Il Saggiatore pubblica nella collana “La Cultura” un libro gustoso di Luca Cesari, Storia della pasta in dieci piatti (2021, pp. 280), in cui l’autore guida il lettore attraverso un appetitoso viaggio nella storia gastronomica italiana: “Dai tortellini alla carbonara”, come recita il sottotitolo del testo.
Anche se il sentimento di orgoglio nazionale appare diffuso, è opinione comune che gli italiani siano campanilisti, attaccati tenacemente alla propria Regione e al proprio Comune di appartenenza. Ma c’è una cosa che lega e unisce il popolo della Nazione più bella del mondo: la pasta, cibo celebrato, assaporato dapprima con gli occhi e subito divorato.
Storia della pasta in dieci piatti. Dai tortellini alla carbonara
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Pensiamo alla pasta, patrimonio nazionale, regina della dieta mediterranea e il pensiero, divertito e ammirato, va alla mitica scena di Miseria e nobiltà, film del 1954 diretto da Mario Mattoli, tratto dall’omonima opera teatrale (1888) di Eduardo Scarpetta. In questa pellicola Totò, che interpreta Felice Sciosciammocca, insieme con gli altri protagonisti, divora una pirofila di spaghetti con le mani, tale è la sua fame atavica. La pasta qui è vista come riscatto sociale di un popolo, quello napoletano, che è nobile per definizione e non per censo.
“Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io me te magno...!”
Nando Mericoni, interpretato da un irresistibile Alberto Sordi nel celebre Un americano a Roma (1954), di Steno, prova a resistere alla tentazione del “maccarone”, “roba da carrettieri”, che lo guarda con una “faccia intrepida”, amorevolmente preparato dalla mamma, ingurgitando cibo americano: mostarda, marmellata, yogurt, niente da fare, ‘sta “zozzeria” non si può mangiare, meglio darla al gatto, al sorcio e se occorre ci si ammazzano le cimici...
Certamente Felice Sciosciammocca e Nando Mericoni possono essere annoverati nella folta schiera dei “gastropuristi”. Il “gastropurista”, secondo la definizione di Luca Cesari, è il nuovo sacerdote della tradizione culinaria italiana, perché ritiene di sapere sempre quali sono gli unici e insostituibili ingredienti ammessi in ogni ricetta tipica. Perché sua nonna, la nonna di sua nonna, i suoi più remoti antenati “la facevano cosi”. È ovvio che una lasagna o un’amatriciana di un secolo fa non sono le stesse che mangiamo oggi. I piatti che serviamo a tavola non sono altro che il risultato di una lunga evoluzione, che li ha inevitabilmente trasformati nel corso del tempo. E allora che forma, che sapore avevano quelle ricette che sentiamo profondamente radicate nei nostri territori?
“È per rispondere a queste domande che è nato questo libro”.
Storia della pasta in dieci piatti: di cosa parla il libro?
Dieci capitoli per dieci imperdibili primi piatti, che solo a leggerli fanno venire l’acquolina in bocca: Le fettuccine Alfredo, L’amatriciana, La carbonara, Gli gnocchi, I tortellini alla bolognese, Il ragù alla napoletana, Il ragù alla bolognese, Le lasagne, Il pesto alla genovese, e dulcis in fundo... Gli spaghetti al pomodoro.
E se oggi a pranzo preparassimo le vere fettuccine Alfredo, che hanno un’origine secolare e sono addirittura il primo piatto di pasta della nostra tradizione?
Alfredo di Lelio era nato a Roma nel 1883 e si era fatto le ossa nel ristorante di famiglia, gestito dalla madre Angelina, che si trovava a Roma in Piazza Rosa, scomparsa per lasciar posto all’edificio che oggi ospita la Galleria Sordi. Le fettuccine di Alfredo nacquero dalla necessità di dare un pasto nutriente e sano alla moglie Ines, che aveva appena partorito il loro figlio primogenito, Armando. Con le sue stesse mani, Alfredo preparò per Ines delle fettuccine impastate nel semolino, condite con burro e parmigiano freschissimi. Il piatto piacque talmente alla moglie di Alfredo che Ines suggerì al marito di inserire subito il piatto nel menu della loro piccola trattoria. Una ricetta semplice, a base di burro e parmigiano perfettamente miscelati fino a ottenere una salsa vellutata e avvolgente per le fettuccine. Da leccarsi i baffi, perché il segreto di queste magiche fettuccine è nella perfetta mantecatura, che conferisce al condimento una morbidezza straordinaria.
A questo punto potremmo descrivere la storia di tanti altri primi piatti, ma non siamo egoisti, lasciamo al lettore il piacere di scoprirli, anche perché si è fatta l’ora di pranzo, e il libro mette appetito anche ai più ostinati inappetenti.
Oggi il menù recita: Penne rigate con ragù alla bolognese.
“Risulta piuttosto complesso ricostruire i primi passi del ragù bolognese, almeno fino alla comparsa del manuale di Pellegrino Artusi”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Storia della pasta in dieci piatti” di Luca Cesari: un volume appetitoso
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