Mi è capitato di regalare di recente a mio nipote il mitico libro della mia, e non solo mia, infanzia: Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba (Giunti, 2007), un classico della letteratura per l’infanzia che a me fu regalato da mia nonna, nata alla fine dell’800.
Non pensavo che un bambino di seconda elementare del 2020 si potesse appassionare alle avventure di Giannino Stoppani, fiorentino che frequentava la scuola elementare agli inizi del secolo scorso: e invece mi sbagliavo, le monellerie di Giannino, detto in casa Gian Burrasca, sono attuali e comiche, del tutto nuove per il tipo di famiglia, di abitudini, di società che viene raccontata dall’abilissimo romanziere.
Non solo: rileggere ai bambini le burrascose avventure di Giannino durante la quarantena potrebbe essere un modo per passare del tempo divertendosi, sia per i più piccoli, sia per chi, adulto, tornerà ancora una volta a ridere con le sue marachelle.
Il giornalino di Gian Burrasca: la trama
Giannino vive in un grande appartamento borghese a Firenze, con la mamma, il babbo e tre sorelle, signorine da marito, Ada, Luisa e Virginia. Gli scherzi, le burle, i dispetti che Giannino compie, sempre in buona fede, credendo di far bene dicendo a tutti scomode verità, infrangendo formalismi e ipocrisie, andando al fondo dei rapporti, gli procurano punizioni continue e momenti di disperazione che lui confida al suo fedele giornalino, un diario quasi giornaliero, attraverso le cui pagine ci viene raccontata la società perbenista e conformista del tempo.
A scuola c’è separazione classista, il professor Muscolo dà del lei a ragazzini di otto anni, ma poi li punisce in modo violento; i parenti, la mitica zia Bettina, ricchissima, da cui si spera in un’eredità, viene maltrattata da Giannino che le rivela l’affetto peloso e interessato che le viene rivolto dalla famiglia.
Il ragazzo è effettivamente un vulcano di idee pericolosissime: mette dei petardi nel caminetto per festeggiare il matrimonio di una delle sorelle, finendo per creare un disastro e minacciando l’incolumità dello sposo, l’avvocato Maralli, socialista e dunque non troppo ben visto in casa. Durante un soggiorno a Roma, a casa della sorella sposata a un medico, il dottor Collalto, rischia di rovinare la salute dei pazienti dello studio con le sue incredibili marachelle, tuttavia di una irresistibile comicità.
Insomma il rimedio unico sarà alla fine, per i genitori incapaci di tenere a freno il monello, inviare Giannino in collegio per punizione. Le vicende raccontate in quella sede, con i due proprietari della scuola, il signor Stanislao e la signora Geltrude, alto e secco lui, bassa grassa e autoritaria lei, sono di una comicità proverbiale.
La famosa seduta spiritica, truccata dai collegiali alla cui testa non manca Gian Burrasca, finirà in uno psicodramma raccontato poi magistralmente da Lina Wertmuller nella versione televisiva del libro del 1964, interpretata da una geniale Rita Pavone, insieme ad altri grandissimi attori.
In tempi di quarantena, rileggere ai bambini le avventure di Giannino, che privo di tv, videogiochi e cellulari era capace di inventare passatempi un po’ pericolosi, ma certamente creativi, sarà divertente per i piccoli, ma anche per chi, adulto, rileggerà quelle pagine esilaranti. Viva la pappa col pomodoro!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rileggere "Il giornalino di Gian Burrasca" durante la quarantena
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