In occasione degli anniversari dei santi patroni palermitani si è tenuta una tavola rotonda sui compatroni di Palermo con una pubblicazione scientifica e una letteraria: Il Santo Moro. I processi di canonizzazione di Benedetto da Palermo (1594-1807) di Giovanna Fiume (Franco Angeli, 2008) e Il Frate e la rosa di Gabriele Bonafede (2020).
Si è nella ricorrenza della nascita di San Benedetto Manassari, detto il Moro, avvenuta nel 1524 mentre il 1624 è l’inizio della devozione da parte del Senato pretorio di Palermo per Santa Rosalia. Sono due date significative per la città che caratterizzano due periodi storici diversi.
Una disamina e un racconto sotto due diversi punti di osservazione, di studio e di narrazione, le due opere dedicate ai due compatroni della città di Palermo di cui si è parlato in una stimolante e coinvolgente conversazione con i due autori tenutasi a Palazzo Zito a Palermo nei giorni scorsi.
Un’iniziativa facente parte degli eventi compresi nella “Settimana delle Culture 2024” a cui hanno partecipato i due autori che hanno trattato i temi delle loro pubblicazioni. Fare la storia dei santi è impresa ardua, in quanto concerne anche temi non prettamente storici, ovverosia anche aspetti che vanno lontano dalla scientificità.
“Il Santo moro” di Giovanna Fiume dedicato a San Benedetto
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Giovanna Fiume, l’autrice de Il Santo moro, è una storica di livello, a cui si devono validissimi saggi storici sulla Sicilia e non solo, che ha motivato quali sono state le ragioni che l’hanno spinta a ricostruire la storia di San Benedetto il Moro.
Le fonti su cui si è basata per ricostruire questo personaggio sono state in primis le ricerche sui documenti della Sacra Congregazione dei riti, una Magistratura, un vero e proprio Tribunale che venne istituito nel 1588 con l’autorizzazione della Curia papale, come stabile e centralizzato organo con un compito importante, quello di sottrarre la canonizzazione ai Vescovi; i Santi da quella data non vennero pertanto più fatti in periferia e si mise un freno ai santi c.d. dinastici, per cui ogni casa regnante sia essa francese, polacca, etc., voleva i suoi membri sugli altari.
Adesso tutto veniva reso più complicato e soprattutto più centralizzato in quanto la decisione sulla santificazione veniva presa da questa Congregazione che compiva un esame molto rigoroso degli episodi che le venivano sottoposti.
Nei tanti processi sono pochi in realtà i santi che vengono dichiarati e paradossalmente vi è un Tribunale che lavora per anni, ma dopo la sentenza il Papa non ne prende atto. E questo perché non è in base alla sentenza che si dichiara la santità, ma in base al rapporto con lo Spirito Santo, che dopo essere interrogato sulla questione, si pronuncerà in senso favorevole o meno. Passano da questo Tribunale tutti i personaggi che sono stati santificati e canonizzati e i documenti raccontano di tutti gli altari che gli vengono intitolati.
Sono decine di migliaia le pagine che compongono un processo di canonizzazione che sono conservate negli Archivi Vaticani ed è compito ineludibile dello studioso, quello di consultare tutta questa documentazione per avere piena contezza di quanto attiene a questa materia. Il libro di Giovanna Fiume costituisce una vera e propria “Banca” di tutti i dati per venire piena conoscenza di questo compatrono della città di Palermo.
Con San Benedetto come personaggio storico, accertato attraverso fonti documentarie indubbie, si apre anche una importante pagina della storia della Chiesa. In particolare una pagina di storia di questa suddetta specifica Magistratura e della politica che si conduceva in materia di “Santità”. Benedetto poi apre un’altra grande pagina di Storia mediterranea, quella della schiavitù e della tratta degli africani che venivano presi, messi sulle navi portoghesi per poi venire loro fatto attraversare l’Atlantico per giungere infine nel Nuovo Mondo.
La tratta non avveniva unicamente via mare ma anche via terra e il deserto del Sahara era percorso da numerose vie di transito, alcune delle quali portavano in Marocco, altre in Libia o in Tunisia e attraverso la Cirenaica, per poi sbarcare in Sicilia, ad Augusta, o a Trapani o nel mercato degli schiavi di Messina per poi raggiungere mille destinazioni. Benedetto era schiavo e figlio di schiavi e attraverso i processi consultati si è potuto ricostruire questo pezzo sconosciuto di storia della schiavitù.
Ma si apre anche una pagina straordinaria di storia francescana, in quanto si ritrova Benedetto, come utilizzato dall’Ordine per evangelizzare la popolazione di colore africana che viveva nel nuovo mondo.
Il meccanismo di identificazione funzionò, e produsse i risultati sperati ma mentre Benedetto, riempie tutti gli altari del Nuovo Mondo, dalla “città degli angeli”, alla “città dei re”, a Vera Cruz, sin nei dintorni del mare di Maracaibo… etc., si viene a scoprire che non era stato ancora affatto canonizzato ed ecco che nel 1713, con un successivo processo si viene a sanare questa irregolarità e nel 1734 viene infine nominato “Beato”.
“Il Frate e la rosa” di Gabriele Bonafede: un libro per Santa Rosalia
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Il Frate e la rosa è un’opera che unisce giallo storia e satira, riferisce l’autore Gabriele Bonafede. Un libro dal quale non ci si riesce a staccare, per lo stile letterario fluente e di piacevole e accattivante lettura.
Un romanzo, dice l’autore, che nasce dalla voglia di scrivere una lettera d’amore a Palermo, una città viva ma contraddittoria che vive come i suoi abitanti uno stato di contraddittorietà, amandola e odiandola allo stesso tempo.
Bonafede nella sua narrazione rappresenta un frate di origine africana e una ragazzina miracolosa che arrivano a Palermo in una giornata particolarmente afosa come usciti da un lontano passato, da un’altra realtà.
Ci si immagina che Santa Rosalia ai tempi d’oggi faccia una passeggiata per la città accompagnata da San Benedetto in una narrazione apparentemente scherzosa e leggera ma che invece nasconde degli aspetti seri. Succede infatti che i due, mentre camminano per la città, vengono incriminati di un omicidio eccellente.
Ne scaturisce un racconto con vari piani narrativi anche dalle tinte noir, dove i due cercano di scappare, tentano di discolparsi da questa accusa e raccontano in prima persona la propria vita.
Vi sono situazioni parecchio grottesche e particolari descritte dagli stessi come in soggettiva, in un’originale invenzione e costruzione letteraria, un divertissement che ci fa conoscere dall’interno i sentimenti, l’animo e le passioni dei due santi patroni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Santa Rosalia e San Benedetto il Moro: i libri dedicati ai patroni di Palermo
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