivo è spiegato dallo stesso poeta, chissà.
Difficile dunque per chiunque mettersi a giudicare una poesia o magari addirittura una silloge a cuor leggero senza temere di cadere in un errore di sopravvalutazione o di sottovalutazione. Una cosa comunque possiamo dire: se il messaggio è arrivato, se la piacevolezza ed il significato ci hanno colpito, la poesia ha raggiunto il suo scopo di essere mezzo di collegamento tra autore e fruitore, provocando coinvolgimento che il lettore spontaneamente accetta emozionato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Osservazioni e riflessioni sulla poesia e sul poetare
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