La filastrocca Natale di Gianni Rodari è l’augurio di Buone Feste che tutti noi, grandi e piccini, vorremmo leggere.
Con parole niente affatto scontate il grande “Maestro della Fantasia” compone una poesia in rima che riflette un profondo messaggio di civiltà e di speranza.
La particolarità delle filastrocche natalizie di Rodari è che non si limitano a trascrivere versi banali e abusati sulla pace nel mondo, a intessere descrizioni variopinte sul significato di speranza o a pronunciare effimeri discorsi sul valore dell’amore.
In Natale Rodari stesso immagina di essere l’artefice della pace attraverso la sua poesia e consegna, a chiunque la legga, la stessa audace convinzione. Persino l’utopia nelle Filastrocche in cielo e in terra del maestro cessa di essere un’aspirazione ideale e abbraccia inaspettatamente un senso di realtà.
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La filastrocca di Natale di Gianni Rodari è come una bacchetta magica che incita al cambiamento e alla trasformazione. Non si limita a promuovere ideali, ma la sua è una poesia civile che attraverso i meccanismi del linguaggio cerca di riorganizzare l’universo intero e riscrivere la grammatica stessa dei rapporti umani.
Nelle parole in rima del maestro di Omegna vibra la coscienza di poter cambiare il mondo attraverso il peso delle proprie azioni. Ed ecco che anche l’umile bastone in legno del pastore del presepio allora può trasformarsi in un’audace bacchetta magica: è la prova che tutti, nessuno escluso, possiamo essere costruttori di Bene.
Non esiste messaggio migliore per augurare Buon Natale.
Scopriamone testo, analisi e commento della filastrocca Natale di Gianni Rodari.
Natale di Gianni Rodari: testo
Se fossi il pastore del presepio di cartone,
sai che legge farei firmando con il lungo bastone.
Voglio che oggi non pianga nel mondo nessun bambino
che abbia lo stesso sorriso
il bianco, il rosso, il moro e il giallino.
Natale di Gianni Rodari: un commento
In appena una manciata di versi Gianni Rodari racchiude un augurio significativo e ricco di allusioni simboliche. L’io narrante si identifica nella figura più umile del presepe: il pastore, che giunge inseguendo la luce della stella e si toglie il cappello per celebrare la venuta di Gesù Bambino.
Il maestro capisce che per entrare nell’immaginazione sfavillante dei bambini deve dare vita e cuore alle statuine immobili del presepe che appaiono come tanti giocattoli tutti schierati per un preciso scopo.
Da notare che Rodari, ancora una volta, si affida alla povertà dei mezzi: il presepio cui si riferisce è un comune presepe di cartone, composto di materiali stracci ma animato dalla forza della fantasia. Non servono grandi scenografie, d’altronde, per compiere grandi imprese. I cambiamenti di scena sono solo superficiali: all’apparenza cambiano tutto, però nella sostanza lasciano ogni cosa come prima. Il vero cambiamento deve partire dalle coscienze, da un senso del dovere che è custodito nel profondo del cuore e non nella carità esibita, neppure nell’ostentazione del dono.
All’umilissimo pastore del presepe di cartone Gianni Rodari conferisce quindi lo statuto di un re: proprio a lui, alla statuina più povera dell’intera Natività, spetta il compito di firmare una legge dall’importanza capitale.
La legge vuole così: “Nessun bambino deve piangere il giorno di Natale”.
Sembra quasi una contraddizione perché tutti i bambini il giorno di Natale sono felici; ma sappiamo bene che non è così. E Rodari con questa affermazione intende abbracciare tutti i bambini del mondo, di tutte le culture e tutte le etnie, persino quelli che sono afflitti dalla povertà e dalle guerre. Tutti questi bambini - africani, cinesi, giapponesi - possiedono una cosa in comune ed è la felicità, ovvero la possibilità di essere felici nello “stesso sorriso”. Questa prospettiva evoca una parità di diritti e un’eguaglianza di fatto che va ben oltre il linguaggio metaforico. Tutti gli esseri umani sono uguali e hanno lo stesso diritto inderogabile alla felicità.
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Il pensiero degli altri bambini meno fortunati dovrebbe far riflettere anche sul significato sempre consumistico che diamo alle festività natalizie. Il troppo che compriamo non sembra mai abbastanza: la nostra felicità è esigente e non si accontenta mai di nulla, pare che le manchi sempre un pezzo. Dimentichiamo che invece la felicità è fatta di poco, di un sorriso nel volto di un bimbo e null’altro. E c’è un segreto che solo i bambini conoscono: sono sempre le piccole cose inutili a essere le più preziose.
Loro lo sanno che c’è della magia persino nelle statuine di un povero presepe di cartone: lì dentro si trova un pastore che con il suo bastone è capace di salvare il mondo, facendo scomparire la tristezza e il dolore, invitando tutti ad agire nel bene in nome di un Sereno Natale.
C’è da essere grati a quel saggio pastore, molto più che a Babbo Natale e alla sua slitta dai mille doni scintillanti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Se fossi il pastore del presepio”: la filastrocca di Natale di Gianni Rodari
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