Fra i tanti lati positivi di Leopardi. Il poeta dell’infinito, la fiction di Sergio Rubini dedicata al grande poeta recanatese appena trasmessa da Rai Uno, c’è anche quello di aver portato all’attenzione del pubblico Pietro Giordani, un grande intellettuale italiano di cui non si parla molto.
Scrittore e poeta, oggi viene ricordato soprattutto per l’impegno politico e civile e per essere stato lo scopritore, adesso diremmo il talent scout, di Giacomo Leopardi.
Vediamo chi era, quali sono le sue opere principali e il rapporto che lo legò profondamente all’autore de L’infinito.
Vita di Pietro Giordani
Pietro Giordani nacque a Piacenza il 1° Gennaio 1774 in una famiglia di possidenti. I problemi di salute che lo minarono fin dalla più tenera età lo spinsero a un certo isolamento caratteriale e a rifugiarsi nella lettura.
Inizialmente pervaso da idee conservatrici, a 25 anni entrò in un monastero benedettino ma ne uscì non molto tempo dopo senza aver preso i voti. Sempre più coinvolto dallo studio e dalla scrittura, Giordani, la cui fama di intellettuale cresceva di giorno in giorno procurandogli incarichi prestigiosi, andava intanto via via maturando e professando quei pensieri anti austriaci e anticlericali che finiranno per procurargli in seguito gravi problemi con le autorità.
Nel 1808 Giordani venne nominato Prosegretario dell’Accademia di Belle Arti a Bologna, ma nel 1815, con la restaurazione del governo pontificio, fu costretto ad abbandonare il posto.
Si trasferì dunque a Milano, dove la sua fama di fine scrittore era ben nota, e divenne condirettore della Biblioteca Italiana, di cui realizzò il Proemio.
Nel 1818 tornò nella sua Piacenza, distinguendosi per l’impegno nella promozione e nella divulgazione di opere civili. Guai seri gli derivarono dal radicale anticlericalismo e dalla forte avversione per gli austriaci, che di certo non si curò mai di nascondere, tutt’altro.
Dopo essere stato esiliato per aver scritto parole considerate offensive verso Maria Luigia, Giordani andò a Firenze, una città all’epoca in grande fermento culturale. Qui entrò nel rinomato circolo Viesseux, consolidando la propria fama di intellettuale tanto scomodo quanto coraggioso.
Nel 1830 si trasferì a Parma e qui morì nel 1848, non prima di aver sperimentato persino una breve carcerazione per le sue idee sovversive.
Il rapporto tra Pietro Giordani e Giacomo Leopardi
Nel Febbraio del 1817, a soli 18 anni, Giacomo Leopardi inviò tre copie della propria personale traduzione dell’Eneide virgiliana a coloro che, all’epoca, erano i massimi esponenti della corrente letteraria del classicismo, ovvero Angelo Mai, Vincenzo Monti e Pietro Giordani.
Se i primi due si limitarono a una gentile risposta, il piacentino, colpito dalla bravura del giovanissimo recanatese, si rese fin da subito disponibile al colloquio.
Ebbe così inizio un importante e solido rapporto epistolare che coinvolse totalmente i due letterati; Leopardi, in particolare, trovò in Giordani l’amico e il confidente che aveva sempre cercato, un uomo e un erudito al quale chiedere consigli ed affidare quelle intime emozioni che non aveva mai osato esternare a nessun altro.
Recensione del libro
Epistolario
di Giacomo Leopardi
Nel Settembre del 1818 Giordani e Leopardi si conobbero di persona a Recanati, dove ebbero modo di confrontarsi sia dal punto di vista culturale che politico e civile. Di sicuro l’emiliano influenzò le idee del conte non ancora ventenne, che non a caso, poco dopo la partenza del gradito ospite, compose due delle sue poesie più patriottiche, All’Italia e Sopra il monumento di Dante.
L’affettuoso e sincero legame tra Giordani e Leopardi durò fino alla prematura scomparsa di quest’ultimo, per il quale l’amico ideò l’epitaffio che campeggiava sulla sua tomba nella chiesa di San Vitale a Napoli.
Giordani non mancò mai di supportare Leopardi, di cui fu il primo ad intuire il genio ineguagliabile, come gli scrisse in una lettera datata 24 Luglio 1817:
Io fermamente mi son posto in cuore che voi dovete essere (e voi solo, ch’io sappia, potete essere) il perfetto scrittore italiano, che nell’animo mio avevo disegnato da gran tempo.
Nel 1845 inoltre, Giordani curò il terzo volume delle Opere leopardiane, realizzandone il Proemio, per la casa editrice Le Monnier.
Le opere di Pietro Giordani
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L’influenza di Pietro Giordani sulla cultura italiana di inizio ’800 è stata enorme, soprattutto come classicista, ma non si è tradotta in opere memorabili.
Meritatamente apprezzato dai contemporanei per lo stile raffinato e forbito, il letterato non mostra tuttavia uno spiccato interesse per il contenuto, ridotto a poco più di un semplice pretesto per dare libero sfogo alla propria rinomata perizia tecnica e linguistica.
Giordani è autore di orazioni, saggi, elogi, ritratti, iscrizioni e lettere. Fra i più importanti ricordiamo
- Panegirico a Napoleone, 1807;
- Elogio di A. Canova, 1801 (del grande scultore fu molto amico);
- Istruzione a un giovane italiano per l’arte dello scrivere, 1821.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Pietro Giordani, lo scrittore piacentino che fu amico di Giacomo Leopardi
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